Cinquanta minuti per quaranta miliardi e mettere a tacere presunte tensioni dei ministri politici sui colleghi tecnici sospettati di voler fare in fretta e senza troppe mediazioni. Dura cinquanta minuti il Consiglio dei ministri che è il primo vero atto economico del governo Draghi visto che il primo decreto Sostegni è stato soprattutto la ratifica di scelte e di un deficit (30 miliardi) già delineati dal Conte 2. Un tempo lampo per le decisioni assunte. Che sono quattro e tutte di massima importanza: è stato approvato il Def, cioè il quadro macroeconomico del 2021; è stato dato il via libera al nuovo scostamento di bilancio di 40 miliardi per dare sostegno alle imprese e soprattutto ai settori chiusi per pandemia da quasi un anno; è stato in sostanza deciso che il paese deve riaprire.

Compatibilmente con i dati epidemiologici ma le zone gialle, con relative aperture, saranno attive già nell’ultima settimana di aprile. Non per il pressing delle forze politiche (soprattutto Lega, Forza Italia e Iv), meno che mai per far alzare bandierine di parte ma perché lo ha deciso il Presidente del Consiglio dopo aver analizzato tutte le curve del virus e i grafici delle vaccinazioni. Infine, il Consiglio dei ministri ha deliberato anche per una nuova linea di credito di circa 30 miliardi (tutto soldi già stanziati ma non spesi) con cui saranno realizzate una serie di opere che Regioni e enti locali hanno provato a mettere in garanzia sotto l’ombrello del Pnrr ma su cui Draghi, e con lui il ministro economico Franco che guida l’unità di missione del Piano operativa al Mef da circa un mese, sono stati inflessibili. Si tratta di progetti si strade, porti e aeroporti certamente utili al territorio ma non in linea con gli obiettivi del fondo europeo. I soldi ci sono, vanno spesi ma sarà unicamente il Parlamento l’arbitro di questo capitolo di spesa.

Accade tutto molto in fretta. Una tempistica tipica di chi ha idee chiare e obiettivi certi. E che sembra spazzare via certe ricostruzioni dei giorni precedenti che hanno dato conto di tensioni nella maggioranza originate da un eccesso di accentramento e di scarsa trasparenza nelle decisioni. Nel mirino dei vari retroscena sono finiti sia il premier che il ministro economico Franco. Di tutto questo oggi non si è trovata traccia. Al netto di qualche discussione in più con il ministro della Pubblica Istruzione in cerca forse di maggiori risorse. «Nessuna tensione – raccontano fonti di maggioranza di centrodestra – forse nel Cdm di ieri (mercoledì, ndr) che è durato due ore è stato frainteso il fatto che in realtà in quell’arco temporale è stato compreso anche il preconsiglio». Tra le accuse veicolate nei retroscena sui giornali c’era anche quella al sottosegretario Garofoli reo di non convocare i preconsigli, la camera di compensazione che i partiti usano per aver voce in capitolo sulle decisioni del governo. Non c’è dubbio che tra i ministri ci sia ancora una rappresentanza per quanto minima di quel partito ribattezzato “le vedove di Conte” a cui tutto sommato non dispiacerebbe riuscire a logorare prima del tempo l’esperimento Draghi.

Ecco che per mettere a tacere anche queste tensioni ed embrioni di scontento, il premier ha avviato ieri una serie di consultazioni per discutere e condividere tutti i dossier economici con i partiti di maggioranza e opposizione. «Abbiamo discusso di tutto – ha detto Vito Crimi, capodelegazione dei 5 Stelle, il primo partito ad essere ricevuto – Def, il nuovo decreto Sostegni ma anche le riaperture. Un vero e proprio punto dopo due mesi di governo». Significativo che con Crimi ci fossero anche i capigruppo, coloro che poi dovranno sostenere i provvedimenti in Parlamento e non cominciare a boicottarli allungando le sabbie mobili sui singoli provvedimenti. Dopo i 5 Stelle è entrata la Lega. Guidava Giorgetti e non Salvini che è dovuto andare a Milano per “improrogabili impegni di famiglia”. I maligni spifferano che si tratta del “solito Salvini che si vuol tenere le mani libere per fare quello di lotta e di governo”. Guidare la delegazione ieri avrebbe significato legarsi le mani e non poter continuare a picconare da fuori pur stando dentro come ha fatto in questi mesi.

Le delegazioni hanno lo stesso format, cioè i capigruppo. Segno che ciascuno si deve impegnare a garantire l’iter parlamentare. Oggi è il turno di Pd e Forza Italia. Lunedì Fratelli d’Italia e Italia viva. Martedì chiuderà Leu. Nel linguaggio della vecchia politica potrebbe essere a tutti gli effetti una verifica di governo. Il messaggio del premier è chiaro: nei prossimi giorni saranno incardinate le decisioni più importanti, la destinazione del nuovo debito di 40 miliardi per rilanciare imprese e partite Iva e la consegna a Bruxelles del Pnrr italiano. Quindi, chi ha qualcosa da dire lo faccia adesso o taccia per sempre. Una pretesa di assunzione di responsabilità per evitare il doppiogiochismo. Ma sarà difficile che la politica, andando verso il semestre bianco (la Camere non potranno più essere sciolte, vero terrore per molti eletti) e la campagna elettorale per le amministrative arrivi a soddisfare tanta coerenza.

Il Def è lungo “solo” 63 pagine, meno della metà del solito (anche questo un indizio di chiarezza di idee). Nel 2021 la crescita del Pil programmatico arriverà al 4,5%, nel 2022 crescerà del 4,8%, per poi crescere del 2,6% nel 2023 e dell’1,8% nel 2024. “Tassi di incremento mai sperimentati nell’ultimo decennio” si fa notare. E che fissano al 2023 il recupero e il pareggio del crollo economico subìto in questo anno di pandemia. Il rapporto deficit/Pil è purtroppo a doppia cifra, 11,8 nel 2021, un livello molto elevato dovuto alle misure di sostegno all’economia (180 miliardi di deficit) e alla caduta del Pel. A partire dal 2025, tornerà a scendere sotto il 3%. Il rapporto debito/Pil è stimato al 159,8% nel 2021, per poi diminuire al 156,3% nel 2022, al 155% nel 2023 e al 152,7% nel 2024.

Tra le buone notizie c’è che l’Unione europea deciderà di sospendere il Patto di stabilità e crescita anche nel 2022. Come il fatto che per effetto del lockdown, le emissioni di gas serra sono diminuite del 10% nel 2020. Più del Pil che è crollato di 9 punti. I dati relativi all’ambienti saranno i nuovi protagonisti del Def. La Transizione ecologica si misura anche così. Sul fronte del decreto Sostegni 2 è stato confermato che i soldi serviranno anche a sostenere i costi fissi del settore ristorazione, affitti e bollette che non hanno mai conosciuto il lockdown. Con la scaletta delle riaperture (oggi la cabina di regia con Draghi e Speranza), il taglio dei costi fissi sono le parole magiche che i ristoratori chiedono di vedere scritte nei provvedimenti.

Draghi vuole accanto a sé il ministro economico Franco nei colloqui di verifica politica con i partiti e i capigruppo. L’impegno politico deve essere preso con entrambi e il premier vuole blindare il suo braccio destro, il ministro Franco, da tentativi già in essere di mugugni e polemiche che possono diventare in fretta logoranti. Intanto i ministri Gelmini (Affari regionali), Carfagna (Sud), Bianchi (Istruzione), Messa (Università) e Giovannini (Infrastrutture e mobilità sostenibile) ieri hanno avviato la Conferenza Stato-Regioni per esporre i contenuti del Piano nazionale di ripresa e resilienza. Sindaci e governatori lamentano di essere tagliati fuori dalla cabina di regia. Non è esattamente così: avranno un ruolo di controllori della fase progettuale che però sarà decisa dalla cabina di regia al Mef. Non è una novità. E ha tutta l’aria di diventare la nuova spina nel fianco del governo Draghi.

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Giornalista originaria di Firenze laureata in letteratura italiana con 110 e lode. Vent'anni a Repubblica, nove a L'Unità.