E’ comparso in dolcevita nero, come si addice agli esistenzialisti duri e puri. Perché il discorso in diretta da casa di Giuseppe Conte per il suo pubblico di Facebook questa sera aveva tutti i toni del maggio ’68. “Dobbiamo essere sempre radicali”, ha sottolineato l’ex premier. Per abbandonarsi poi a una sequela di contraddizioni: “Le famiglie non ricevono informazioni corrette”, si è lamentato.

“Sono ancora troppi alti i costi di questa crisi pandemica”, lui che ha governato con le note luci ed ombre il primo anno di Covid. “Dobbiamo dare risposte certe alle famiglie”, lui che ha inventato la Dad e delegato al Cts ogni singola decisione, pur di non prendersi responsabilità. Il Giuseppe Conte di questo 30 dicembre è così, va in onda in versione Contestazione. Attaccando a testa bassa il governo fino a chiedere “un nuovo sforamento del deficit, uno scostamento”, e “politiche sociali forti: il salario minimo, lotta alla precarietà dei giovani”.

Non soddisfatto, si è spinto oltre: “Ci direte che siamo anche noi al governo, vero. Ma ci stiamo perché dovevamo dare il nostro contributo al governo di unità nazionale contro la crisi”. Un momento verrebbe da dire. Non era lui il presidente del consiglio sfiduciato e sostituito con Mario Draghi? Bhé, sì, ma che c’entra? In realtà, ci dice oggi, era d’accordo. Anche se, premette, “l’unità nazionale non fiacca il nostro spirito”.

Quale? Quello dei vecchi bonus e delle nuove prebende. “Il Movimento sa quale è la prima cosa da fare nel 2022: aiuti immediati e sostegno ai cittadini – spiega l’ex premier -. Quando si chiedono sacrifici alle persone si deve anche saper dare, e lo Stato deve farlo velocemente. Ribadiremo questa esigenza con forza ogni santo giorno”. Insomma, il populismo spiegato bene. Con lo svolazzo sotto la firma: “Ringraziamo Mattarella per tutto”. Chissà se lo ringrazia anche per la pazienza: Mattarella è il presidente di cui il suo M5S nel 2018 aveva chiesto l’impeachment. Il senso di questo contro-discorso di fine anno? Il tentativo di cavalcare la paura per l’insorgere della nuova ondata, sperando di riscuotere qualche credito elettorale. I sondaggi non consentono di tirare il fiato: il M5S di Conte è al 16%, quello delle ultime politiche era al 32%.

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Ph.D. in Dottrine politiche, ha iniziato a scrivere per il Riformista nel 2003. Scrive di attualità e politica con interviste e inchieste.