Fermata alle partenze dell’aeroporto, allo scalo di Ciampino a Roma, mentre stava per prendere un volo per la Spagna. Maria Licciardi è stata fermata dai Carabinieri del Ros. I militari hanno eseguito un provvedimento di fermo di indiziato di delitto emesso dalla Procura della Repubblica di Napoli. La donna è gravemente indiziata di essere il capo del Clan camorristico Licciardi e figura di vertice dell’Alleanza di Secondigliano, gruppo tra quelli egemoni nel capoluogo partenopeo con base nel quartiere a Nord della città, in località Masseria Cardone, con proiezioni Regionali ed extraregionali.

Licciardi è stata fermata all’alba di sabato. È sorella di Gennaro Licciardi, fondatore dell’organizzazione malavitosa morto in carcere nel 1994, ed è soprannominata “a’ piccerella”, per la sua bassa statura, secondo altre fonti “la scimmia”, ma anche “Lady Camorra”. Ha sempre detto di aver fatto la casalinga nella sua vita. Il blitz dei militari mentre la donna stava consegnando il bagaglio da imbarcare sull’aereo. Non avrebbe battuto ciglio all’intervento dei carabinieri. Le accuse nei suoi confronti: associazione di tipo mafioso, estorsione, ricettazione di denaro di provenienza illecita, turbativa d’asta. Tutti reati aggravati dalle modalità mafiose.

Licciardi era stata scarcerata nel dicembre 2009, dopo circa otto anni di detenzione. Secondo le indagini della Procura avrebbe assunto progressivamente la direzione del gruppo criminale. Avrebbe gestito le attività illecita attraverso disposizioni impartite, anche durante incontri e summit riservati, ad affiliati con ruoli apicali e ai capizona ai quali erano affidate porzioni dell’area di influenza dell’organizzazione (Masseria Cardone, Don Guanella, Rione Berlingieri e Vasto). La donna avrebbe gestito la cassa comune del clan, provvedendo anche al sostegno delle famiglie e degli affiliati detenuti.

Strette le relazioni, e a quanto emerge dalle indagini, e caratterizzate da profonda reverenza dei confronti di Licciardi, con gli esponenti dei clan Contini, Vanella Grassi, Di Lauro, Polverino e Mallardo. Le investigazioni confermano l’operatività dell’Alleanza di Secondigliano – facente capo alla famiglia Licciardi, ai Contini, ai Bosti dei quartieri Vasto-Arenaccia e ai Mallardo di Giugliano in Campania – che esercita le proprie attività secondo precise strategie criminali e di ripartizione dei proventi delle attività illecite comuni, che assicurano il rafforzamento della coesione interna, l’ampliamento del rapporto di superiorità rispetto alle altre consorterie-satellite. Un cartello dunque legato da saldi rapporti e caratterizzato da reciproca solidarietà di ogni organizzazione autonoma.

L’accusa sulla turbativa d’asta giudiziaria riguarda la vendita all’incanto di alcuni immobili ubicati a Secondigliano, e le minacce che la donna avrebbe rivolto a una donna ritenuta responsabile di aver sottratto un’ingente somma di danaro alla famiglia mafiosa. Le indagini del Ros sono state rese particolarmente difficoltose delle continue bonifiche degli ambienti e dei mezzi in uso all’organizzazione (volte a scongiurare la presenza di dispositivi di intercettazione). Capillare il controllo del territorio da parte del gruppo, ottenuto grazie al massiccio impiego di sentinelle, che consentiva alla donna di allontanarsi dall’area in caso di anomale presenze delle forze di polizia.

Licciardi era infatti sfuggita a un arresto in occasione dell’esecuzione di misure cautelari del giugno 2019 (operazione Cartagena). Il 12 febbraio dello stesso anno, Giuseppe Musella detto “O’ Niro”, 47 anni, figlio della donna, era stato arrestato dopo quattro mesi di latitanza. Si era rifugiato a Scampia, dove fece irruzione la polizia. Era destinatario di un decreto d’arresto per associazione a delinquere, rapina e sequestro di persona.

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Giornalista professionista. Ha frequentato studiato e si è laureato in lingue. Ha frequentato la Scuola di Giornalismo di Napoli del Suor Orsola Benincasa. Ha collaborato con l’agenzia di stampa AdnKronos. Ha scritto di sport, cultura, spettacoli.