Pastor Aeternus è la Costituzione dogmatica approvata dal Concilio Vaticano I il 18 luglio 1870 con la quale vengono riconosciuti due dogmi fondamentali per la vita della Chiesa Cattolica; il primato papale e l’infallibilità del Sommo Pontefice. Due concetti determinanti per la comunità dei fedeli, e che donano pienezza alla locuzione latina “ex cathedra”, con la quale si sintetizza la struttura stessa dell’esercizio del “munus petrino”, che non deriva dall’uomo, ma discende direttamente da Dio.

Non casualmente la Pastor Aeternus si conclude con le parole: “Perciò Noi, mantenendoci fedeli alla tradizione ricevuta dai primordi della fede cristiana…”, cristallizzando un concetto fondamentale per la vita dei Cattolici e della Chiesa nella sua interezza, quello della tradizione, che vive e si perpetua nella ritualità liturgica e nei momenti che scandiscono la vita di ogni credente. Soprattutto in tempi difficili come quelli odierni, con la vita della Chiesa scossa dalla più radicale ondata di secolarismo, non più di natura ideologica, ma avvolta nella coltre nebulosa del relativismo. Quel nemico che il futuro Benedetto XVI già intravide prima e più di tutti come subdolo e minaccioso per la vita dei cristiani, affermando che “ogni giorno nascono nuove sette e si realizza quanto dice San Paolo sull’inganno degli uomini, sull’astuzia che tende a trarre nell’errore (Ef 4, 14). Avere una fede chiara, – denunciava l’ex Pontefice – secondo il Credo della Chiesa, viene spesso etichettato come fondamentalismo”.

La risposta del Pontificato di Benedetto XVI fu un ritorno alla tradizione, che non deve essere interpretato erroneamente secondo il banale glossario illuminista, ma nel senso più puro, come memoria viva, in costante cammino, e non come una ridotta difensiva, una trincea anacronistica nella quale ripararsi, pensando ingenuamente di rimanere intonsi dalla buriana. La salita al soglio di Pietro di Papa Francesco ha definitivamente archiviato questa strada, di ritorno alla spiritualità attraverso la tradizione, scegliendo una strada rischiosa, attraverso una spiritualità al netto della tradizione, vista come un ostacolo e causa di quella distanza che avrebbe favorito l’allontanamento dei fedeli.

Un dato in sé smentito dai fatti e che ha provocato una rottura netta tra tradizionalisti e modernisti in un momento in cui la Chiesa necessita di unità. Questo genera ad ogni occasione – pur nel rispetto che ogni Cattolico deve al Sommo Pontefice – una pioggia di critiche per atteggiamenti e allergie alla tradizione che traspaiono in molti gesti o omissioni, come da ultimo qualcuno ha voluto far notare all’apertura della “Porta Santa” nella Basilica di San Pietro, dove il Santo Padre, acciaccato dall’influenza ha preferito restare immobile sulla sua “sedia a rotelle” senza osare in alcun modo uno sforzo fisico, al contrario dell’apertura della seconda Porta Santa nel Carcere di Rebibbia dove ha trovato invece le forze per aprire da sé la “Porta Santa”, immediato il paragone con il sofferente San Giovanni Paolo II, inginocchiato e appoggiato alla sua ferula la notte di Natale del 1999.

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Nato nel 1994, esattamente il 7 ottobre giorno della Battaglia di Lepanto, Calabrese. Allievo non frequentante - per ragioni anagrafiche - di Ansaldo e Longanesi, amo la politica e mi piace raccontarla. Conservatore per vocazione. Direttore di Nazione Futura dal settembre 2022. Fumatore per virtù - non per vizio - di sigari, ho solo un mito John Wayne.