Con il ottenuto coralmente dalla Camera, il governo di Mario Draghi perfeziona l’iter e può mettersi al lavoro, pancia a terra sui tanti dossier caldi. Tra i quali indica, nella replica, le condizioni della giustizia e di chi vive e lavora in carcere. Draghi ha sottolineato la volontà di “migliorare la giustizia civile e penale” e ha insistito in Aula sulla necessità “un processo giusto e di durata ragionevole in linea con la durata degli altri Paesi europei”. Poi l’affondo sulla condizione dei detenuti. «In tempo di pandemia – ha sillabato il premier – non dovrà essere trascurata la condizione di tutti coloro che lavorano e vivono nelle carceri, spesso sovraffollate, esposti al rischio e alla paura del contagio e particolarmente colpiti» dalle misure di contrasto del Covid.

La prima volta che un presidente del Consiglio chiede la fiducia mettendo tra le priorità la dignità dei detenuti, quasi rispondendo all’appello che gli aveva rivolto, in dichiarazione di voto, Riccardo Magi di Più Europa. E lo fa con la forza dell’esecutivo con il più ampio mandato della storia repubblicana. Tutti i tredici interventi che lo hanno salutato hanno sottolineato la straordinarietà del momento. A parlare in favore del varo sono stati tra gli altri Maria Elena Boschi per Italia Viva, Graziano Delrio per il Pd, Riccardo Molinari per la Lega, Roberto Occhiuto per Forza Italia e Davide Crippa per i Cinque Stelle. Insieme con Manfred Schullian (Misto), sono stati loro a firmare la mozione unica per la fiducia, un telegrafico testo di adesione al progetto dell’esecutivo di unità nazionale.

Giorgia Meloni per Fdi e Nicola Fratoianni sono stati gli unici big a votare contro, mentre la pattuglia dei dissidenti Cinque Stelle potrebbe riguardare tra i 20 e i 30 deputati, per nulla spaventati dalle espulsioni dei 15 senatori. A titolo personale hanno preso la parola, ciascuno per il suo distinguo, dieci deputati del Movimento. «Mercoledì al Senato hanno perso il 20% dei parlamentari, vediamo come va alla Camera. Se ci fosse un’altra uscita massiccia dovremmo anche ricalcolare la quota dei sottosegretari», spiega un deputato interessato alla partita. Peraltro, la scissione pentastellata, se (come probabile) venissero creati dei gruppi autonomi, riaprirebbe i giochi sulle commissioni parlamentari.

Alle opposizioni vanno per consolidata prassi la Vigilanza Rai e il Copasir, oltre a un doveroso riequilibrio tra ruoli di Questore alla Camera. Mentre la Camera votava sulla fiducia, le trattative sui viceministri e sottosegretari proseguiva febbrile. Il presidente del Consiglio avrebbe voluto concluderla in tempi brevi, entro la settimana, per poter far partire subito in pieno l’azione dell’esecutivo. Ma non ha fatto i conti con i partiti. «Non credo che si arrivi a un accordo entro venerdì, anzi credo che si vada a lunedì o martedì almeno», afferma un parlamentare direttamente interessato alla partita. Nel Pd prendono atto che l’intergruppo non lo voleva nessuno, ma intanto la sortita c’è stata e va gestita. Bettini si sfoga su Facebook: «Mai proposto niente di simile, l’ho appreso dalle agenzie e l’ho trovato singolare». Raciti, Dem di area Giovani turchi che ieri aveva reso nota la sua contrarietà sul Riformista, canta vittoria: «Hanno capito che l’intergruppo è morto e sepolto».

Non lo auspica invece Bersani: «Io sono perché le forze che hanno sostenuto Conte trovino modo di collaborare», così Pierluigi Bersani ha commentato il nuovo intergruppo Pd-M5S-Leu nato in Parlamento. E riguardo alle proteste contro Draghi: «Lasciamo stare il banchiere, pensiamo alla proroga del divieto di licenziamenti». Proroga che ha aggiunto «siamo ben intenzionati a proporre». È Giorgetti, neo ministro allo Sviluppo economico, ad avere in mano il dossier. Ed ha aperto alla possibilità di protrarre il blocco, informalmente, incontrando i sindacati metalmeccanici sulla vertenza Whirlpool.

Ha spiegato che la “volontà” dell’esecutivo è quella di estendere il blocco a tutti e che nei prossimi giorni partirà un tavolo con il ministero del Lavoro. Dopo l’incontro di lunedì tra il segretario del Pd Nicola Zingaretti e il segretario del Carroccio, Matteo Salvini, e le “consultazioni” con le parti sociali avviate da Andrea Orlando, la notizia di una proroga era nell’aria. A Palazzo Chigi viene ricevuta una delegazione di Azienda Italia (“Necessaria una riforma degli ammortizzatori sociali, lo sblocco dei licenziamenti è un problema”), mentre arrivano le lodi di Federmanager al discorso e poi, alla spicciolata, le considerazioni delle varie anime di Confindustria.

Bonomi non commenta. E mentre Draghi esce dall’aula, gli uffici di Montecitorio aggiornano i lavori: questa mattina si votano gli ultimi emendamenti di riforma della legge Bonafede sulla prescrizione segnalati dai gruppi per il Milleproroghe: sono ancora presenti due emendamenti sul tema, uno di Forza Italia (a prima firma Pierantonio Zanettin) e l’altro di Italia viva (Lucia Annibali). La nuova maggioranza è al banco di prova.

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Ph.D. in Dottrine politiche, ha iniziato a scrivere per il Riformista nel 2003. Scrive di attualità e politica con interviste e inchieste.