Ma c’è ancora qualcosa di legale nella magistratura italiana? Non credo. Ieri il Consiglio di Stato ha preso la più estrema delle decisioni: dichiarare illegale la nomina del numero 1 della magistratura, cioè del Presidente della Corte di Cassazione Pietro Curzio. In sostanza, per la seconda volta in pochi mesi ha accusato il Csm, presieduto dal Presidente della Repubblica, di avere barato e di esserci scelto figure importantissime (come il procuratore di Roma e poi il Presidente e il vicepresidente della Cassazione) secondo logiche probabilmente correntizie, e non invece rispettando le regole, la meritocrazia e in sostanza la legge.

Non bastasse questo, che già di per sé è un elemento che getta il massimo di credito sull’organo di autogoverno (e persino sul suo Presidente, che sin qui ha spesso usato infuocate parole di critica e denunciato la perdita di credibilità del sistema giustizia, ma non ha mai mosso un dito), voci piuttosto accreditate sostengono che il Csm si stia preparando a sfidare il Consiglio di Stato, a disconoscere la sentenza, e a rinominare Pietro Curzio e la Cassano a presidente e vicepresidente della Corte di Cassazione. Ci troveremmo ad assistere ad una battaglia ai vertici dello Stato, simile a quella a cui abbiamo assistito recentemente in Venezuela, con lo scontro tra Maduro e Guaidò, e con le massime Istituzioni divise in bande rivali che si sfidano a colpi (seppure virtuali) di machete.

In Italia una situazione del genere non si vedeva da molti decenni. Forse l’unico precedente è quello del 1964, quando i servizi segreti e parti dell’arma dei carabinieri minacciarono, o prepararono, più o meno un colpo di Stato. E per di più stavolta non si vedono né uomini né forze politiche in grado di intervenire per porre fine al “pronunciamento”, come si diceva una volta in Spagna, ai tempi del golpe franchista. Nel 1964 intervennero personaggi della statura di Moro e Saragat, e fermarono l’operazione. Stavolta nessuno muove un dito. Il Quirinale non lascia trapelare neppure un alito di protesta. Le forze politiche ieri hanno taciuto tutto il giorno, tutte, forse non si sono neanche accorte del colpo micidiale che riceve uno stato di diritto “amministrato” da una magistratura il cui vertice è dichiaratamente illegale.

All’interno della stessa magistratura c’è molto stupore, fastidio, forse indignazione, ma non si vedono proteste clamorose. La decisione del Consiglio di Stato, peraltro, è a questo punto irrevocabile. Curzio e Cassano, in linea teorica, avrebbero la possibilità di ricorrere in Cassazione contro la decisione del Consiglio di Stato. Si creerebbe una situazione veramente singolare e forse unica nella storia della giurisprudenza moderna: la Cassazione a sezioni riunite, presieduta da Pietro Curzio, si troverebbe a decidere sull’accoglimento o il respingimento di una sentenza contro Pietro Curzio. E sarebbe l’unico caso conosciuto di un imputato chiamato a decidere su se stesso. Come in quella famosa canzone (bellissima e preveggente) di Fabrizio de André:
“Oggi, un giudice come me,
Chiede al potere se può giudicare.
Tu sei il potere.
Vuoi essere giudicato?
Vuoi essere assolto o condannato? “

Per fortuna le cose non andranno così. Perché la Cassazione, recentemente – forse in modo intenzionale o forse per distrazione – ha dichiarato che in questi casi la decisione del Consiglio di Stato è definitiva. Lo ha fatto in occasione dei ricorsi e controricorsi che hanno riguardato la rimozione del Procuratore di Roma, Michele Prestipino, che, seppure dichiarato varie volte illegale, resistette per molti mesi al vertice di Piazzale Clodio. La decisione della Cassazione su Prestipino, evidentemente, fa giurisprudenza, e ora difficilmente il Csm potrà violarla. Per questo – dicono molte persone piuttosto informate – si profila effettivamente la possibilità che il Consiglio superiore decida di bypassare il problema coi sistemi sudamericani ed il colpo di mano.

Ora voi capite bene che il degrado è giunto al punto più basso. Nessuna persona ragionevole può pensare che la magistratura italiana sia ancora il luogo dove si amministra e si controlla la legalità. Probabilmente oggi la magistratura è uno dei luoghi più illegali del paese, e non è possibile immaginare che possa dispensare giustizia.
Secondo voi ha senso parlare ancora di autogoverno della magistratura? Vi pare una cosa logica, accettabile, plausibile assegnare ad un gruppo di professionisti che si è dimostrato incapace di rispettare le regole e il diritto – e che si è acquattato al potere di cordate, correnti, bande – il compito di autogovernarsi.

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Giornalista professionista dal 1979, ha lavorato per quasi 30 anni all'Unità di cui è stato vicedirettore e poi condirettore. Direttore di Liberazione dal 2004 al 2009, poi di Calabria Ora dal 2010 al 2013, nel 2016 passa a Il Dubbio per poi approdare alla direzione de Il Riformista tornato in edicola il 29 ottobre 2019.