Luigi Berlinguer è stato Rettore dell’Università di Siena dal 1985 al 1994, Segretario generale della conferenza dei rettori delle Università italiane fino al 1994, ha conseguito lauree honoris causa dalle Università di Toronto, La Plaza, Sorbona, Buenos Aires ed è stato insignito dell’ordine di Gran Croce della Repubblica di Germania. Nella XIII legislatura è stato ministro della Pubblica istruzione, dell’università e della ricerca scientifica e tecnologica nel governo Prodi e poi ministro della Pubblica istruzione nei due governi D’Alema.

Ed ancora: nel quadriennio 2002-2006 è stato membro del Consiglio superiore della magistratura (Csm), e successivamente parlamentare europeo. E qui ci fermiamo, perché è sufficiente questo parziale curriculum vitae, per indicare la statura politica e intellettuale del nostro interlocutore. «Il governo Draghi – rimarca con il Riformista – fortemente voluto dal Presidente Mattarella è un salutare ceffone al sistema dei partiti. E al Pd, il partito a cui aderisco per scelta, dico: mettetecela tutta per la riuscita di questa esperienza. Non siate “crisaioli”». E sulla composizione del Governo, Berlinguer annota: «Vi sono al suo interno personalità di indubbio valore, ma la garanzia vera è Draghi. Lui sa quale sia il carico di attese verso il Governo che presiede. Più che un Primo ministro, lui è il Garante di un’operazione ambiziosa».

Professor Berlinguer, il presidente del Consiglio incaricato ha sciolto la riserva. Il governo Draghi è ai nastri di partenza. Con una maggioranza che un tempo si sarebbe detta “bulgara”: da LeU alla Lega. Tutti sul “carro” del vincitore?
Che esistano diversità al suo interno è evidente a tutti. Ma la condizione in cui il governo Draghi nasce è del tutto eccezionale, altrimenti non sarebbe nata una maggioranza così ampia. Nella vita della democrazia parlamentare, questa è una eccezione, non è la norma. È normale che nella democrazia parlamentare ci sia sempre una maggioranza e un’opposizione, e quindi si contempli in partenza che c’è un’opposizione. Nella fisiologia della vita delle istanze parlamentari, l’opposizione è quasi parte costituente. Perché questa è la democrazia occidentale. Quando viene meno l’opposizione vuol dire che c’è un regime, che c’è una soluzione autoritaria che l’ha eliminata. Qui non è stata eliminata un’opposizione. Nasce una istanza parlamentare avendo in sé sanato questo aspetto con il concorso di tutti. A cominciare dal capo dello Stato che è il padre di questa vicenda. Perché è dalla presidenza della Repubblica che nasce l’incarico a Draghi. E nasce con un atto che chiamerei, senza offesa ma anzi con rispetto, di autorità. Come dire: secondo la fisiologia tradizionale voi non state risolvendo il problema del governo d’Italia. Cincischiate, e io capo dello Stato vi dico: Draghi salga al Colle. Perché lui è la persona che considero al momento la più adatta. Che non è stata scelta dall’interno della democrazia parlamentare ma è stata proposta dalla presidenza della Repubblica, che non è una presidenza autoritaria, costituzionalmente parlando, ma che in questa vicenda si è comportata con un pizzico di autorità e ha detto facciamola finita, tu, professor Draghi, fai il presidente del Consiglio dei ministri. Tutta questa vicenda è stata marcata da questa eccezionalità che sembra dettata dalle circostanze oggettive.

Professor Berlinguer, molto si discute sulla composizione del nascente Governo. Draghi dove tenere assieme l’esigenza di un alto profilo e le aspettative delle forze politiche che compongono la nuova maggioranza. È riuscito in questo intento?
Le premesse ci sono. Al suo interno c’è gente in gamba. A parlare poi saranno i fatti. La vera garanzia è Draghi, inutile girarci attorno. Lui entra a Palazzo Chigi con un giudizio fortemente positivo, però anche con una forte carica d’attesa. Ci ha messo la faccia, e non intende perderla.

Lei ha usato in precedenza una parola molto efficace: il “cincischiamento” della politica. Ma questo cincischiamento che poi ha determinato l’azione del Presidente Mattarella con l’incarico a Draghi, non è il segnale che questa politica e il sistema dei partiti che ne dovrebbe essere l’architrave, versa in una crisi che definirla grave è un eufemismo?
Il sistema dei partiti ha manifestato in questi giorni una crisi profonda. Sennò l’avrebbe risolta alla maniera classica, senza l’intervento del capo dello Stato, scegliendo di designare il possibile presidente del Consiglio secondo le modalità tradizionali. Non lo ha fatto. Quindi il sistema dei partiti ha mostrato un momento di inadeguatezza che ha reso necessario e possibile un intervento sostanzialmente esterno del presidente della Repubblica. Che non è usuale, consueto, nella nostra storia parlamentare. L’Italia è in un momento difficile, sono state devolute dall’Europa al nostro Paese importanti risorse finanziarie che si rischiano di perdere, e sarebbe gravissimo, se si continuasse a cincischiare, con procedure tradizionali che contemplano nella loro esperienza pratica e storica lungaggini talvolta infinite, e certe volte perfino contorsioni infinite. Il ricorso alla formula adottata è stato un salutare ceffone al sistema politico esistente e quindi alle forze politiche. Che per ora sembrano allinearsi e voler procedere. Vediamo se arrivano a concludere la formazione del Governo, che in questo momento è una necessità di sopravvivenza della Repubblica italiana, del nostro Paese.

Si riuscirà a tutelare questa operazione eccezionale da crisi interne?
È difficile dirlo, ma lo è altrettanto non prevedere che ci possano essere delle difficoltà. Sta lì, alla serietà delle forze politiche, di assicurare almeno un primo successo della strada eccezionale che si sta percorrendo. Il primo auspicio è: signori belli, fate di tutto perché questa roba funzioni, perché altrimenti l’Italia cola a picco, perdiamo i soldi e pure la faccia. Sta nella storia della democrazia parlamentare, il fatto che si aprano delle crisi. Ma sta anche al senso di responsabilità del personale politico italiano, ai leader dei partiti, alle classi dirigenti, salvaguardare al massimo il successo dell’operazione, di mettercela tutta perché produca qualche risultato. Che si possano utilizzare nel migliore dei modi le risorse che l’Europa ci ha destinato. Non fate casino. Mi lasci aggiungere che l’ampiezza del sostegno manifestato dalle forze politiche, un sostegno trasversale, deve essere da stimolo, e non diventare un intralcio, affinché il nascente Governo per programma si dia delle priorità fattuali, pochi punti essenziali, e così mostri un’anima politica. Essere competenti non vuol dire essere senz’anima.

Il Partito democratico, con il suo segretario Nicola Zingaretti, aveva affermato dopo la rottura da parte di Renzi della maggioranza che sosteneva il Conte II, «Conte (ter) o voto». Non crede che il Pd, come avvenne con il governo Monti, possa finire per pagare un prezzo molto salato sul piano elettorale anche in questa circostanza?
No, il Partito democratico ha fatto una bella figura in questi giorni. Perché è stato quello che in modo più lineare a detto subito di sì. E questo atteggiamento di appoggio del partito più consistente, non numericamente ma come struttura, è stato decisivo. Perché ha favorito il trascinamento di tutti nell’operazione. Io voglio sperare, in cuor mio, che il Pd, a cui io aderisco per scelta, continui ad avere in questa vicenda un ruolo positivo. Che ce la metta tutta, che non diventi elemento di disturbo dell’operazione, ma che si faccia carico della responsabilità che si è assunta e che il Paese sembra avergli assegnato. Al tempo stesso, mi auguro che il governo Draghi si comporti con la necessaria fantasia, perché tutta la procedura è diversa da quella tradizionale e si è inventata al momento e sul luogo. Questa iniziativa il Partito democratico deve continuare a sostenerla e anche gli altri partiti devono contribuire al suo successo. Questo si chiama senso di responsabilità nazionale. Nell’animo di ogni partito alberga l’idea che la democrazia consista nell’essere “crisaioli”. Il che non è vero. Bisogna che in questo caso la democrazia sia allacciata a un forte senso di responsabilità. Perché in questo momento l’interesse del Paese è che il governo Draghi vada avanti e abbia successo, e assicuri all’Italia l’utilizzo delle risorse che ci hanno dato, e quindi un funzionamento delle istituzioni democratiche a questo fine.

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Esperto di Medio Oriente e Islam segue da un quarto di secolo la politica estera italiana e in particolare tutte le vicende riguardanti il Medio Oriente.