Nel giorno del discorso di Mario Draghi dedicato alla richiesta di fiducia alle Camere, nasce con perfetta scelta di tempo la proposta di Intergruppo che unisce Pd, M5Stelle e Leu, non a caso auspicata, non più tardi di ieri, dall’avvocato Conte, ormai ex-primo ministro, quell’ex una insperata fortuna per l’Italia. Argomentazioni pregresse vedevano in Conte l’unico punto di equilibrio della democrazia italiana, copyright di Zingaretti, proprio di chi aveva detto “mai con i 5 Stelle” qualche mese prima. Dalla guerra alla fusione, perché di questo si tratta: l’Intergruppo si presenta come premessa di una fusione o comunque di una alleanza parlamentare così stretta da non far più capire le ragioni di una qualsivoglia differenza.

Questa coincidenza, nei tempi, fra ciò che ha detto Conte e la sua esecuzione, sta a indicare nell’ex primo ministro il vero suggeritore dell’iniziativa, e ne è di fatto il coordinatore, sia pure per ora dall’orizzonte, lui spera provvisorio, del suo Studio da Avvocato. Tanto – sembrano dire i nuovi, in tutti i sensi, “sinistri” – Draghi dura poco. Insomma, una sorta di minaccia a Draghi: siamo noi, l’Intergruppo, la maggioranza politica, e, in aggiunta, un grave sgarbo istituzionale al presidente della Repubblica che aveva auspicato la necessità di non sottolineare l’idea di una maggioranza “politica”, nella fase dell’attuale emergenza, in presenza di un governo di quasi tutti, peraltro carico, in altro senso, di significato politico. Ma il matrimonio urge per distinguersi, pensano i protagonisti, dalla melma di cui si è circondati in Parlamento.

Un messaggio così veloce, in voluta coincidenza con il giorno della fiducia al governo Draghi, sta dunque a indicare la volontà di confermare con una certa impudenza la vecchia intesa di governo, quella finita nel nulla. Insomma i protagonisti dell’Intergruppo dicono: purtroppo ci manca solo Conte, per poco tempo siamo costretti a subire il governo Draghi, nato ad opera di quel malintenzionato di Renzi e anche dalla frettolosità, non c’è altro termine, del presidente della Repubblica che poteva prendere ben altre decisioni, preservando la vecchia maggioranza con l’aggiunta dei senatori “prestati“, i numeri sarebbero arrivati. Io non posso trattenere un senso profondo di vergogna che mi spingerebbe a fermarmi qui, affidando i commenti ai lettori. Ma un altro sentimento, più razionale e meno emotivo, mi spinge a qualche osservazione su quello che considero il vero e ultimo funerale di ciò che resta della sinistra italiana.

Dice con garbo Achille Occhetto su Il Riformista di ieri: prima di fare un Intergruppo tra forze fino a un anno fa acerrime nemiche, sarebbe necessaria «una comune visione dello sviluppo sociale, economico e culturale del paese», ovvero, aggiunge, ci vorrebbe «il progetto prima dei mattoni». Io sono portato ad andare molto oltre e con assai meno garbo. Il Pd, caro Achille, dà ormai per scontata l’unificazione con il Movimento di Grillo di ciò che resta della sinistra, non c’è bisogno di tante sottigliezze: che importa della giustizia maltrattata; dello Stato di diritto in affanno; delle grandi opere negate; di uno statalismo in forme fuori tempo; della scuola mortificata; dell’affabulazione irresponsabile della comunicazione; del Recovery che – non fosse stato per Mattarella-Renzi-Draghi nei diversi ruoli – sarebbe stato immiserito dall’ineffabile e inquietante avvocato Conte, come dimostrato in modo incontrovertibile da tanti. Un disastro culturale prima che politico, una democrazia inquinata in tutti i suoi percorsi.

Ma poi, oltre le molte cose che potrebbero aggiungersi nel merito delle politiche, c’è qualcosa di più da ricordare che rende miserevole la decisione. Solo qualche anno fa: governo Grillo-Di Maio-Salvini, Presidente chi? Conte; l’Europa nel mirino; una cultura primitiva in campo; il vaffa di Grillo; iI Parlamento feccia delle genti con tutta la casta; i “poltronisti” da ridurre (eseguito); la palingenesi, noi onesti, tutti gli altri ridotti a rifiuto dell’umanità; i bambini di Bibbiano venduti dal Pd. Tutto sanato in un anno, miracolo! Neanche un po’ di prudenza per capire i grovigli dei veri populisti italiani!

Ma qui c’è qualcosa di peggio che si mostra in un confuso orizzonte: la sinistra, che ha perduto il senso di sé, si ritrova comodamente nel peggio di ciò che è stata, e qualcosa di questo peggio collima con certe identità dei pentastellati. Si fa fatica a dirlo, ma si avverte che è così.