Più i fatti e i concetti sono chiari, più è facile riassumerli. E’ pertanto possibile raccontare in poche righe a un giovane che non ha vissuto gli anni ‘70 e ‘80 cosa Craxi ha realizzato. E cosa ha capito e suggerito troppo presto, purtroppo, per i suoi tempi.
Alla fine degli anni ‘70, Mosca stava per vincere la terza guerra mondiale (fredda) tra Est e Ovest. Aveva infatti da tempo una schiacciante superiorità nelle armi convenzionali e aveva appena dispiegati i missili SS-20 a più testate nucleari contro l’Europa occidentale. Se non si fosse riequilibrata la potenza atomica, l’Europa, intimidita, sarebbe stata separata dagli Stati Uniti e relegata a un destino di neutralità obbligata come la Finlandia. Si programmò di rispondere piazzando i missili Pershing e Cruise. Se l’Italia non lo avesse fatto, l’Europa non lo avrebbe fatto. Ma senza la ferma volontà di Craxi (contro i comunisti, i cattolici pacifisti, la Repubblica, la Fiat e l’industria pubblica) l’Italia si sarebbe tirata indietro. Ancora oggi, a Washington, riconoscono che senza il piccolo PSI l’intero Occidente avrebbe perso la guerra fredda.
Un gruppo di amici e compagni (tali da decenni) si capiva con uno sguardo e aveva gli stessi ideali. Creò le basi per l’Unione Europea: Craxi, Mitterrand in Francia, Brandt e Schmidt in Germania, Felipe Gonzales in Spagna, Soares in Portogallo. Craxi poi era il leader naturale per gli spagnoli e i portoghesi, cresciuti in esilio a Roma, dove si erano formati sull’Avanti! e Mondoperaio. Questo gruppo di amici e compagni sognava un’Europa alleata degli Stati Uniti certo ma autonoma, perché non sempre gli interessi europei coincidono con quelli americani. E questo andrebbe oggi ricordato ai neofiti acritici dell’atlantismo (ex comunisti ed ex fascisti).
All’inizio degli anni ‘80, la cosiddetta scala mobile adeguava automaticamente ai salari una inflazione di quasi il 20% e appiattiva le retribuzioni perché la parte prodotta da questi automatismi era quasi uguale alla parte legata alle diverse funzioni dei lavoratori. Nel 1984, Craxi presidente del Consiglio tagliò la scala mobile, Berlinguer lo sfidò promuovendo un referendum per ripristinarla. E Craxi, smentendo molte previsioni, lo vinse (contro la furibonda campagna del PCI e della maggioranza comunista della CGIL, ma anche contro La Repubblica e la parte dell’establishment rimasta orfana del compromesso storico). L’inflazione scese dal 17 al 4% e il PIL salì, tra il 1984 il 1990, del 21,4%.
Neppure Bertinotti, quando fu al governo negli anni ‘90, chiese di ripristinare la sciagurata scala mobile. Il referendum fu infatti in verità soprattutto una battaglia politica: la vittoria socialista cancellò il diritto di veto che di fatto i comunisti e la Cgil da loro guidata avevano sulle grandi scelte economiche. Lo statalismo, l’egemonia culturale comunista, lo strapotere dei cattolici di sinistra alla Rai, considerava un tabù il monopolio pubblico televisivo. Oggi, con decine di canali liberi, il monopolio sarebbe impensabile. Ma fu Craxi a creare il pluralismo radiotelevisivo e su questo rischiò il posto di capo del governo.
Vanno ricordate poi le sue intuizioni e le sue battaglie politiche. Nel 1977, chiese al PCI di abbandonare il marxismo leninismo trasformandosi in un moderno partito socialdemocratico. Berlinguer ribadì la fedeltà alla “ricca lezione di Marx e di Lenin” e scagliò il suo anatema. “La socialdemocrazia non è rivoluzionaria, perché persegue una politica riformistica sempre all’interno del sistema capitalistico”. Alla fine degli anni ’80, Craxi, primo tra i socialisti europei, teorizzò (anche nel ricordo di Carlo Rosselli) il “liberalsocialismo“, che concilia libero mercato e giustizia sociale. Nel 1979, chiese una “grande riforma“ delle istituzioni prima che fosse troppo tardi e che le istituzioni stesse, a cominciare da quella parlamentare, fossero non riformate ma delegittimate o distrutte (come avvenne a partire dalla rivoluzione giudiziaria del 1993).
Chiese che la magistratura ritornasse al pieno rispetto della legge e smettesse di fare politica. Oggi lo hanno capito tutti, ma prima ancora di Craxi lo aveva capito Nenni, che nel 1973 scriveva della magistratura. “L’abbiamo voluta indipendente e ha finito per abusare del potere che esercita. Per di più è divisa in gruppi e gruppetti peggio dei partiti”. Proprio il continuo peggioramento di questa anomalia italiana consentì alla parte più politicizzata della magistratura, nel 1993, di liquidare il sistema democratico dei partiti. Sarebbe semplicistico vedere la causa soltanto in questa liquidazione. Ma certo nel 1990 l’Italia aveva un PIL all’incirca simile, ad esempio, a quello di Francia e Gran Bretagna. Nel 2019 (prima della pandemia) eravamo indietro del 35% rispetto alla Francia e del 40% rispetto alla Gran Bretagna. Craxi voleva un bipolarismo dove il PSI fosse alleato con un PCI finalmente modernizzato. Il PCI ha preferito cavalcare Mani Pulite e vederlo cancellato dalla scena politica.
Oggi i suoi discendenti rimpiangono la moralità di Berlinguer di fronte alle poche centinaia di migliaia di dollari dati dai lobbisti di Qatar e Marocco ai parlamentari europei. Ma Qatar e Marocco non sono certo una minaccia. L’URSS era invece il nostro nemico mortale e ha dato per decenni al PCI di Berlinguer centinaia di milioni di dollari. Il che, forse, ha costituito una “questione morale“ (e di lealtà istituzionale) ben più grave. Craxi era l’allievo di Nenni, cresciuto nel suo mito. Se, come ho fatto, si può riassumere in poche righe ciò che ha realizzato e intuito, i socialisti lo possono ricordare altrettanto brevemente ricorrendo alle parole di Remigio Paone (il più grande uomo di teatro del ‘900 e un vecchio socialista). Paone diceva a Nenni. “Sei riuscito dove non era riuscito Turati: a portare i socialisti al governo”. A Craxi avrebbe detto. ”Sei riuscito dove non erano riusciti Turati e Nenni: a portare i socialisti a capo del governo”.
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