Si discute dell’ipotesi di affidare ai privati la gestione delle società partecipate del Comune. Guardando i numeri appare evidente che la gestione attuale non ha prodotto risultati incoraggianti: per quanto riguarda le affissioni pubblicitarie il Comune ha perso 50 milioni di euro in dieci anni, ha incassato praticamente nulla dall’occupazione del suolo pubblico e lo stesso vale per la vendita degli immobili.

AFFISSIONI PUBBLICITARIE – In dieci anni il Comune di Napoli ha perso 50 milioni di euro di canoni pubblicitari e diritti delle pubbliche affissioni tra mancata riscossione e spese effettuate per la gestione dei relativi servizi. Fino al 2015, tutte le attività di gestione afferenti alle pubblicità e alle affissioni erano affidate alla Elpis, una società in origine partecipata al 51% dal Comune, poi diventata interamente di proprietà di Palazzo San Giacomo. Dal 2015, poi, tutta la gestione delle affissioni pubblicitarie è passata alla Napoli Servizi. Un altro disastro. È difficile ricostruire le vicende perché l’amministrazione comunale non fornisce conti dettagliati, quel che è certo è che il Comune avrebbe dovuto introitare dieci milioni di euro l’anno dai canoni pubblicitari e gli unici conti disponibili segnano incassi pari a zero o addirittura in perdita. Nel 2019 il Comune ha deliberato di aumentare del 50% i canoni e, quindi, le potenziali entrate sarebbero dovute aumentare a 15 milioni di euro, ma non vi è nessuna traccia.
La vecchia amministrazione aveva, poi, deciso di eliminare tutti gli impianti affissionali.

OCCUPAZIONE DI SUOLO PUBBLICO – Per quanto riguarda il Cosap (il canone di occupazione suoli e spazi pubblici), in intere aree della città si registrano un’evasione e un’elusione pressoché totali; in altre zone, invece, gli importi da versare risultano irrisori. Per capire la gestione fallimentare di Palazzo San Giacomo basti pensare che il Comune di Napoli incassa un settimo del Comune di Torino, a fronte di un suolo occupato molto più esteso. Ennesima prova di un’amministrazione fallimentare che in dieci anni ha messo in ginocchio la città, buttando fiumi di denaro e restituendo ai cittadini servizi scadenti se non inesistenti. All’incapacità di riscuotere il canone per l’occupazione di suoli e spazi pubblici si aggiunge il mancato rispetto della legge.
Il Comune di Napoli, infatti, seppur consapevole dal 2019 della incostituzionalità del suo regolamento nella parte delle occupazioni abusive di suolo pubblico da parte di bar e ristoranti non ha modificato allora il suo regolamento e neppure di recente a seguito della abrogazione della Cosap nella legge di bilancio 2020.

VENDITA DI IMMOBILI – Napoli Servizi, la società in house che gestisce il patrimonio comunale non ricava più di venti milioni di euro l’anno dalla vendita degli immobili: circa un terzo del valore complessivo dei beni periodicamente messi all’asta. Ogni anno Palazzo San Giacomo mette in vendita immobili per circa 60 milioni di euro, ma spesso le aste vanno deserte, col risultato che il Comune riesce a incassare una media di 20 milioni di euro. Praticamente nulla rispetto al valore del patrimonio immobiliare di proprietà del Comune. In passato sono stati raggiunti risultati completamente diversi e nella direzione opposta. Nel 2012, quando la gestione del patrimonio era affidata alla Romeo gestioni, gli immobili fruttarono al Comune introiti per 108 milioni di euro, decisivi per salvare l’ente dal default. Senza dimenticare che nel 2012 la stessa società ha consegnato al Comune un patrimonio che valeva 43 milioni di entrate l’anno.
Lo dicono i dati, non noi che possiamo apparire di parte visto che Romeo è l’editore di questo giornale.

RISCOSSIONE DI MULTE E TRIBUTI – I numeri che emergono dalla banca dati delle amministrazioni pubbliche, riportati nel mese di giugno 2021 dal Sole 24 Ore, indicano Palazzo San Giacomo come un modello tutt’altro che virtuoso di riscossione.
Nel 2019 il Comune di Napoli ha incassato soltanto 129 milioni di entrate extra-tributarie a fronte dei 307 previsti, pari al 46%. Performance ancora peggiore per quanto riguarda la riscossione delle multe, ferma al 24,4% con 36,4 milioni effettivamente riscossi a fronte dei 139,4 previsti.
Le somme non incassate finiscono tra i residui attivi, cioè tra gli arretrati che i Comuni provano a recuperare in un secondo momento, spesso senza successo. Tutto ciò alimenta un circolo vizioso nel quale amministrazioni come quella di Napoli sono incapaci di riscuotere imposte ed entrate extra-tributarie e, conseguentemente, di garantire i servizi ai contribuenti e di cancellare quelle sacche di disagio socio-economico in cui onorare gli impegni verso il Comune rappresenta l’ultimo dei problemi.

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Giornalista napoletana, classe 1992. Vive tra Napoli e Roma, si occupa di politica e giustizia con lo sguardo di chi crede che il garantismo sia il principio principe.