La partita è in corso. Sul nuovo decreto economico dell’era Covid, Giuseppe Conte è consapevole di giocarsi l’osso del collo, e i ritardi sulla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del dl Rilancio gli avevano creato qualche grattacapo. Con la bollinatura del testo da parte della Ragioneria di Stato e la firma del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, però, le preoccupazioni sono svanite. Sei giorni fa, il 14 maggio, c’era stata infatti l’approvazione da parte del Consiglio dei Ministri del decreto già denominato Dl Aprile e poi slittato a maggio per i problemi interni alla maggioranza.

La seconda ‘manovra’ in meno di due mesi, nelle intenzioni del governo, dovrebbe servire a rimettere in carreggiata alcuni settori produttivi del nostro Paese, dopo il lungo lockdown, ma soprattutto in considerazione degli enormi danni economici dovuti alla pandemia mondiale. Il tutto, ovviamente, in attesa che l’Europa deliberi finalmente tutti gli strumenti creati per affrontare la crisi, in particolare il recovery fund. La dotazione di 500 miliardi non è esattamente ciò che si aspettava il capo del governo, ma nemmeno il ministro dell’Economia, Roberto Gualtieri, o il commissario europeo agli Affari economici, Paolo Gentiloni. Per loro la cifra giusta sarebbe stata 1.500-2.000 miliardi. Almeno le condizionalità sono nulle, una buona notizia.

Perché nel frattempo, in Italia, la discussione sugli aiuti europei non si è mai fermata. L’opposizione è divisa, con Lega e Fratelli d’Italia scettici e appostati sulla riva del fiume ad aspettare il cadavere del Mes passare, mentre Forza Italia ha già detto in tutte le salse che ogni euro messo a disposizione da Bruxelles va utilizzato. Soprattutto quelli con condizionalità pressoché nulle o quantomeno sopportabili. Il problema vero è la maggioranza. O meglio, il maggiore azionista della coalizione, il M5S, che non vuole sentire pronunciare la parola ‘fondo Salva-Stati’.

Per fortuna dei pentastellati, questo discorso è di là da venire. Anche perché resta ancora una trattativa importante da condurre in Ue e a Conte serve tranquillità. Innanzitutto per non lasciare andare via il ritrovato asse franco-tedesco, che ha già mosso i primi passi sul recovery fund. Il premier ha sentito al telefono Emmanuel Macron, stabilendo una linea comune che prevede un negoziato “davvero ambizioso” per dare una risposta economica comunitaria “all’altezza della sfida” di questa crisi dovuta al coronavirus. L’approccio, dunque, è collaborativo, infatti per Gualtieri la proposta di Parigi e Berlino “va nella giusta direzione, quella che abbiamo auspicato, per cui ci siamo impegnati”. Ovvero “avere un fondo per la ripresa finanziato con titoli comuni europei per sostenere i Paesi e i settori più colpiti”.

Sul fronte interno, invece, l’attesa è tutta concentrata sugli effetti del decreto Rilancio. “Ci sarà il pagamento diretto dei 600 euro a tutti 4 milioni di lavoratori autonomi che li hanno già avuti, che avverrà nell’arco di 2-3 giorni al massimo. Da domani sarà possibile fare domanda per i 1.200 euro per il bonus baby-sitter e i centri estivi”, assicura il responsabile del Mef. Spiegando che a giugno “ci saranno i contributi a fondo perduto per le imprese e la terza tranche per gli autonomi”. Nel frattempo la maggioranza lavora al dl Semplificazioni, per abbattere quei muri di burocrazia che stanno creando difficoltà ad aziende e famiglie per accedere anche alle nuove misure economiche. Sulle date, però, non c’è ancora un orizzonte chiaro. Mentre il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, annuncia che è allo studio un’altra misura, per dare ristoro a quegli esercizi commerciali che hanno dovuto sostenere le spese per adeguare le proprie attività alle nuove misure stabilite nella fase 2

Avatar photo