Tra incontri e mostre tematiche al Meeting di Rimini, la Compagnia delle Opere punta a tornare in prima linea nel dibattito politico italiano. Che ancora oggi non è in grado di uscire dal pantano dei soliti temi irrisolti: il lavoro, la denatalità, il rapporto con l’Unione europea e l’autonomia differenziata. Ne abbiamo parlato con Andrea Dellabianca, presidente della CdO.

La priorità della prossima manovra dovrebbe essere la defiscalizzazione del lavoro. Crede che il governo percorrerà questa strada o concentrerà le (poche) risorse altrove?
«La forza lavoro in Italia è composta da 24 milioni di lavoratori. Il più basso tasso di occupazione di sempre, in quanto dobbiamo tener conto dei neet (i giovani che non studiano e non lavorano) e di un universo femminile che spesso non riesce a conciliare le dinamiche lavoro-famiglia-carriera. Si aggiunga a tutto questo la riflessione del governatore della Banca d’Italia Panetta che, sempre al Meeting, ha invitato a riflettere – e intervenire – sul drammatico calo demografico. Quale priorità numero uno deve affrontare il nostro paese se non il lavoro nel suo complesso? Sempre il governatore ha evidenziato come l’Italia spende per il debito quanto per l’istruzione. La formazione, l’istruzione non sono un costo. Sono un investimento nel futuro. Bisogna generare un virtuoso cambio di passo in ambito lavoro, senza dimenticare il potenziamento a titolo d’investimento dei fattori educazione e formazione».

Allo stesso tempo è importante puntare sugli aumenti salariali. Il taglio del cuneo fiscale è solo temporaneo e va rifinanziato anno dopo anno. Ci sono i presupposti per rendere strutturale l’aumento in busta paga?
«Bisogna fare di tutto perché ciò avvenga. Il confronto con i nostri principali partner europei è disarmante. Cito solo ad esempio Francia e Germania, paesi ove il potere d’acquisto dei salari è cresciuto negli ultimi 15-20 anni. Da noi no. Occorre investire sia sui redditi più bassi ma anche sul sostegno a quella che fu la cosiddetta “classe media” che spesso si trova in difficoltà nel mantenimento della famiglia».

Tra poche settimane Giorgia Meloni festeggerà i primi due anni di governo. Come reputa, fino ad ora, il suo impegno a Palazzo Chigi?
«Il presidente del Consiglio ha dimostrato carattere e volontà di fare, anche se non sempre i desideri e le proposte si sono tradotte in realtà. L’Italia sta vivendo diseguaglianze molto forti. Al contempo, senza voler entrare nel dibattito politico attualmente in corso, la questione “ius” richiede un’iniziativa pragmatica che fotografi la realtà: dal Meeting viene la richiesta di una presa d’atto della realtà quotidiana del nostro paese. Quello che noi osserviamo è che ci sono già figli di famiglie straniere che frequentano le nostre scuole, le incontriamo nelle nostre realtà come Portofranco per il sostegno allo studio e nelle scuole professionali da noi portate avanti. Sono ragazze e ragazzi che devono essere sostenuti in ogni ambito sociale e sono pronti a entrare nel sistema lavoro delle nostre aziende».

Teme che possa tornare a farsi sentire la veemenza di chi spinge per tassare gli extraprofitti?
«Non entro nella dinamica e nel possibile dibattito. CdO è composta da tantissime piccole e medie imprese che cercano un rapporto virtuoso con il mondo bancario. Chiediamo di poter agire ogni giorno cercando di dare il contributo di crescita al paese attraverso il nostro lavoro e delle persone che con noi operano».

Qual è la posizione della Compagnia delle Opere sull’autonomia differenziata? Un’opportunità di sviluppo o una minaccia per l’unità del paese?
«Occorre sempre evitare che una riforma, qualunque essa sia, possa generare diseguaglianze. In un suo recente intervento Giorgio Vittadini (presidente Fondazione per la Sussidiarietà) indicava come l’autonomia non può spezzare l’unità nazionale e al contempo rimarcava la necessità di non lasciare il Mezzogiorno, anche attraverso la promozione di un progetto che promuova quei territori come centro del Mediterraneo. La vedo come lui. Autonomia non tanto e non solo differenziata ma “cooperativa”. Occorre un sistema di collaborazione tra Regioni in ottica sussidiaria».

L’Italia si è divisa sul bis di Ursula von der Leyen e ora incrocia le dita per un commissario di peso. L’opposizione ritiene che abbiamo perso centralità e che ormai siamo disallineati. Quanto c’è di vero?
«Da quello che risulta, leggendo le cronache, il rapporto del nostro presidente del Consiglio con la presidente rinnovata della Commissione Ue non è mai venuto meno anche dopo il voto contrario. Quel voto non può assolutamente far cambiare gli equilibri e le posizioni che un paese fondatore come l’Italia deve avere e mantenere. Abbiamo diritto e direi dovere a pretendere un portafoglio di peso come quello ricoperto sino ad oggi da Paolo Gentiloni. È una questione di rispetto e di dignità nazionale».

Incontri, relatori, «opere» e mostre tematiche: l’impegno della CdO al Meeting di Rimini è notevole. Sono i primi passi per tornare in prima linea nel dibattito pubblico italiano?
«Non sono prove di forza o muscolari. È volontà di ritornare con più forza a far sentire la nostra voce, fatta di proposte concrete e di visione del paese, non solo in ambito economico ma anche sociale ed educativo. È un impegno che sentiamo e che vogliamo offrire a tutti. La cosa più “viva” che ognuno che viene al Meeting può cogliere è la bellezza e la passione dei dibattiti che si susseguono all’interno della nostra Agorà. Aperta a tutte e tutti, desiderosi di portare un piccolo mattone alla costruzione del bene comune».