Vicini al cambio di passo
Draghi blinda Speranza e svolta: via alle riaperture (ma restano timori per i colpi di coda del virus…)
Gli scettici sul “cambio di passo” hanno avuto la risposta che cercavano. O che temevano. Se c’è stato un giorno, un momento, in questi due mesi di governo Draghi in cui si è potuto misurare la differenza rispetto al governo Conte 2, quel momento è stato ieri. Nella conferenza stampa del venerdì – quasi un appuntamento settimanale – il premier ha messo sul tavolo “i tre pilastri” del suo esecutivo: riaperture in sicurezza e anche in zona rossa e tutti a scuola dal 26 aprile; ulteriore debito “buono” da 40 miliardi; la scommessa sulla crescita che al momento, oltre ai progetti del Pnrr per 192miliardi, assume la forma del cronoprogramma relativo a 57 progetti “vecchi” ma fermi da troppo tempo.
Ovviamente non è tutt’oro quel che luccica. E “il rischio ragionato” e la “scommessa sul debito buono” di cui ha parlato ieri Draghi offrono luci e ombre. A cominciare dalle riaperture. Con il ministro Speranza al suo fianco – una blindatura chiara per chi anche nella maggioranza fa il tifo per la sua rimozione – il premier ha spiegato come e perché dal 26 aprile le regioni italiane potranno tornare a colorarsi di giallo. Una settimana prima rispetto al decreto difeso con le unghie da Speranza e dal Pd. E come, poiché «è dimostrato che all’aperto il virus è molto meno contagioso», i ristoranti potranno stare aperti a pranzo e a cena anche nelle zone rosse. «Purché il servizio – dice la norma – si svolga all’aperto e nel rispetto di tutte le misure di sicurezza». Il virus ha già dimostrato di essere imprevedibile e di saper mutare per sopravvivere. Dunque «nessuno può escludere il ripetersi di un caso Sardegna», l’unica regione diventata bianca e ora tornata rossa.
Però il governo assume su di sé questo “rischio ragionato” sulla base di dati in miglioramento (Rt a 0,85%, incidenza ogni 250 mila abitanti a 182), grazie al buon andamento della campagna vaccinale (il 20% degli italiani ha avuto almeno una dose) e alle garanzie che il commissario Figliuolo e lo stesso Draghi stanno avendo sulle forniture. Fin qui le luci. Restano le ombre. E qui Draghi ha fatto un appello agli italiani: «Il nostro è un rischio ragionato – ha detto – che assumiamo per dare un segnale a famiglie e imprese che hanno perso tutto e non per colpa loro». Da questo rischio ragionato può nascere “un’opportunità” di ripartenza, nel lavoro e nello spirito. Ma «molto dipenderà dal rispetto delle regole, dalla responsabilità di ciascuno di noi e dalla capacità di controllo da parte di enti locali, forze dell’ordine». Quello di Draghi è un appello esplicito a non ripetere le scene viste lo scorso anno, dalle discoteche piene agli assembramenti della movida nelle piazze. Il premier sembra non aspettarsi sorprese sul fronte vaccini e dalle varianti del virus. O meglio: le teme ma appartiene al nuovo corso dare segnali di cauto ottimismo e speranza. Cita Jannacci, il premier: «Non assumiamo decisioni a caso, per vedere l’effetto che fa».
Andiamo al capitolo soldi e al “debito buono”. I numeri del Def sono da brivido: deficit all’11%, rapporto debito/pil al 160%. Cose mai viste nell’ultimo secolo. Roba che solo uno con il profilo di Draghi può sostenere. In base a che cosa? Il ragionamento segue una logica empirica. «Perché scommettiamo sulla crescita, sul fatto che questo paese ha una voglia matta di ripartire, ci sarà quindi un rimbalzo molto forte e il nostro compito è quello di fare buoni investimenti, ben progettati e soprattutto ben attuati». La domanda che tutti si fanno è perché questa volta dovrebbe accadere in tema di efficienza, lotta alla burocrazia e capacità esecutiva quello che non è mai successo negli ultimi vent’anni. Cavarsela con perché-adesso-o-mai-più è troppo semplice. Il lavoro che stanno facendo i ministri del governo Draghi sotto la sua regia va in questa direzione. I 40 miliardi del nuovo scostamento di bilancio andranno soprattutto a partite Iva, «sarà soddisfatta una platea più vasta, si interverrà sui costi fissi, i soldi saranno restituiti non solo in base al fatturato ma anche in base all’utile».
Ci vorrà forse più tempo, ma saranno rimborsi più equi. Insieme alla riaperture è la risposta che attendevano le piazze di queste settimane. Anche qui ci sono delle ombre. Il nuovo decreto (Sostegni 2) sarà pronto per la fine di aprile. Nel frattempo il Senato è alle prese con duemila emendamenti, la maggior parte dei quali dei partiti di maggioranza, sul Sostegni 1 (che sta già distribuendo soldi, più di due miliardi, pochi ma stanno già arrivando). Come si intreccia il percorso del Sostegni 1 con quello del Sostegni 2? Il rischio dell’ingolfamento è evidente. Draghi ha poi messo sul tavolo i 57 commissari nominati per le relative grandi opere. «Con il ministro Giovannini – ha spiegato il premier – abbiamo sbloccato questa situazione, nominato i commissari (bloccati da veti incrociati della politica, ndr) e redatto il cronoprogramma dei cantieri, chi apre, come e quando chiude. Ci sono strade, ferrovie, alta velocità, porti, aeroporti. Una serie di opere che Italia viva aveva già provato a sbloccare nel Conte 2 con i decreto Shock per scoprire a dicembre scorso – lo denunciò Raffaella Paita, presidente commissione Trasporti – che i commissari non erano stati nominati. E che quello che era stato venduto come fatto, non era invece stato fatto per nulla. Adesso sono state semplificate le procedure e il cronoprogramma è pronto.
«Non è certo mio interesse – ha chiarito il premier – dire qui qualcosa che so di non poter rispettare». La sensazione è che se ci dovessero essere intoppi e ritardi vari, il governo saprebbe come intervenire. Nel pacchetto ci sono 16 opere ferroviarie (tra cui la Salerno-Reggio Calabria), 14 stradali, 12 caserme per la pubblica sicurezza, 11 opere idriche, tre infrastrutture portuali e la metropolitana di Roma. Tutte opere già finanziate e con i fondi già stanziati. Uno di quei misteri italiani. Una buona parte degli interventi riguarda il sud (37 miliardi su 83 totali). L’impatto occupazionale sarà in media di 68 mila posti all’anno che diventeranno 118 mila nel 2025. Ai commissari spetterà un’ampia capacità decisionale al di là dei vincoli previsti dal Codice degli appalti e da altre normative. Una strada simile sarà intrapresa per i progetti del Piano nazionale di resilienza. Tra le riforme annesse, ci sarà un corposo decreto Semplificazione. Sarà il terzo in quattro anni. Sarà la volta buona? Nel caso, la crescita e il rimbalzo saranno molto forti. E “la scommessa sul debito buono” sarà vinta.
A conclusione della conferenza stampa, la sensazione è che Draghi abbia bisogno di tempo per radicare queste trasformazioni – profonde – e verificare il loro funzionamento. Il Pnrr prevede che le opere siano incardinate entro il 2026. Almeno un anno, sedici mesi di rodaggio sembrano indispensabili. Come potrebbe il premier lasciare il lavoro a marzo per andare, nel caso, al Quirinale? Un’altra sensazione, sempre in relazione al debito buono, è che Draghi parli con tale sicurezza da presupporre che i vincoli europei al bilancio quando torneranno – non certo nel 2022 – saranno diversi. Mai più gli stessi. «Gli occhi con cui oggi guardiamo alle dinamiche economiche e di sviluppo sono diversi da quelli di ieri», di prima della pandemia. Sono “occhi” che giustificano questa mole di debito. E, ha promesso, «la crescita sarà tale per cui non ci sarà bisogno di nuove manovre di aggiustamento». È un premier che mostra molta sicurezza, Mario Draghi. Anche rispetto alle agitazioni della politica.
«L’atmosfera nel governo è eccellente – ha tagliato corto – le critiche al ministro Speranza non sono né fondate né giustificate». E quando qualcuno ci prova ad alzare bandierine e a fare distinguo, il premier chiama i partiti. Uno ad uno. «Le consultazioni di questi giorni – ha detto – sono straordinarie occasioni di confronto con il Parlamento». Le parole chiave sono sempre le stesse: determinazione e mediazione. Il presupposto di entrambe sono le idee chiare. Non c’è dubbio che ieri Forza Italia e Lega abbiano potuto cantare vittoria sulle aperture. Ora, magari, si dovrà riconoscere qualcosa a Pd e Leu.
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