Le donne sull’orlo di una crisi di governo sono amiche di sempre, alla moda, controcorrente, voltagabbana o responsabili a seconda, onorevoli e istituzionali. Hanno aperto loro la crisi e l’hanno complicata, intrecciata, annodata. A ogni loro scelta, a ogni presa di posizione e a ogni passo in avanti o indietro sono però state sollevate questioni personali, di feeling, d’amore perfino, di vendetta, di familismo o di convenienza. Quasi mai giudicate in base all’ordine del giorno: la politica. Abbiamo un problema, in questo racconto delle politiche (intese come donne) nella crisi, e nell’esercizio del potere in generale, in Italia? Un dubbio, lontano dal giudizio delle protagoniste a partire dall’esser donne: non una questione di quote rosa. Forse c’entra il femminismo, sicuramente il racconto delle donne nella politica.
“Credo sia sempre difficile per le donne all’interno della politica italiana esprimere posizioni di leadership”, osserva Giulia Blasi, scrittrice e giornalista, femminista e di sinistra. Ha lanciato la campagna e l’hashtag #quellavoltache, per raccogliere testimonianze di violenze e abusi sessuali, prima del #metoo. Il suo ultimo libro si chiama Generazione Z (Rizzoli) e si rivolge soprattutto ai giovani. Sottotitolo: Diventare adulti con il femminismo. “Come atto di resistenza civile ho seguito pochissimo la crisi di governo da un punto di vista del dibattito parlamentare, perché mi esaurisce”. E comunque è informatissima.
Il 13 gennaio la conferenza di Italia Viva. Si dimettono le ministre Teresa Bellanova ed Elena Bonetti. È crisi.
“Sono rimasta anche io molto colpita, come tanti altri, proprio dalla conferenza stampa. Le ministre sono apparse marginalizzate, a parlare era soprattutto Matteo Renzi, l’uomo di turno a tirare i fili del discorso. Non mi ha mai convinto il femminismo di Italia Viva: nelle politiche, nella militanza, nel vocabolario. Un esempio: “la mamma”. Renzi ha sempre insistito sulla funzione biologica delle donne. Una narrazione che non condivido. E poi abbiamo visto una stampa molto incline a far parlare molto lui, a porgere solo a lui le domande, credo sia una corresponsabilità. Come se ci fosse un interesse a far passare le donne come burattini. Credo questo non renda particolare giustizia alla storia delle ministre, a quella di Bellanova in particolare”.
Ma le ex ministre hanno comunque avuto spazio, parlato spesso, durante la crisi motivando ampiamente le loro ragioni, non crede?
“Bellanova non ha certo bisogno di altri per far sentire la sua voce. Hanno un’identità, ce l’hanno eccome, Bellanova e Bonetti. Mi pare però assurdo sottrarre loro la possibilità di essere considerate soggetti indipendenti. A Renzi piace stare al centro della scena, uno stile che non condivido”.
Un problema di comunicazione?
“Viviamo in una società patriarcale, il nostro assetto socio-economico è patriarcale, l’attribuzione del prestigio è patriarcale, e tutte le regole sociali sono tagliate sulle dinamiche e lo stile comunicativo maschili. Ho inaugurato una rubrica su Instagram, #votafemminista, e Lia Quartapelle (deputata del Partito Democratico, ndr) mi ha detto che le donne che siedono in Parlamento sono molto brave a lavorare, a sviluppare idee e progetti ma hanno poi difficoltà nel prendere la parola su temi che stanno al di fuori del loro specifico. È la differenza che passa tra le api operaie e la leadership: è questo lo scatto che manca. Un esempio è quello di Monica Cirinnà”.
Perché?
“Sono rimasta colpita quando ha avanzato la sua candidatura (per il Partito Democratico, ndr) a sindaca di Roma. Senatrice della Repubblica, prima firmataria della legge sulle Unioni Civili, con una grande esperienza, attiva anche sul territorio oltre che in Parlamento. E’ stata accolta da un misto tra “facciamo finta di niente” e “tiriamole le pietre”. Quando una donna prende iniziativa e chiede spazio non si è disposti ad assecondarla”.
Torniamo alla crisi. A un certo punto spunta l’ipotesi di un governo Conte-Mastella. Clemente Mastella, sindaco di Benevento, non è in Parlamento. La moglie Sandra Lonardo è senatrice. Cos’ha pensato?
“Già porci la domanda mi sembra un passo avanti. Fino a pochissimo tempo fa Lonardo era lamogliediMastella, nessuno si chiedeva il perché il marito si sostituisse costantemente a lei. È normale che una donna venga sostituita nelle trattative, a quanto abbiamo appreso, e nella comunicazione dal marito che non ha cariche parlamentari? Non conosco i dettagli, ma l’immagine che arriva è quella di una sostanziale sudditanza. Una sensazione sgradevole, di famiglia antica, dove c’è chi decide e chi agisce. Un problema di comunicazione anche: avere una voce autonoma, mostrare una leadership, piuttosto che essere semplicemente esecutrici; questo è il salto di qualità che manca in quasi tutta la politica se non in aree molto conservatrici”.
Si vota la fiducia alla Camera. A sorpresa Renata Polverini, Forza Italia, ex governatrice del Lazio, appoggia la maggioranza. Lei parla di responsabilità e invece viene raccontata una tresca.
“Passa la voglia di commentare. E’ il tentativo della stampa di delegittimare completamente le donne e le loro opinioni. E credo di non essere mai stata d’accordo con una cosa una che ha detto Polverini. Quando si cerca di fare un discorso collettivo non è mai il discorso di una singola donna. Quello che è successo a Polverini non sarebbe mai successo a un uomo. Un altro esempio? La nuova assessora del comune di Roma, Lorenza Fruci, che è stata raccontata come un’esperta di burlesque perché ha scritto un libro su Betty Page, un’icona pop. Quello che passa è burlesque = disdicevole = sensualità = delegittimazione. Una delegittimazione che fa sempre riferimento alla stupidità, o all’essere burattine, o all’aspetto fisico o alle condotte sessuali”.
Si vota al Senato. Stessa scena: Maria Rosaria Rossi, per anni assistente di Silvio Berlusconi, vota la fiducia.
“Innanzitutto vergognose le parole di chi la definisce ‘badante’ di Berlusconi. Ancora più grave che a scriverle sui social sia stato Lorenzo Fioramonti (deputato, ex ministro dell’Istruzione e dell’Università, ex Movimento 5 Stelle, ndr). Ovviamente non so i motivi di Rossi, ma l’ho trovato un gesto liberatorio, un atto di indipendenza. E’ uscita come da uno studio di Maria De Filippi. “Ciao Maria, io esco”, e ha scelto, contrariamente alla dottrina di partito”.
Profili più istituzionali: Maria Elisabetta Alberta Casellati, Presidente del Senato, ha avuto naturalmente un ruolo istituzionale. Liliana Segre ha votato la fiducia.
“Da quando è diventata senatrice a vita è una figura di riferimento. Subisce attacchi costantemente, che anche se verbali non vanno sottovalutati. Penso agli Incel americani, al 22enne arrestato a Savona che progettava una strage. Il fatto che Segre abbia preso un treno e abbia votato in un periodo del genere, correndo un rischio, dice molto sulla sua abnegazione”.
Che tipo di leadership esprime Giorgia Meloni, leader di Fratelli d’Italia, che i sondaggi danno anche in crescita nei gradimenti?
“È un percorso più facile per le politiche conservatrici – penso a Marine Le Pen, per esempio – perché non sei di disturbo al capitalismo, al patriarcato, alle grandi aziende. Prendi le stesse dinamiche patriarcali e consolidate degli uomini, le riproduci e quando vieni attaccata puoi tirare in ballo il femminismo. Ma quanto hai combattuto tu per le donne? Detto ciò sono anche stanca di vedere donne che non si sono mai spese per altre donne improvvisamente lamentarsi perché manca la solidarietà e il femminismo. Quello che mi preoccupa è però quello che fanno, o che non fanno, i partiti che si dicono progressisti e che puntualmente non mantengono le promesse sul tema”.
La settimana scorsa Alan Friedman ha dato dell'”escort” a Melania Trump.
“Sicuramente un’uscita infelice, anche se concentrarci per due giorni su un commento sicuramente censurabile mi sembra meno grave di ignorare che, per esempio, nei talk show politici c’è nessuna o solo una donna ospite”.
Mi permetta di dissentire. Non oso immaginare cosa sarebbe successo se avessero dato dell’escort, un esempio, a Michelle Obama. Forse non abbiamo mai capito Melania Trump?
“Melania è stata una First Lady atipica. Robotica nelle espressioni. Ci ha regalato momenti indimenticabili, soprattutto quei siparietti con il marito, fino all’ultimo giorno di presidenza praticamente. E la sua renitenza al ruolo pubblico, come se fosse quasi dissociata dal mondo intero, è stata interessante, quasi un segnale di autonomia. Detto ciò, non può avere la mia stima se va a trovare i bambini separati dalle loro famiglie al confine con il Messico con una giacca con scritto: Really don’t care, do u?. Adesso credo che uscirà fuori dai giochi e non sentiremo più parlare di lei, da un punto di vista istituzionale”.
Alla luce di tutto questo, della crisi, quanto tempo ancora prima che una donna possa diventare Presidente del Consiglio?
“Potrebbe succedere anche in pochi mesi: mi riferisco naturalmente a Giorgia Meloni. È improbabile che una donna progressista diventi premier, questo sì. Faccio un esempio: Elly Schlein, progressista, amata, dalle capacità riconosciute trasversalmente. Prima che possa diventare Premier un profilo del genere penso che pioveranno gattini. Poi magari mi sbaglio, e ne sarei felicissima. Però non vedo segnali concreti di apertura verso una leadership femminile che non sia asservita a determinate logiche di non disturbo rispetto all’ordine costituito. Confido molto nelle ragazze, nelle generazioni più giovani, che sono davvero inferocite, e non a vanvera, hanno argomenti. Con loro questa cosa potrebbe cambiare, anche molto rapidamente”.
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