Più che ‘Grande Centro’, al momento prevale il grande caos. Tra i cosiddetti moderati sono tantissime le incognite e i dubbi dopo la scissione nel Movimento 5 Stelle, la fuga di una sessantina tra deputati e senatori che hanno deciso di seguire il ministro degli Esteri Luigi Di Maio nel gruppo di ‘Insieme per il futuro’, lasciando gli scranni pentastellati dove sono rimasti i parlamentari fedeli a Giuseppe Conte.

Il primo effetto dello scisma grillino si è avuto questa mattina, quando il presidente della Camera Roberto Fico ha annunciato lo scioglimento del gruppo parlamentari di Coraggio Italia, il rassemblement centrista fondato dal sindaco di Venezia Luigi Brugnaro e dal governatore della Liguria Giovanni Toti.

Il motivo? I membri a Montecitorio sono scesi a 18, sotto la quota venti prescritta dal regolamento parlamentare della Camera per poter costituire un gruppo autonomo. Colpa della fuoriuscita di Simona Vietina, attualmente nel gruppo al Misto, e di Antonio Lombardo, approdato nel nuovo gruppo dei ‘dimaiani’.

Ma stessa sorte è capitata anche al Senato a causa dell’addio di Andrea Causin e Marinella Pacifico: ‘Italia al Centro’, il soggetto politico frutto della fusione di ‘Cambiamo’ e ‘Idea’, è passato da 11 a 9 senatori, anche qui sotto la soglia dei dieci parlamentari previsti per godere di autonomia e soprattutto finanziamenti.

Secondo rumours raccolti dall’AdnKronos, 11 deputati di Coraggio Italia, ovvero i sette vicini al capogruppo Marco Marin e quattro al governatore Toti, sarebbero pronti a creare una nuova componente nel Gruppo Misto riutilizzando il nome ‘Italia al Centro‘, a cui si aggiungerà un’altra formazione centrista, ‘Vinciamo Italia‘, di cui sarebbe pronto anche il simbolo, nel perimetro del centrodestra. Gli altri sette deputati, spiega Emilio Carelli a LaPresse, “resteranno in Coraggio Italia, senza spostare armi e bagagli” in ‘Insieme per il futuro’ di Luigi Di Maio.

Movimenti che fanno capire chiaramente come nel progetto di un terzo polo moderato e centrista a regnare sovrano sembra più il grande caos. All’orizzonte resta la questione di un possibile blocco comune con all’interno il ministro degli Esteri ma anche il ‘partito dei sindaci’, come quello di Milano Beppe Sala, quello di Firenze Dario Nardella, quello di Bergamo Giorgio Gori, quello di Bari Antonio Decaro, senza dimenticare ovviamente Matteo Renzi e Italia Viva.

Chi invece si tira fuori da tutto questo è Carlo Calenda. Da parte di Azione infatti l’obiettivo resta quello di presentarsi alle urne con una federazione assieme a +Europa, scartando completamente l’ipotesi di un ‘fritto misto’ centrista con la presenza anche del titolare della Farnesina.

Io penso che una persona che ha avvelenato il dibattito politico, che ha chiesto l’uscita dall’Euro, che voleva mettere in galera tutti, che ha distrutto l’Ilva, che ha annientato il gasdotto con Israele…sentirlo fare i discorsi che gli ho sentito fare l’altra sera, in un Paese serio verrebbe preso a pernacchie. Io non do nessun credito a nessuna cosa dica Di Maio“, è stato il giudizio perentorio del ministro degli Esteri fatto stamane da Calenda, ospite su La7.

Quanto a Renzi, “è un’altra persona rispetto a Di Maio, è stato un ottimo presidente del Consiglio ma oggi ha un posizionamento lontano da noi perché alle elezioni, quando noi di Azione siamo andati con il terzo polo con un candidato diverso dalla destra e dalla sinistra, Renzi si è alleato o con Cuffaro in Sicilia o con i 5Stelle a Perugia. Credo quindi che voglia fare un’altra strada. Spero non con Di Maio, perché se così fosse sarebbe una pugnalata al cuore”.

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Romano di nascita ma trapiantato da sempre a Caserta, classe 1989. Appassionato di politica, sport e tecnologia