La scelta di Draghi, il collasso del sistema dei partiti. Il Riformista ne parla con uno dei più autorevoli storici e studiosi della sinistra italiani: Massimo L. Salvadori, professore emerito all’Università di Torino.

Professor Salvadori, la scelta di Mario Draghi, al di là dell’indiscutibile valore della persona, rappresenta davvero la “morte della politica” o comunque del sistema dei partiti?
Bisogna distinguere tra politica e partiti. Perché la politica esisterà fino a quando vi sarà il problema di assicurare un governo degli uomini. I partiti possono esistere nella misura in cui abbiano determinate caratteristiche che consentano loro la funzione per cui in un sistema istituzionale sorgono e viene chiesto loro di operare. Non sappiamo ancora se la formazione di un governo Draghi avrà successo, se passerà al vaglio di Camera e Senato. Certo è, però, che il conferimento a lui dell’incarico è un segno inequivocabile di una situazione di profonda malattia del nostro sistema politico. Non dobbiamo dimenticare che la decisione di Mattarella è venuta dopo il tentativo miseramente fallito del Presidente della Camera di verificare con i partiti della precedente maggioranza di far andare avanti un Governo che fosse loro espressione. I partiti che si sono riuniti intorno al tavolo, hanno dato uno spettacolo miserando. Uno spettacolo che è la testimonianza della miseria dei partiti che, mi sia consentito di dire, oggi hanno alla testa delle persone di una mediocrità, di un basso livello quale certamente nel secolo scorso in Italia non avevamo mai visto, pur con tutti i difetti della politica italiana del XX secolo. Abbiamo assistito ad un clima di rissa, all’incapacità di assumere delle responsabilità, al tentativo di lucrare ciascuno con le accuse rivolte agli altri di non voler risolvere i problemi. Abbiamo assistito a delle scene miserevoli. La chiamata di Draghi è il segno inequivocabile del fatto che si stia riproducendo in Italia ciò che, non dimentichiamolo, era già avvenuto quando il Presidente Napolitano dovette ricorrere a Monti, con un’operazione analoga a quella che sta facendo oggi Mattarella con l’ex presidente della Bce. E prim’ancora dobbiamo andare alla nascita del primo governo Ciampi. Tutte e tre le situazioni, sono la testimonianza del fatto che da Tangentopoli in poi la politica italiana si è scomposta, e quando si è ricomposta lo ha fatto malamente, pensiamo al lungo potere di Berlusconi, e quando non si è ricomposta malamente, si è scomposta in maniera inefficace, inconcludente, dando riprova dell’esistenza di una crisi di sistema politico che si trascina ormai da anni e anni e di cui ciò che sta avvenendo oggi è l’ultimo capitolo.

In questa logica, guardando al fronte progressista, la scelta del gruppo dirigente del Partito democratico di “immolarsi” per il Conte ter in prospettiva di un’alleanza strategica con i 5 Stelle, alla fine non si è rivelato un esiziale errore politico?
Vede, lei mi ha rivolto questa domanda facendo riferimento al “fronte progressista”. Mi consenta di dire, e mi creda lo faccio con grande rammarico, che io non vedo la natura progressista di una coalizione composta dai grillini, dal Pd, in una stagione politica in cui in più momenti abbiamo sentito avanzare la prospettiva, in particolare da esponenti importanti del Partito democratico, della costituzione di un partito unico formato da Pd e 5 Stelle. Io ormai sono vecchio e ho visto tante cose, però uno spettacolo di così basso profilo, di concepire un’alleanza tra gli uomini del vaffa…, i Di Battista e tutta la compagnia di giro, e i democratici; vedere presentare la formazione di un partito politico o di una strettissima alleanza come asse del progressismo italiana, mi fa venire l’orticaria. Tant’è che al di là delle idiosincrasie che ciascuno di noi può avere, abbiamo visto che si trattava di un asse che non stava in piedi e che ha messo in luce la crisi del sistema politico, soprattutto sul versante del cosiddetto centrosinistra. Perché, tutto sommato, la destra ha trovato nella signora Meloni una leader determinata, che sa quello che vuole, Salvini è quel che è, ma insomma, Berlusconi fa i suoi giochi con astuzia e anche con una certa avvedutezza, mentre invece sul versante del cosiddetto centrosinistra, ci hanno regalato lo spettacolo miserando di cui abbiamo parlato. Con l’insistenza poi del Partito democratico, e questo spiace a modeste persone come me, a volere a tutti i costi difendere Conte, presentandolo come unico uomo in grado di guidare l’Italia, quando ormai si vedeva che quest’uomo era logorato. Era un uomo venuto dal nulla, che aveva mostrato una enorme spregiudicatezza nel passare da un campo all’altro, da una coalizione all’altra, con grandi ambizioni personali. È ormai uno sport da parte di tutti i partiti di caricare Matteo Renzi di tutte le critiche possibili, a partire dal dubbio se abbia cervello o non sia matto. Io credo invece che Renzi abbia avuto una funzione positiva nel mettere fine, con coraggio, solitario, a questa commedia dell’arte che il Partito democratico, i 5 Stelle e Leu stavano recitando. Ci ha detto Conte che avevamo il migliore Governo del mondo, accidenti alla modestia, i migliori ministri del mondo. Abbiamo sentito dire che per il nostro modo di affrontare la pandemia eravamo un esempio per il resto del mondo. Eravamo giunti alla commedia sfacciata. Merito di Renzi è stato di aver fatto cadere la foglia di fico che copriva qualcosa a cui bisognava porre fine. A Renzi non può essere addebitata la colpa di aver fatto franare un Governo senza prospettive come sarebbe stato un governo Conte ter. Credo che Renzi possa rivendicare un’azione politicamente coraggiosa, ma un aspetto importante per contribuire a uscire dalla crisi sarebbe anche mostrare, a questo punto, la dovuta misura nel rivendicare il merito che è giusto, a mio giudizio, attribuirgli.

Ed ora, professor Salvadori?
Mi lasci dire un’ultima cosa. Draghi è una personalità importante. Se fallisse dobbiamo sapere che ne verrebbe coinvolto il Presidente della Repubblica che lo ha chiamato, che si brucerebbe una personalità del livello dell’ex presidente della Bce, e se questi piccoli partiti arrivassero all’improntitudine di dimostrare che il loro unico potere è di portare il Paese verso la rovina, se noi dovessimo constatare che questa è l’unica cosa che sanno fare, prepareremmo per la democrazia italiana una Caporetto istituzionale.

C’è chi sostiene, che dire no a Draghi vorrebbe dire no all’Europa. E chi, sul fronte opposto, parla di un “commissariamento” dell’Europa.
Un no Draghi vorrebbe dire lanciare un messaggio fortemente negativo all’Europa, perché se di fronte ad una candidatura prestigiosa, a livello europeo e internazionale, il sistema politico italiano rispondesse in maniera negativa, condannando il Paese, come ha ben detto Mattarella, ad una campagna elettorale che per l’Italia costituirebbe un vero salto nel buio, tutto ciò farebbe cadere nello sconcerto i nostri partner europei. Questo sarebbe l’elemento a cui accennavo che potrebbe portare il nostro Paese ad una situazione di vero e proprio caos politico in un sistema partitico il quale darebbe l’ultima delle tante prove negative che ha offerto al Paese e all’Europa.

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Esperto di Medio Oriente e Islam segue da un quarto di secolo la politica estera italiana e in particolare tutte le vicende riguardanti il Medio Oriente.