Giancarlo Giorgetti a tutto campo che nega le voci di una Lega divisa, che vuole il Presidente del Consiglio Mario Draghi Presidente della Repubblica, che legge e analizza le prossime elezioni amministrative del 3 e del 4 ottobre, che sostiene che la trattativa Stato-Mafia “in Francia sarebbe durata due settimane”, che smonta la proposta del salario minimo europeo. Il ministro dello Sviluppo Economico ha rilasciato un’intervista al quotidiano La Stampa.

Di Lega ne esiste “una sola, fatevene una ragione”. E neanche due linee: “Al massimo sensibilità diverse”. E giù con metafore calcistiche: Giorgetti dice di aver sempre amato Andrea Pirlo, regista di classe. E infatti lascia ad altri il palcoscenico, il ruolo del frontman. Certo è che nelle ultime settimane il contrasto tra la linea del ministro e quella del segretario è emerso eccome ma resta una sola la Lega, dice. Anche se il suo punto di riferimento resta Umberto Bossi – e proprio al Senatùr farebbe condurre la partita per il Quirinale – mentre Salvini ha creato il partito nazionale che continua ad alimentare nonostante le uscite su vaccini e Green Pass e l’addio dello spin-doctor de “La Bestia” Luca Morisi – coinvolto in una indagine per presunta cessione di droga – abbiano fatto scricchiolare la leadership del segretario nelle ultime settimane.

Giorgetti esclude di aver voluto lui l’allontanamento di Morisi e fa i conti sulle prossime amministrative. Precisa “che i candidati non li ho scelti io. Faccio il ministro e mi occupo d’altro. Come è giusto che sia” ma difatti quelle scelte le giudica. Enrico Michetti a Roma: “non lo so” se è il candidato sbagliato “ma so che il candidato giusto sarebbe stato Bertolaso”. Decisivo nella Capitale “quanto Calenda riesce a intercettare il voto in uscita dalla destra”. Milano invece Beppe Sala può vincere al primo turno. No comment su Luca Bernardo. Giorgetti si è occupato invece direttamente giusto di Paolo Damilano, candidato a Torino, l’unico tra questi – anche la corsa di Catello Maresca a Napoli sembra compromessa – che sembra avere qualche chance: “Credo possa vincere al secondo turno”. Amici dal 2016, il ministro lo avrebbe voluto candidato già alla Regione al posto di Alberto Cirio.

Oltre una destra che rischia la debacle e che si presenta alle prossime amministrative con poche chance di grandi risultati, o almeno con alte possibilità di perdere tutte le grandi città al voto, l’intervista si riscalda sul Quirinale, il settennato in scadenza di Sergio Mattarella. Quasi impossibile una rielezione del Capo dello Stato, sostiene Giorgetti. Salvini parla della candidatura di Berlusconi “per evitare di parlare di altre cose serie” mentre le chance del Cavaliere sono “poche”. Tutto ruota intorno a Draghi: “La vera discriminante politica per i prossimi sette anni è che cosa fa Draghi. Va al Quirinale? Va avanti col governo? E se va avanti con chi lo fa?”. Fosse per il ministro “vorrei che rimanesse lì per tutta la vita. Il punto è che non può” perché “appena arriveranno delle scelte politicamente sensibili la coalizione si spaccherà. A gennaio mancherà un anno alle elezioni e Draghi non può sopportare un anno di campagna elettorale permanente”. E quindi “l’interesse del Paese è che Draghi vada subito al Quirinale, che si facciano subito le elezioni e che governi chi le vince” e così “Draghi diventerebbe De Gaulle”. Non è da escludere però, ragiona il ministro, un’elezione di Pierferdinando Casini.

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Giornalista professionista. Ha frequentato studiato e si è laureato in lingue. Ha frequentato la Scuola di Giornalismo di Napoli del Suor Orsola Benincasa. Ha collaborato con l’agenzia di stampa AdnKronos. Ha scritto di sport, cultura, spettacoli.