Difficile, a questo punto, mettere la sordina all’ennesimo scandalo che coinvolge la Juventus. Prima la questione relativa ai rapporti con i capi tifosi legati alla ndrangheta. Poi la questione relativa allo scandalo degli esami farsa di lingua italiana del giocatore Suarez presso l’Università di Perugia. Ora lo scandalo legato all’inchiesta in corso innanzi alla Procura di Torino, che riguarda il consiglio di Amministrazione, precipitosamente dimessosi. Le imputazioni sono ben quindici e spaziano dalla manipolazione del mercato alla frode fiscale e al falso il bilancio.

Hanno tutte a che fare con la correttezza della rappresentazione contabile della situazione della Juventus, aspetto questo ancora più delicato ove si osservi che si tratta di una società quotata in borsa. Dunque, la società di calcio che ha dominato il campionato italiano per oltre un decennio è passata, fino ad ora indenne, da uno scandalo all’altro. Il contesto in cui tutto questo si svolge è quello di un sistema, il sistema calcio, profondamente in crisi. Basta, a questo proposito, osservare che esso in Italia perde ogni anno e da molto tempo una cifra che oscilla tra il miliardo ed il miliardo e cinquecento milioni di euro. Se a questi dati di fatto si aggiunge l’osservazione che l’attuale sistema calcio è il frutto della rifondazione verificatasi a seguito del grande scandalo degli anni 2005/2006, noto come Calciopoli, che vide anch’esso al centro delle indagini sempre la Juventus, non si può non osservare che si è in presenza di un sistema profondamente e irrimediabilmente malato, che come tale richiede non già una mera ristrutturazione, ma una vera e propria rifondazione.

Rafforza questa prospettiva il ricordo che, proprio da pochi giorni, è emerso un altro gravissimo scandalo che ha coinvolto una componente fondamentale del sistema calcio, quella degli arbitri. Il procuratore capo dell’Aia, che è l’acronimo di Associazione Arbitri Italiani, è stato arrestato nell’ambito di una maxi operazione sul traffico della droga condotto dalla Guardia di Finanza. Le cronache hanno riferito che la reazione all’inchiesta da parte del mondo arbitrale non sarebbe stata immediata, come ci si sarebbe potuto aspettare. In questo contesto, la circostanza che la nazionale italiana non sia riuscita a qualificarsi è solo una ulteriore spia del fatto che il sistema calcio in Italia ha perso efficienza, credibilità, competitività. Sotto certi aspetti, sembra che arranchi addirittura dietro il sistema paese rappresentandone, in peggio, l’incapacità di ritrovare lo slancio necessario per superare la profonda crisi sociale, economica e finanziaria, in cui l’Italia continua a dibattersi.

La circostanza, poi, che fa ulteriormente riflettere è che proprio la squadra la quale, per ricchezza, disponibilità, blasone, potere della proprietà, avrebbe potuto e dovuto essere il fiore all’occhiello del calcio italiano, ha dimostrato, viceversa, di essere profondamente malata e di costituire, anzi, un fattore di disgregazione. Uno dei meme, che è circolato maggiormente durante queste ore, è quello in cui si afferma “continua il terremoto della Juventus, si sono dimessi anche gli arbitri”. Non può stupire il successo di questo meme: ogni campionato vinto dalla Juventus è stato segnato da polemiche accesissime su favori, pretesi o reali, di cui la squadra avrebbe potuto ogni volta beneficiare. Non è, certo, questa la sede per esprimere un giudizio sulla reale esistenza dei favoritismi denunciati.

Tuttavia, non può non lasciare pensare la circostanza, da un lato, che la Juventus sia stata implicata in tutti gli scandali più gravi di questi ultimi anni e, dall’altro, che il mondo arbitrale sia stato scosso da uno scandalo di una tale portata da implicare addirittura l’arresto del procuratore capo per traffico di droga. Del resto, non può neppure tacersi che anche truccare i bilanci è un modo per falsare la competizione sportiva: è un modo, difatti, per consentirsi ingaggi ed acquisti, cui chi rispetta le regole non può aspirare. Se, poi, l’immagine dei brogli che le vicende chiamate evocano si associa alla genuina passione di quei tifosi che spesso sacrificano i propri risparmi per andare la domenica allo stadio, i sentimenti che tutto questo suscita non possono che essere di un profondo rifiuto di un mondo, il quale finisce, da un lato, per costituire un pessimo esempio quanto a trasparenza e correttezza e, dall’altro, per meritare l’onore delle cronache soprattutto per gli ingaggi del tutto sproporzionati, specie in un momento come questo, dei suoi protagonisti.

Ecco, allora, come si spiega che in un mondo, al cui vertice si è quasi permanentemente collocata la Juventus, che sembra abituato alle scorciatoie ed alla violazione delle leggi, temi quali quelli della crescita del movimento, della valorizzazione dei giovani perdono qualsiasi rilievo. Uno degli episodi contestati alla Juventus concerne la fittizia riduzione degli stipendi dei giocatori durante la chiusura degli stadi per la pandemia covid. Secondo l’accusa, vi sarebbe stato un accordo, che avrebbe coinvolto l’intera squadra, tutta composta da giocatori con compensi multimilionari, con la quale sarebbe stato pattuito un apparente dimezzamento della retribuzione, con l’accordo sotto banco che la parte residua sarebbe stata comunque versata.

Il messaggio dato ad una collettività, in quel momento assai dolente per le restrizioni in corso, era che la Juventus ed i suoi giocatori erano moralmente al fianco di un paese in ginocchio tanto da accettare una diminuzione dello stipendio. Un messaggio, quindi, volgarmente ipocrita e, perciò, che finisce oggi con l’essere addirittura dannoso, in quanto dà conto all’intera collettività che i più forti sono anche i più furbi e che le regole sono fatte solo per chi non può permettersi di violarle. Ove si tenga conto della funzione sociale del calcio, che tante volte è stata invocata per concedere dei privilegi anche fiscali, si deve rilevare che lo scandalo della Juventus ha una portata che supera di gran lunga la dimensione meramente sportiva e finisce con il riguardare le stesse fondamenta su cui si fonda il tessuto sociale italiano.

È auspicabile che della profondità della crisi, che lo scandalo Juventus porta alla luce, si rendano conto fino in fondo i dirigenti del calcio italiano. Esiste un calcio minore, fatto di sacrifici, di correttezza contabile, di competitività leale, che va valorizzato, preso ad esempio e da cui si può ripartire.