"Espulsi, all'opposizione". Oggi il gruppo dei dissidenti diventerà più folto
Chi sono gli scissionisti dei 5 Stelle: archiviato Crimi, il partito è in caduta libera
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Cinque Stelle in caduta libera. Sono 15 i senatori che hanno votato “no” alla fiducia al governo di Mario Draghi. A questi si aggiungeranno i deputati che oggi ribadiranno il proprio dissenso al nuovo Esecutivo.
Tutti saranno costretti a lasciare il Movimento 5 Stelle, destinato a perdere altri pezzi nel “drastico cambiamento di prospettiva” che l’ha visto governare prima con Salvini e la Lega, poi con il Pd e il nuovo partito di Renzi (Italia Viva), infine, oggi, addirittura con il nemico numero uno, almeno fino a qualche tempo fa, Silvio Berlusconi e Forza Italia.
I 15 senatori che hanno preso le distanze, dopo giorni di polemiche e attacchi al capo politico Vito Crimi, a Beppe Grillo e ai vertici del Movimento, sono Rosa Abate, Luisa Angrisani, Margherita Corrado, Mattia Crucioli, Fabio De Micco, Silvana Giannuzzi, Bianca Laura Granato, Virginia La Mura, Elio Lannutti, Barbara Lezzi, Matteo Mantero, Vilma Moronese, Nicola Morra, Cataldo Mininno e Fabrizio Ortis.
Restano in bilico, invece, i sei assenti alla chiamata: Giuseppe Auddino, Elena Botto, Antonella Campagna, Emanuele Dessì, Vincenzo Garruti e Nunzia Nocerino. Se sarà mini-scissione, almeno a Palazzo Madama, ci sono i numeri per costituire un gruppo.
Nelle prossime settimane si capiranno le intenzioni degli “scissionisti” del Movimento (espulsi, così come annunciato da Crimi, dal partito) e del possibile coinvolgimento di Alessandro Di Battista che giusto una settimana fa ha annunciato il suo addio al partito non condividendone la linea politica.
Con lui si sono schierati diversi portavoce, prima tra tutti la senatrice Barbara Lezzi, sin dalle prime battute contraria all’appoggio ad un governo guidato da Draghi. Eppure l’ex ministra del Sud rientrava nella rosa di possibili candidati al nuovo Comitato direttivo a 5 dei pentastellati, che raccoglierà i poteri fino ad oggi affidati alla figura del capo politico Vito Crimi.
Con un nuovo voto su Rousseau, infatti, la base ha approvato – 9.499 sì (79.5 %) contro i 2.448 no (20.5%) – le modifiche allo Statuto proposte agli stati generali, che riformano totalmente il sistema di governance M5S.Oltre a Lezzi, i nomi che circolano sono quelli di Luigi Di Maio, Paola Taverna e Stefano Patuanelli. Ma in corsa potrebbero esserci anche il presidente della commissione Affari costituzionali della Camera, Giuseppe Brescia, e l’eurodeputato Dino Giarrusso, molto apprezzato dagli attivisti sulle piattaforme social.
“Dobbiamo tutti ringraziare Vito Crimi per il lavoro svolto” ma adesso “non può più decidere nulla in nome e per conto del M5S” ha dichiarato Lezzi.Un pressing corroborato anche da Rousseau, che chiede di “poter eleggere il prima possibile questo organo collegiale”, usando l’espressione “Inizia il conclave degli iscritti”. Parole che fanno saltare la mosca al naso di Crimi, che replica colpo su colpo. Prima a Lezzi, annunciando che “la mia funzione di reggenza, al contrario di quanto è stato erroneamente affermato, non è conclusa” ma “proseguirà fino a quando non saranno eletti i 5 membri del nuovo Comitato”, pubblicando la lettera di Beppe Grillo che certifica l’extra time.
Poi anche a Rousseau, sottolineando che “La vita politica del Movimento è coordinata dai suoi organi. Non è stato convocato alcun ‘conclave’ degli iscritti, che saranno coinvolti all’insegna della massima partecipazione, come è sempre stato”. Le acque sono più che agitate, in casa Cinquestelle.
L’ESPULSIONE – “I 15 senatori che hanno votato no alla fiducia saranno espulsi” è quanto annuncia il reggente Vito Crimi. “Ieri al Senato il MoVimento 5 Stelle ha votato sì. Non lo ha fatto a cuor leggero, è evidente. Ma lo ha fatto. Lo ha fatto con coerenza, nel rispetto dell’orientamento emerso in seguito all’ultima consultazione, dove la maggioranza dei nostri iscritti si è espressa a favore. E lo ha fatto con coraggio, assumendosi la responsabilità di una scelta che non guarda all’interesse esclusivo del MoVimento o al facile consenso, bensì agli interessi di tutti i cittadini italiani e della nostra comunità nazionale. Quello di chi ha votato sì è un voto unitario, una responsabilità collettiva, non del singolo. I compromessi con sé stessi, con i propri credo, convinzioni e valori, sono quelli più difficili. Riuscire ad affrontarli e sostenerli per il bene di un Paese che sta vivendo il momento più difficile della sua storia recente non è una sconfitta, è un valore aggiunto in termini di etica e dignità”.
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