Che Matteo Renzi avesse ragione nel ritenere, nel suo appiattimento, il Partito Democratico come la sesta stella del Movimento di Beppe Grillo? I Dem di Nicola Zingaretti ieri hanno fatto l’ennesimo passo verso un’alleanza stabile con i pentastellati (e con Leu), annunciando la creazione di un intergruppo, ovvero un’assemblea ristretta dei rispettivi capigruppo che coordineranno le attività parlamentari in Senato. 

Secondo i tre capigruppo, Ettore Licheri del M5S, Andrea Marcucci del PD e Loredana De Petris di Leu, il gruppo proporrà “iniziative comuni sulle grandi sfide del Paese, dall’emergenza sanitaria, economica e sociale fino alla transizione ecologica e all’innovazione digitale”. 

L’ennesimo avvicinamento tra Partito Democratico e Movimento rientra nell’ormai nota direzione presa dalla segreteria Zingaretti e dalla spinta dell’eminenza grigia Goffredo Bettini, il più fido consigliere del governatore del Lazio che da tempo spinge per l’alleanza “progressista” tra Dem e grillini, definiti il partito del “populismo mite”, da stringere attorno alla figura dell’ormai ex premier Giuseppe Conte.

Proprio l’avvocato pugliese è il più interessato all’alleanza, perché l’esperienza del suo governo bis è il punto di partenza per il futuro progetto politico. “L’iniziativa annunciata dai capigruppo in Senato di M5S-Pd-Leu di costituire un intergruppo parlamentare per promuovere iniziative che rilancino l’esperienza positiva di governo che si è appena conclusa è giusta e opportuna”, ha subito commentato Conte, che ha chiesto di costruire “spazi e percorsi di riflessione che valorizzino il lavoro comune già svolto e contribuiscano ad indirizzare la svolta ecologica e digitale e le riforme di efficientamento della Pa e della giustizia nel segno di una maggiore equità e inclusione sociale”.

Il progetto di una futura alleanza rischia però di spaccare i Democratici, già alle prese con la rivolta interna delle donne escluse dalle nomine ai ministeri. Contro l’intergruppo, preambolo di una possibile alleanza, si è subito espresso Matteo Orfini. “Siamo parlamentari del Pd. Pensiamo a rilanciare l’iniziativa del Pd e a farlo uscire da questa assurda subalternità. Intergruppi che guardano al passato hanno davvero poco senso. Pensiamo semmai al futuro”, è stata la bordata lanciata via Twitter.

Sulla stessa linea anche i senatori Pd Vincenzo D’Arienzo, Tommaso Nannicini e Francesco Verducci, che ricordano a Zingaretti che “come strutturare un coordinamento parlamentare tra Pd, 5 Stelle e Leu non è certo un tema che si risolve con un comunicato sulla possibile nascita di un intergruppo, che è uno strumento di impegno trasversale lasciato alla libera scelta dei parlamentari”.

Non solo. Il discorso si fa più ampio e l’intero tema del progetto comune con il Movimento 5 Stelle non si può tenere “senza una discussione ampia e approfondita all’interno dei gruppi parlamentari e di tutto il Pd. Ora non servono fughe in avanti né forzature ma una discussione vera su come il Pd vuole svolgere la propria funzione e definire la propria identità nella fase del tutto nuova che si è aperta col governo Draghi”.

La possibile alleanza PD-M5S, paradossalmente, viene invece vista come una opportunità per chi il governo Conte bis lo ha fatto cadere ritirando i suoi ministri, ovvero Italia Viva. Il presidente Ettore Rosato, commentando l’intergruppo, parla infatti di una “prateria” che si apre “per chi vuole costruire la casa dei riformisti. Italia Viva c’è e ci sarà. Per il riformismo, contro il populismo”. 

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Romano di nascita ma trapiantato da sempre a Caserta, classe 1989. Appassionato di politica, sport e tecnologia