Su tutte le difficoltà di contesto ora domina l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia che Putin vorrebbe far passare come un’operazione militare. In un’ora grave, non solo per uno Stato indipendente che in violazione del diritto internazionale viene invaso, ma per i riflessi che l’aggressione ha, innanzitutto, per l’Europa vengono meno indugi e indeterminatezze. Certo, occorre valutare anche le reazioni russe, i contraccolpi dell’inasprimento delle sanzioni e di tutte le altre iniziative che verranno assunte dai Paesi dell’Occidente. Ma, come dimostra il Consiglio europeo tenuto ieri, una coesa, vigorosa strategia europea ora si impone; un raccordo con gli Usa è fondamentale, ma per agire, certo per raggiungere il blocco dell’azione dello Zar di Mosca e tentare di aprire la strada al dialogo tra le parti, ma agire – non più solo parlare o progettare una molto diluita gradualità nella comminazione delle sanzioni.
Siamo oltre gli stessi livelli di necessità e urgenza che spinsero l’Unione a battere un colpo – e poi a fare qualcosa di molto di più per i profili economici e finanziari – in occasione della deflagrazione della pandemia. Se ci sei – è d’obbligo dire all’Unione – è ora di dimostrarlo “per facta concludentia”. In ogni caso, il difficile contesto costituito dall’invasione del territorio ucraino, dai rincari dei prodotti dell’energia, dall’inflazione, non attenuano, anzi rafforzano la necessità di un tempestiva realizzazione delle riforme strutturali connesse con il Piano nazionale di ripresa e resilienza. È pur vero che queste, proposte dal Governo in Parlamento, sono, quasi tutte, “mezze riforme”, trattandosi prevalentemente di leggi di delega, redatte, per di più, in maniera incompleta e, dunque, con vuoti già in partenza. In alcuni casi, si è a suo tempo optato per il rinvio dei problemi più divisivi, come nel caso delle concessioni balneari, sulle quali recentissimamente si sarebbe trovata una soluzione, subito dopo, però, messa in discussione da alcuni partiti, anche della maggioranza, o la revisione del catasto a proposito della quale dalla destra di Governo e no sono venuti “ caveat” e “ altolà”.
Nei diversi discorsi, si ripete l’elencazione delle più urgenti rivisitazioni: fisco, concorrenza e appalti da varare prima dell’estate; in secondo piano, nell’elencazione, viene collocata quella della giustizia che si incrocia con i referendum e apre un altro terreno di discussione sul come affrontare le due iniziative, tempi e contenuti. La delega fiscale, per la non similare organicità e onnicomprensività, non ha nulla a che vedere con quella prevista agli inizi degli anni Settanta del Novecento che fu alla base della riforma “Visentini” attuata con numerosi decreti delegati e neppure con le linee esposte dal Premier Draghi all’atto dell’insediamento nella carica, in occasione del discorso programmatico alle Camere.
Piuttosto che di una ristrutturazione, si tratta di una “manutenzione straordinaria” della complessa, stratificata e superfettata normativa fiscale, unitamente a un’operazione di una certa semplificazione. Quanto al catasto, per il modo in cui viene prospettata la sua revisione – di cui peraltro si parla e si progetta da decenni, mai passando però, finora, alle realizzazioni – é abbastanza scontato che sorgano timori, magari eccessivi, di un pur negato intervento sulla casa. Ristrutturare il catasto per la pura ristrutturazione, quindi senza altre finalità, potrebbe avere senso per un periodo molto breve, ma difficilmente si giustificherebbe una revisione dei valori senza che poi se ne traggano, sia pure a una qualche distanza di tempo, le conseguenze sul versante dell’imposizione tributaria.
Una rivisitazione degli aspetti fiscali può piacere ad alcuni e dispiacere ad altri. Toccandosi quel bene che per gli italiani ha un valore fondamentale, la casa, allora occorre equilibrio. Prima ancora , è necessaria chiarezza, non reggendo l’ipotesi di una platonica revisione che, invece, stimola, immediatamente, dubbi. Nelle maglie della delega, poi, vi è spazio per dare alla disciplina che ne discende una maggiore organicità o il rischio è di cadere nell’eccesso di delega? Ciò che bisognava fare prima non può essere fatto ora, quanto meno con lo stesso fondamento e la stessa correttezza di un agire in sede di delega. Insomma, se si era partiti sostenendo che, trascorsi quasi cinquanta anni dalla “Visentini” – con il contributo del grande docente Cesare Cosciani – che a sua volta arrivava dopo venti anni circa dalla “Vanoni”, avrebbe dovuto essere adottata una nuova fondamentale rivisitazione, data la mole dei problemi accumulatisi, una tale aspettativa è andata senz’altro delusa, pur essendo in carica un Governo dei presunti Migliori.
Ragionamenti analoghi vanno svolti per la concorrenza; Anche in questo caso, nella delega, l’onnicomprensività della revisione è lontana, mentre il tema delle concessioni del demanio marittimo solleva problemi fondati che si intrecciano con altri infondati. Come sempre accade, la transizione al nuovo regime, dopo lunghi rinvii, opera di passati Governi, e dopo le questioni suscitate dall’applicazione della Direttiva comunitaria Bolkestein, non è facile. Gli aspetti sociali sono comunque prioritari da considerare laddove essi si pongano effettivamente. Ancor più complessa è la normativa sugli appalti per la quale l’obiettivo dello sfoltimento, degli snellimenti e della semplificazione deve coesistere con la necessità di controlli non meramente formali, bensì sostanziali e posizionati nei punti nodali del procedimento dai quali si possano valutare gli adempimenti complessivi. In questo campo, permane in qualche partito la proposta di fare diretto ed esclusivo riferimento alle Direttive europee che, però, avrebbe dovuto essere affrontato in precedenza.
Questo tema comunque richiama l’altro, quello della riforma dell’amministrazione pubblica e delle possibili innovazioni anche nel campo della giustizia amministrativa. Se a ciò si aggiunge la controversa ratifica delle modifiche del Trattato sul Meccanismo europeo di stabilità, Mes, che mette insieme aspetti positivi e aspetti dubbi, il quadro degli impegni più spinosi è delineato. Insomma, non è facile, nel contesto indicato, il lavoro da compiere che, però, come si è detto, potrebbe paradossalmente spingere per un’operazione di complessiva di riforma celere, ma anche apprezzabile. Non sarà comunque una navigazione facile.