Lo scontro fa male a tutti
Scissione Di Maio, i sondaggi dopo l’addio ai 5 Stelle: per il ministro non oltre il 2-3%, Conte rischia di andare sotto il 10
Non è ancora un partito, per ora è semplicemente un gruppo parlamentare autonomo già capace però di tirare un brutto scherzo al Movimento 5 Stelle, soffiando ai pentastellati 2.5 milioni di euro di contributi per l’attività parlamentare, eppure circolano già i sondaggi sulla nuova creatura politica di Luigi Di Maio.
A fare il punto della situazione è Il Messaggero, che ha coinvolto alcuni tra i più importanti istituti di ricerca italiani per capire quanto può valere alle urne ‘Insieme per il futuro’. Una premessa è d’obbligo: il gruppo, come già detto, non è ancora un partito vero e proprio; inoltre all’orizzonte resta la questione delle alleanze, del possibile ‘Grande Centro’ con all’interno personalità come il sindaco di Milano Beppe Sala, quello di Venezia Luigi Brugnaro, quelli di Firenze e Bergamo Dario Nardella e Giorgio Gori, e con l’incognita Carlo Calenda; terza questione è infine quella della legge elettorale con cui si andrà al voto il prossimo anno.
Detto questo, l’opinione comune è che la scissione penalizzi chi la subisce ma anche chi la fa. Lo scontro Conte-Di Maio non è da meno, visto che, pur attendendo rilevazioni più consistenti, i principali sondaggisti sottolineano in coro che da una parte il partito del ministro degli Esteri non possa ottenere più di un risicato 2-3 per cento, dall’altra il Movimento 5 Stelle contiano orfano di Di Maio può scendere dall’attuale 12-13% sotto la soglia psicologica del dieci per cento.
Il direttore scientifico di Ipsos, Enzo Rizzo, pur non dando cifre evidenzia come l’area dove cercherà voti Di Maio, quella del centro, è “molto affollata”. Più secco il commento di Roberto Weber, presidente di Ixè, che su ‘Insieme per il futuro’ parla di consensi “trascurabili”, addirittura “molto meno del 2-3%”. Dall’altra parte Conte può contare invece su un gradimento personale ancora alto, secondo solo al presidente del Consiglio Mario Draghi, ma “tutto ciò ha bisogno di essere nutrito da atti politici, non da ambiguità”.
Idee diverse invece per Carlo Buttaroni. Il presidente di Tecnè rileva come la scissione dell’ala ‘dimaiana’ dal Movimento 5 Stelle penalizzerà “tantissimo” i pentastellati, anche perché “non sono più visti come quelli di Grillo, anche se lui resta garante. Conte doveva essere la congiunzione tra l’ala movimentista e quella governista ma adesso mancano le radici”. Ma anche per Buttaroni lo spazio politico per il ministro degli Esteri resta molto limitato, in una area come quella del centro già affollata di mini partiti: per il presidente di Tecnè “probabilmente ci troviamo sotto il 2-3%” per il partito di Di Maio.
Infine Antonio Noto, che non dà cifre sul possibile consenso del titolare della Farnesina. Anche perché, spiega al Messaggero il direttore di Noto Sondaggi, “è possibile che non nasca un partito di Di Maio ma un partito in cui c’è anche Di Maio e questo cambierebbe il consenso”. Quanto ai pentastellati e al loro futuro post-scissione, Noto ammette il rischio che scendano sotto la doppia cifra “perché Di Maio era più radicato di quanto non sia Conte che è visto un po’ come un estraneo”.
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