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Stare in classe costa sempre di più
Diritto allo studio in pericolo, la ricetta di Caso: “Dote scuola contro il caro vita, astuccio, zaino e quaderni gratis”
Gli studenti non riescono a comprare zaino e astuccio. Il capogruppo dei 5 Stelle in Commissione Cultura: “Servono azioni concrete senza avere paura del dissenso”

Antonio Caso è il capogruppo del Movimento 5 Stelle in Commissione Cultura. Anche con lui, dopo averlo fatto con Irene Manzi (Pd) e Valentina Aprea (Fi), abbiamo discusso della visione di scuola del suo partito.
Partiamo dalla Festa di Alleanza Verdi Sinistra a Roma, dal cui palco si è affermato che “Avs è l’unica realtà parlamentare con un’idea diversa di scuola”, rispetto a una visione in fondo aziendalista che accomunerebbe tutti gli altri…
«Non è assolutamente vero. E lo dimostrano le nostre barricate, con oltre 600 emendamenti, contro la filiera del 4+2 (ciclo quadriennale alle superiori più Its), con cui si vuole trasformare la scuola in un percorso di avviamento al lavoro, prospettando a un ragazzo, sin da piccolo, un futuro da dipendente sottopagato ed eccessivamente specializzato in un unico settore».
Però la specializzazione, soprattutto se parte dalle attitudini e dalle scelte di un giovane, non è certo un male in sé
«Ma così si pone a carico della scuola ciò che dovrebbe essere a carico delle imprese, e cioè la formazione dei lavoratori. A qualcuno potrà anche piacere, ma di sicuro non è il compito della scuola».
Ecco, qual è a suo parere questo compito, visto che parliamo di visioni?
«La missione della scuola, e di qualsiasi indirizzo scolastico (compresi i tecnici e i professionali), dovrebbe essere quella di creare i cittadini del futuro. E dovrebbe svolgere, anche se di fatto non accade, quel ruolo di ascensore sociale che potrebbe dare concreta attuazione dell’articolo 3 della Costituzione».
Quali proposte di cambiamento allora?
«Abbiamo posto l’attenzione su almeno quattro grandi questioni: la prima si ricollega al diritto allo studio e alla recente inflazione. È la proposta di una ‘dote scuola’, che rappresenta un tentativo concreto di combattere il caro scuola. E non parlo solo del caro libri, ma dell’acquisto di tutti quegli strumenti, a partire dallo zaino, l’astuccio, i quaderni, utili per il percorso scolastico. Per Save the Children il 24% dei bambini inizia l’anno senza possibilità di acquistare questi accessori. E chi, come me, ha vissuto la scuola, sa quanto sia devastante per un giovane ragazzo, a livello sociale e psicologico, vivere il disagio di non potersi permettere alcune piccole cose di cui gli altri sono forniti. C’è poi il tema delle comunità educanti, perché non può fare tutto la scuola e perciò bisogna finanziare in modo stabile quei progetti e quelle realtà associative che supportano l’enorme lavoro che già fanno gli istituti scolastici. Queste azioni ridurrebbero anche l’enorme divario tra il Nord ed il Sud in tema di offerta didattica e formativa. Pensiamo, in alcune zone del Meridione, alla mancanza di asili nido, mensa scuola, tempo prolungato, palestre e altro: tutto questo, secondo Save the Children, incide quasi fino a un anno di tempo-scuola sottratto a chi nasce nelle zone meno servite».
Avete sollevato più volte anche il tema delle classi pollaio…
«Decisivo anche quello. E qui siamo davanti a un vero e proprio autogol del governo. Anziché sfruttare l’unico lato positivo della preoccupante denatalità, ovvero la diminuzione naturale di alunni per classi, il governo ha scelto di mettere in campo un dimensionamento scolastico inspiegabile, accorpando le scuole e perpetrando il problema delle classi pollaio. Ultimo, ma non certo per importanza, è il tema dello stipendio dei docenti, che rimane una priorità assoluta per dare dignità a un lavoro che deve formare i cittadini di domani».
Siete il partito della partecipazione: è fondamentale nel mondo della scuola, ma spesso sembra ridotta a una presenza formale…
«Chiamiamola col suo bellissimo nome: politica. È bello poter fare politica a scuola, anche da studenti. E comunque sì, gli studenti devono assolutamente essere protagonisti nelle decisioni, ma devo rilevare che purtroppo si sta andando proprio nella direzione opposta. Metto in fila un po’ di cose: voto in condotta, decreto anti rave, norme contro le proteste sul cambiamento climatico, nuovo decreto sicurezza. Vanno lette tutte in modo sinottico e portano a una sola conclusione: c’è paura del dissenso».
Scuola e tecnologia. Siete, o forse eravate, anche il partito del digitale… Come giudica le azioni del governo su questi temi?
«Se la scuola vuole davvero formare il cittadino del futuro, non può astrarlo dalla realtà. Se vieto lo smartphone a scuola creo una bolla tra il dentro e il fuori, perché lo smartphone continuerà a essere centrale nella vita dei ragazzi. E così, come è sempre successo con ogni forma di proibizionismo, si ottiene l’effetto opposto. L’errore del governo è proprio quello di comunicare un bisogno di ritorno al passato. Non si può legiferare sulle nuove generazioni pensando che quando eravamo giovani noi si viveva meglio. È una posizione arrogante. E poi, da che pulpito vien la predica».
Cioè?
«Venga in Parlamento a vedere cosa fanno spesso i Ministri mentre noi speriamo che qualcuno ci ascolti. Forse andrebbero vietati qui certi strumenti…».
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