Lucy Salani non aveva mai voluto cambiare il suo nome all’anagrafe. Perché “il nome è sacro, me l’hanno dato i miei genitori”. Ad accettarla era stata soltanto sua madre. Si era dichiarata omosessuale e aveva voluto cambiare sesso. Era conosciuta come l’unica transessuale italiana sopravvissuta ai campi di concentramento nazisti. È morta a quasi 99 anni, a darne notizia il fondatore dei Sentinelli, il movimento informale creato nell’autunno 2014 con l’obiettivo di combattere ogni forma di discriminazione, e consigliere regionale della Lombardia Luca Paladini.

Lucy aveva visto bruciare i morti nel lager di Dachau. “C’era chi era ancora vivo e si muoveva tra le fiamme. Terribile”. Quando durante la seconda guerra mondiale era arrivata la chiamata alle armi si era dichiarata omosessuale. Venne deportata prima in un campo di lavoro e poi nel campo di concentramento di Dachau, dove è rimasta dal novembre del 1944 fino alla liberazione nel maggio del 1945. Aveva raccontato la sua storia nel docufilm C’è un soffio di vita soltanto diretto da Matteo Botrugno e Daniele Coluccini, prima era diventata nota grazie alla biografia di Gabriella Romano Il mio nome è Lucy. L’Italia del XX secolo nei ricordi di una transessuale.

Si era sempre sentita donna, fin da piccola, “un intruglio perché in me ho sempre sentito prevalere la parte femminile: avevo movenze femminili da piccolo, mi piaceva giocare con le bambole. Sono andata avanti con una doppia identità ma mi sentivo donna”. E la madre era disperata: vedeva la figlia che voleva cucinare, pulire, giocare con le bambole come facevano le bambine. Il padre e i fratelli non l’accettavano. Era nata a Fossano, in provincia di Cuneo, nel 1924, in una famiglia antifascista di origini emiliane. Aveva raccontato anche che da piccola, in confessionale, un prete l’aveva molestata. “Negli anni trenta i miei genitori si trasferirono nel bolognese e fu così che in città allacciai amicizie con diversi omosessuali. Che colpa ne ho io, se la natura mi ha fatto così? Me lo sono sempre chiesta e ho cercato di farlo capire”.

A Bologna si era creata una cerchia di amici omosessuali tra cui si sentiva al sicuro e libera di essere ciò che voleva. Prima della deportazione, per aver disertato sia dall’esercito fascista italiano che da quello nazista tedesco. A Dachau, nel campo di concentramento nel Land della Baviera, “la mattina quando guardavi la recinzione elettrificata trovavi un mucchio di ragazzi attaccati con le fiammelle che uscivano dal corpo”. Il suo compito nel campo era portare i cadaveri alla cremazione. Era stata picchiata, rasata e imbrattata di catrame: umiliata in tantissimi modi.

Da quella terribile esperienza si era portata ferite dentro e fuori. “Mi sono tornati dei problemi alla gamba alla quale mi hanno sparato durante la liberazione del lager di Dachau. Se guido mi fa molto male”. A Londra il cambio di sesso negli anni Ottanta. “Era sessualmente attiva – ha raccontato a Il Corriere della Sera Matteo Botrugno – ma lì non hanno pensato a garantire che provasse ancora piacere, dopo. Hanno fatto i macellai: tagliato e fatto un buco”. A Torino, dove si era trasferita aveva adottato una bambina, Patrizia, morta a causa di un tumore nel 2014. “Con il sorriso del mio fidanzato inglese negli Anni 50 e i miei viaggi in giro per Europa e Nord Africa Patrizia è stata tra i pochi momenti felici della mia vita”. Per anni aveva vissuto a Bologna, nella periferia di Borgo Panigale, assistita da volontari che sono ormai diventati suoi amici, dove aveva praticamente adottato un ragazzo marocchino, Said.

Alla sua vita erano stati dedicati anche il documentario Essere Lucy, di Romano, e l’intervista nel documentario Felice chi è diverso di Gianni Amelio. “Era terribile durante il fascismo essere transessuale – aveva raccontato Lucy alla prima festa dei Sentinelli lo scorso settembre a Milano – Mi picchiavano e mi facevano fare delle cose schifose. Mi imbrattavano con il catrame e mi hanno rasato. Ho subito anche questo, ho preso le botte dai fascisti perché mi ero atteggiato a donna e per loro questo era inconcepibile“. Per tutta la vita ha testimoniato la sua esperienza. Lo scorso luglio il Comune di Bologna le aveva conferito l’onorificenza della Turrita di bronzo, il Gay Center aveva chiesto al presidente della Repubblica Sergio Mattarella la nomina a senatrice a vita.

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Giornalista professionista. Ha frequentato studiato e si è laureato in lingue. Ha frequentato la Scuola di Giornalismo di Napoli del Suor Orsola Benincasa. Ha collaborato con l’agenzia di stampa AdnKronos. Ha scritto di sport, cultura, spettacoli.