Ambiente
Come scongiurare un blackout in Italia: la bomba verde e l’incontrollabile effetto domino, decisive le province di Avellino e Benevento
Siamo a un passo da quell’effetto domino che in pochi secondi può riportarci a quando l’elettricità andava via tanto spesso da tenere nel cassetto candela e fiammiferi

È trascorso un mese dal grande blackout energetico che il 28 aprile ha coinvolto l’intera Spagna, il Portogallo e la Francia del sud. Gli echi mediatici si sono spenti e gli esperti continuano, in maniera più sotterranea, a ragionare sulle cause e soprattutto sulle azioni da mettere in atto per evitare che in futuro eventi del genere possano ripetersi. Perché è chiaro a tutti che questi episodi non sono prevedibili e che molto probabilmente accadranno di nuovo. Nei 10 giorni successivi, si sono rincorse tesi e analisi su quanto accaduto e ancora oggi non è chiaro il danno economico che le circa 12 ore d’interruzione di energia abbiano provocato alle tre nazioni europee.
Certo è che dalle 12,30 del mattino (ora di Madrid) le attività di circa 80 milioni di abitanti si sono fermate e a parte le scene di socializzazione che ci hanno fatto sorridere, le ricadute economiche sono state importanti tanto che si stima il danno (per difetto) in circa 5 miliardi di euro (queste le prime stime riportate da El Pais e spiegate da Angel Talavera, capo economista europeo di Oxford Economics). Ma le ricadute ci sono state anche nei giorni successivi al black out, infiniti saranno i contenziosi ed i risarcimenti richiesti e questo fa pensare a cifre ben superiori, testimoniando la preoccupazione che quanto successo ha provocato nel mondo economico e politico europeo. Una cosa, ad un mese dall’evento, è ormai chiara, grandi imputate sono le energie rinnovabili che con la loro produzione discontinua hanno messo in crisi il sistema energetico in questo caso della Spagna.
Il precedente blackout in Italia
E in Italia? Quali sono state le reazioni? Ma soprattutto qual è lo stato dell’arte in relazione ad un possibile ripetersi di quanto successo in Spagna? Gli italiani avevano già vissuto una giornata simile il 28 settembre 2003, quando un black out energetico colpì l’intero territorio nazionale per circa 13 ore. Ma erano altri tempi. Ventidue anni fa l’interconnessione che oggi costituisce la nostra quotidianità era solo immaginabile, internet viaggiava lentissimo ancora sul doppino telefonico con quel rumore caratteristico della connessione alla rete, i pagamenti erano quasi tutti in contanti, Amazon vendeva online solo pochi libri, i quotidiani erano già stati stampati ed erano nelle edicole. Ci si rese conto però che l’Italia energeticamente dipendeva troppo dall’estero, per quasi il 20% dalla Francia e dalla Svizzera che cedevano all’Italia l’energia in eccedenza prodotta dalle loro centrali nucleari; che la politica energetica italiana dopo l’abbandono del nucleare viaggiava a vista.
Iniziò così un programma di rinnovamento della rete di distribuzione con Terna spa, favorito dal passaggio del controllo della società da Enel a Cassa Depositi e Prestiti nel 2005; ed è proseguita con l’avvio della produzione da energie rinnovabili che lentamente in circa 20 anni sono arrivate a produrre il 49% del fabbisogno energetico nazionale. Di questo 49% il mix vede l’idroelettrico con il 40% l’eolico e il fotovoltaico con 30% ognuno. Se l’idroelettrico ha una maggiore costanza nella produzione, l’eolico ed il fotovoltaico, per ovvi motivi legati alle condizioni meteo, riportano al sistema energetico una evidente incostanza produttiva. Da questa incostanza e dalla sua difficile gestione deriverebbe il black out spagnolo che, con un inarrestabile effetto domino, ha provocato in 5 secondi il distacco progressivo di intere sezioni della rete di distribuzione fino al completo stop.
L’eolico solo tra Avellino e Benevento
Per capire se anche l’Italia è a rischio di un evento del genere va analizzata la localizzazione della produzione che non è uniformemente distribuita. L’idroelettrico è presente esclusivamente nel nord dell’Italia mentre fotovoltaico ed eolico al sud; e ancora, se il fotovoltaico al sud ha una distribuzione più uniforme, l’eolico si concentra in un’area molto ristretta: le provincie di Avellino e Benevento. Qui infatti, in questo breve tratto della dorsale appenninica che separa Tirreno ed Adriatico, si produce circa l’80% dell’intera energia elettrica eolica con 1.240,8 MW. Seguono la provincia di Catanzaro con 579,5 MW e quella di Foggia con 528,4 MW. Non entro qui nella difficile discussione che ne deriverebbe sulla trasformazione del territorio e del paesaggio che hanno provocato centinaia di turbine eoliche alte tra gli 80 e i 200 metri, anche se questo meriterebbe una riflessione approfondita e multidisciplinare sulla pianificazione e la distribuzione delle produzioni che ha portato a questa situazione, mi limito ad osservare che in un’area molto ristretta rispetto al territorio nazionale vocato all’eolico, è concentrata l’intera produzione energetica nazionale.
Il ‘guaio’ italiano tra Sannio e Irpinia
Se, come sembra ormai evidente, il “guaio” spagnolo è derivato proprio dalle rinnovabili, il “guaio” italiano potrebbe partire proprio dal sud ed in particolare da una remota regione interna compresa tra le provincie di Avellino e Benevento. Nel Sannio ed in Irpinia potrebbe quindi avere inizio quell’incontrollabile effetto domino che in pochi secondi può fermare un’intera nazione e riportarci indietro nel tempo quando l’energia elettrica andava via tanto spesso che le nostre nonne avevano sempre nel cassetto qualche candela ed una scatola di fiammiferi.
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