Su una sedia a rotelle collegato in video conferenza dal carcere di Opera Alfredo Cospito rivendica la sua battaglia contro la repressione della libertà rappresentata dal carcere duro. Lo fa in un processo alla rivista “Vetriolo” che non doveva neanche iniziare. L’accusa è di istigazione a delinquere con finalità di terrorismo per alcuni articoli. Il Riesame aveva annullato gli ordini di custodia cautelare in carcere ma la Cassazione aveva accolto il ricorso della procura rimandando gli atti a un’altra sezione del Tribunale di Perugia.

”Non è che uno scritto solo perché proviene dall’area anarchica può essere considerato istigatorio, occorre che ci sia una idoneità concreta a commettere reati” ha detto in aula il difensore dell’indagato Michele Fabiani aggiungendo: “Bisogna chiedersi se si può limitare la libertà di una persona solo per le sue idee. Di questo si parla, di un reato di opinione”. I giudici del Riesame si sono riservati la decisione sugli arresti. Fuori dall’aula bunker di Perugia scelta per celebrare l’udienza invece degli spazi del Tribunale tanto per mandare l’ennesimo segnale dell’infinità emergenza italiana c’è stato un presidio di anarchici in solidarietà con Alfredo Cospito.

La vicenda di “Vetriolo” non può non ricordare quella di un’altra rivista “Metropoli l’autonomia possibile” dove ci furono arresti soprattutto per un fumetto sul caso Moro. Correva l’anno 1979. Il sospetto dell’accusa era di un collegamento tra Oreste Scalzone, Franco Piperno e altri redattori con le Brigate Rosse. La libertà di stampa in questo paese, le differenze tra il 1979 e i nostri giorni, se ci sono. Sarebbe un dibattito interessante. Non si farà.