Alla fine vedrete che non funzionerà nemmeno il bambino morto che fino a qualche mese fa spremeva grandi lacrime e enorme contrizione, seppur simulata, da un governo che aveva bisogno di affrancarsi come umano e discontinuo rispetto agli eccessi del governo precedente. A Lesbo si ribalta un gommone e annega un bimbo di cinque anni eppure la notizia non è una sorpresa se si leggono i fatti che stanno avvenendo negli ultimi giorni: guerriglia urbana contro i migranti, gruppi xenofobi che diventano addirittura il braccio armato del governo, una campagna di disumanizzazione continua, una distrazione internazionale di massa e dei messaggi che arrivano direttamente sui telefonini dei profughi per dargli il benservito appena si avvicinano alla frontiera. Che in tutto questo muoia anche un bambino davvero vi stupisce? Ci sarebbe da ringraziare il destino che non sia morto qualche bambino ben prima soffocato dai lacrimogeni che vengono sparati ad altezza d’uomo o c’è da stupirsi che non sia morto nessuno di fronte alla Guardia Costiera greca che scoreggiava acqua sprezzante di fronte a un gommone di disperati.

Ma non servirà nemmeno il bambino, vedrete, perché l’isola di Lesbo è troppo lontana, anche la Grecia è lontana e figurarsi ancora di più la Turchia che per molti è qualcosa semplicemente che ha a che fare con gli Ottomani ai tempi di scuola. Una delle caratteristiche che ha sviluppato questa pessima epoca è quella di un nuovo federalismo della sensibilità e dell’indignazione per cui se qualcosa avviene a distanza ci impressiona meno; e più è distante e meno ci fa orrore l’orribile. Così in fondo che Erdogan abbia aperto dei rubinetti che sputano persone per cospargere di fango (che sono persone) la vicina Europa ci sembra solo un giochetto diplomatico che interessa quelli là e che non ha niente a che fare con noi.

E la politica? Ah, la politica. La politica sulle migrazioni in Europa è un giochetto da cortile in cui ogni Stato si preoccupa semplicemente di non avere passaggio di umanità sporca e sporcante: se rimane pulito il tappeto del salotto, se non si sente l’odore del sangue sul marciapiede quotidiano e se non si odono le urla tenendo chiuse le finestre allora i migranti e le migrazioni sono una saga di cui si può anche leggere comodamente a letto prima di addormentarsi. Se l’Europa trovasse il modo avrebbe già costruito un sistema ingegnoso di cunicoli sotterranei per prendere questi poveracci e sputarli direttamente nell’Oceano Atlantico senza nemmeno vederli passare. Mentre a Lesbo muoiono i diritti umani (ieri a forma di bambino e domani con un’altra forma qualsiasi) la politica balbetta giustificazioni che sono mostruose: fermiamo i migranti a Lesbo perché il nostro welfare non reggerebbe, dicono, come se l’Europa non pagasse profumatamente l’accoglienza, e infatti poi ci ripensano e tirano fuori la scusa del virus che nulla ha a che vedere con quell’immigrazione, questo virus che non ha bisogno di bagnarsi le scarpe e spesso viaggia in prima classe, poi ci ripensano e tirano fuori gli attentati (ancora, ancora gli attentati messi di fianco ai disperati) e infine ci ripensano e puntano il dito contro Erdogan.

Erdogan, appunto: l’inumano sultano sta mostrando l’Europa in tutta la sua nudità, questa Europa smutandata di fronte all’esigenza di subappaltare il ruolo di carcerieri agli altri (che siano la Libia o la Turchia) per illudersi di avere le mani pulite. L’Europa che ha parcheggiato tre milioni e mezzo di profughi in Turchia come si lascia un auto nel parcheggio seminascosto vicino all’aeroporto per non pensarci più. L’Europa che ha pagato sei miliardi di euro finora a Erdogan per funzionare da muro senza bisogno di fare quella brutta figura di essere un losco figuro che vuole i muri. Ma che ce frega, in fondo, se qui da noi arrivano solo parole, parole e qualche immagine, niente di più, nemmeno un alito di dolore e nemmeno un’orma di quelli.

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Milano, 26 giugno 1977 è un attore, drammaturgo, scrittore, regista teatrale e politico italiano.