Il Movimento 5 Stelle forcaiolo, ultra statalista, sodale della Lega nella battaglia contro gli immigrati e pericolosamente vicino a regime autoritari come Cina e Venezuela? Per Luigi Di Maio è tutto un lontano ricordo.

Il ministro degli Esteri, riconfermato alla Farnesina dal presidente del Consiglio Mario Draghi, parla in una intervista concessa a Repubblica del cambio di passo avvenuto all’interno del Movimento, travolto in questi giorni dalla scissione dell’ala oltranzista che fa riferimento a Davide Casaleggio e Alessandro Di Battista, e rivendica invece la conversione pentastellata “su una linea moderata, atlantista, saldamente all’interno dell’Unione Europea”.

Un Movimento che per l’ex capo politico è “cresciuto e maturato”, mentre il governo guidato dall’ex numero uno della Banca centrale europea “rappresenta il punto di arrivo di un’evoluzione in cui i 5 Stelle mantengono i propri valori, ma scelgono di essere finalmente e completamente una forza moderata, liberale, attenta alle imprese, ai diritti, e che incentra la sua missione sull’ecologia”.

Il sostegno a Draghi viene rivendicato da Di Maio come un successo, ricordando come il 60% degli iscritti sulla piattaforma Rousseau abbiano votato a favore, mentre sulla defezione degli espulsi che hanno creato il gruppo “Alternative c’è” in Parlamento, il ministro guarda con distacco: “Non deve considerarsi una scissione ma è evidente che lo spazio per i nostalgici dell’Italexit è scomparso da tempo. Puntiamo agli Stati Uniti d’Europa, a un progetto ancorato a determinati valori in cui gran parte del M5S e degli italiani si riconoscono”.

E a proposito di dissidenti, il titolare della Farnesina torna sul suo rapporto con Alessandro Di Battista, uscito dal Movimento per guidare da fuori il Parlamento i frondisti: “Con Alessandro ho un legame indissolubile, abbiamo subìto gli stessi attacchi, diviso gli stessi palchi. Doveva andare così, anche se fino alla fine ho sperato il contrario. È stato un dolore vederlo lasciare di nuovo il Movimento, ma ho imparato in questi anni a dividere l’amicizia dalla politica”.

Altro punto chiave dell’intervista riguarda il ruolo dell’ex presidente del Consiglio Giuseppe Conte. L’avvocato pugliese è tornato a svolgere il suo ruolo di docente universitario, ma le sue ambizioni politiche sono note. Di Maio da parte sua sembra mettere da parte il dualismo che si era visto nelle fasi finali del governo Conte bis con l’ex premier, auspicando al contrario un ruolo di leader per l’avvocato. 

L’evoluzione del Movimento infatti “si può completare con l’ingresso di Conte. L’ex premier, che ha rappresentato questi valori, metta la parola fine alle nostre ambiguità e ai nostri bizantinismi”. “Se si sta parlando di far entrare Conte – ribadisce Di Maio – significa che a un anno da quando ne ho lasciato la guida il Movimento ha realizzato che senza una leadership forte non si va da nessuna parte”.

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Romano di nascita ma trapiantato da sempre a Caserta, classe 1989. Appassionato di politica, sport e tecnologia