Due settimane di caccia ai ‘suoi’ voti. I prossimi 14 giorni in Francia saranno segnati dalla corsa di Emmanuel Macron e Marine Le Pen a quei milioni di voti, il 22% del totale, che al primo turno sono andati a Jean-Luc Mélenchon.

A settanta anni e al terzo tentativo di conquistare l’Eliseo, l’esponente della sinistra radicale francese ha fatto segnare il suo record personale, sfiorando l’agognato secondo turno andato invece al Rassemblement National di Marine Le Pen, che ancora una volta potrà sfidare l’uscente Macron.

Mai come questa volta Mélenchon è andato vicino al ballottaggio, trainato dal voto dei giovani: nella fascia 18-34 anni la proposta ecologista di La France Insoumise ha spopolato, assieme alle promesse di maggiore equità sociale, cavalcando la rabbia di una generazione che si sente esclusa e vede a rischio il proprio futuro.

A questi giovani il ‘tribuno’ Mélenchon si è rivolto già domenica sera, dopo che i risultati avevano attestato un record di voti insufficiente per sfidare Macron al ballottaggio. “Noi sappiamo per chi non voteremo mai. Non bisogna dare voti a Le Pen. Credo che il messaggio, per questa parte, sia stato compreso”, sono state le parole del leader di France Insoumise.

Un messaggio chiarissimo che ha smentito le previsioni degli analisti della vigilia, di un Mélenchon che come cinque anni fa avrebbe fatto una dichiarazione di voto ‘timida’ per non prendere una posizione forte sul voto da esprimere al secondo turno tra Macron e Le Pen.

Questa volta invece le parole sono state nette: “Conosco la vostra rabbia – ha detto rivolto alla folla che lo acclamava nella conferenza post voto – non vi abbandonate a essa, che rischia di farvi commettere errori che sarebbero definitivamente irreparabili”.

Marine Le Pen può però ancora sperare che parte dell’elettorato di Mélenchon possa scegliere lei tra due settimane. Seppur parzialmente, le due ‘piattaforme politiche’ dei principali partiti di estrema destra e sinistra francesi si sovrappongono, in particolare sui rapporti con l’Europa e con la Russia.

Ex trotzkista, poi membro del Partito socialista diventando ministro della Formazione professionale durante il governo Jospin, dal 2000 al 2002, Mélenchon abbandonò il PS nel 2008 spostandosi a sinistra, fondando il Parti de gauche, che nel 2016 diventerà La France Insoumise.

Con la nuova formazione spingerà sui temi dell’anticapitalismo arrivando a sostenere il Venezuela di Maduro ma anche la Russia di Putin. Dopo aver condiviso negli anni scorsi la retorica del Cremlino sui “nazisti ucraini”, Mélenchon ha però preso le distanze da Putin dopo l’invasione ucraina del 24 febbraio scorso.

È proprio in quell’elettorato anticapitalista, euroscettico e filorusso che Marine Le Pen cercherà di aumentare il proprio serbatoio di voti. La vicinanza trae le leader di estrema destra e il Cremlino è cosa nota. Il Rassemblement National ha ricevuto in passato soldi in prestito da banche russe: 11 milioni di euro solo nel 2014, due da un oligarca russo, nove dalla Prima Banca Ceco-Russa (Fcrb), e altri tre nel giugno 2016 dalla banca russa Strategia.

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Romano di nascita ma trapiantato da sempre a Caserta, classe 1989. Appassionato di politica, sport e tecnologia