Di Maio manda in soffitta il populismo, cioè se stesso di qualche anno fa. Più che un ravvedimento o un pentimento, come lo ha descritto qualche osservatore avventato, è una vera e propria abiura delle ragioni che, per anni, aveva professato come una religione. C’è da vedere quale sarà l’esito: si collocherà al centro con ambizioni forti – si vocifera di un ‘partito dei sindaci’ – oppure sarà stata una frattura da ceto politico senza sbocchi, in attesa di un collocamento alle elezioni del ‘23? O semplicemente avrà posto fine all’illusione grillina dell’uno vale uno, del vaffa a prescindere e del populismo strisciante? In ogni caso, sulla via di Roma, c’è sempre tempo e spazio per le conversioni.