A due anni e mezzo dalla sceneggiata sul balcone di Palazzo Chigi i numeri parlano chiaro: Luigi Di Maio e il Movimento 5 Stelle non hanno “abolito la povertà”, come urlava l’allora vicepremier del governo Conte 1 il 28 settembre 2018, esultando al termine del termine del Consiglio dei Ministri che aveva trovato l’accordo sul Def, la manovra che rese possibile il contestato reddito di cittadinanza.

Lo stesso Di Maio recentemente ha fatto un passo indietro su quelle parole che anche oggi gli si ritorcono contro: “Cosa cambierei se potessi tornare indietro? L’annuncio dal balcone dopo aver ottenuto il reddito di cittadinanza. È vero, era una battaglia a cui tenevamo moltissimo, ma un uomo delle istituzioni non si comporta così”, ha spiegato il ministro degli Esteri, pur rivendicando che “ci sono tre milioni di persone che stanno mangiando, in questo momento, grazie al reddito di cittadinanza. Quella è una cosa che ti rende grato per il lavoro che hai fatto”

UN MILIONE DI POVERI IN PIÙ – Ma al contrario di quanto disse Di Maio all’epoca, i numeri in Italia sono sempre più drammatici, come attesta l’ultimo monitoraggio dell’Istat: secondo le stime preliminari sul 2020 dell’Istituto nazionale di statistica nel 2020, le famiglie in povertà assoluta sono oltre 2 milioni, cresciute sia in termini familiari (da 6,4% del 2019 al 7,7%) ma anche in termini di individui (dal 7,7% al 9,4%) che si attestano a 5,6 milioni, ossia oltre 1milione in più rispetto all’anno precedente.

La povertà assoluta torna così a crescere e raggiunge il valore più elevato dal 2005, ovvero da quando è disponibile la serie storica per questo indicatore.

AL NORD CRESCE DI PIÙ, AL SUD RESTA PIÙ ALTA – L’incremento della povertà assoluta è maggiore nel Nord del Paese e riguarda 218mila famiglie (7,6% da 5,8% del 2019), per un totale di 720mila individui. Peggiorano anche le altre ripartizioni ma in misura meno consistente. Il Mezzogiorno resta l’area dove la povertà assoluta è più elevata: coinvolge il 9,3% delle famiglie contro il 5,5% del Centro.

Rispetto al comune di residenza le differenze sono meno pronunciate: l’incidenza di povertà assoluta passa dal 5,9% al 7,3% nei Comuni centro di area metropolitana, dal 6,0% al 7,6% nei Comuni periferia di area metropolitana e nei Comuni con più di 50mila abitanti e dal 6,9% al 7,9% nei restanti piccoli Comuni.

COLPITE LE FAMIGLIE MONOREDDITO – Nel 2020, l’incidenza di povertà assoluta cresce soprattutto tra le famiglie con persona di riferimento occupata (7,3% dal 5,5% del 2019). Si tratta di oltre 955mila famiglie in totale, 227mila famiglie in più rispetto al 2019. Tra queste ultime, oltre la metà ha come persona di riferimento un operaio o assimilato (l’incidenza passa dal 10,2 al 13,3%), oltre un quinto un lavoratore in proprio (dal 5,2% al 7,6%).

FAMIGLIE NUMEROSE PENALIZZATE DALLA CRISI – Ad eccezione delle famiglie unipersonali, che presentano un’incidenza di povertà stabile (5,7%), una più ampia diffusione della povertà assoluta riguarda tutte le famiglie, ma in misura più rilevante quelle con un maggior numero di componenti. Se, infatti, fino a quattro componenti l’incremento si mantiene sotto i due punti percentuali o poco più (per le famiglie di due persone passa dal 4,3% al 5,7%, per quelle con tre dal 6,1% all’8,6%, per quelle con quattro dal 9,6% all’11,3%), per quelle con almeno cinque persone peggiora di oltre quattro punti, passando dal 16,2% al 20,7% (Prospetto 2).

A veder peggiorare la propria condizione sono soprattutto le famiglie monogenitore (l’incidenza passa dall’8,9% all’11,7%), le coppie con un figlio (da 5,3% a 7,2%) e quelle con due (dall’8,8% al 10,6%)

La presenza di figli minori espone maggiormente le famiglie alle conseguenze della crisi, con un’incidenza di povertà assoluta che passa dal 9,2% all’11,6%, dopo il miglioramento registrato nel 2019.

CALO RECORD DELLA SPESA PER CONSUMI – L’aumento della povertà assoluta si inquadra nel contesto di un calo record della spesa per consumi delle famiglie (su cui si basa l’indicatore di povertà). Secondo le stime preliminari, infatti, nel 2020 la spesa media mensile torna ai livelli del 2000 (2.328 euro; -9,1% rispetto al 2019). Rimangono stabili solo le spese alimentari e quelle per l’abitazione mentre diminuiscono drasticamente quelle per tutti gli altri beni e servizi (-19,2%).

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Romano di nascita ma trapiantato da sempre a Caserta, classe 1989. Appassionato di politica, sport e tecnologia