Il partito Conservatore vince le elezioni in Gran Bretagna e allontana ancora di più l’Europa. Con quasi tutte le schede scrutinate, i Tory hanno ottenuto 363 seggi, un risultato tale da garantire a Boris Johnson di avere la maggioranza da solo (la maggioranza nel Parlamento è fissata a 326 seggi) e di formare un governo senza dover cercare l’appoggio di altri partiti. I Laburisti di Jeremy Corbyn hanno ottenuto invece 203 seggi, 59 in meno rispetto alle ultime elezioni, un risultato disastroso.

Lo Scottish National Party ha ottenuto un ottimo risultato con 48 seggi. Il suo leader, il primo ministro scozzese Nicola Sturgeon, ha ribadito la volontà di tenere un nuovo referendum per ottenere l’indipendenza della Scozia, soprattutto per il Brexit sempre più vicino. I Liberal Democratici sono stati affossati dal voto di giovedì, fermando a 11 seggi. La leader Jo Swinson ha perso il suo seggio di Dunbartonshire East per 149 voti e si è già dimessa dal suo incarico.

LE PAROLE DI BORIS – Una affermazione netta quella di Johnson che ha così accolto la vittoria: “Grazie a tutti nel nostro grande Paese, a chi ha votato, a chi è stato volontario, a chi si è candidato. Viviamo nella più grande democrazia del mondo”. L’istrionico primo ministro ha detto quindi che il popolo britannico ha dato al suo governo conservatore un “nuovo potente mandato” per completare la Brexit e unire il paese. “Abbiamo provocato un terremoto e cambiato la mappa politica del Paese, ora dobbiamo cambiare il partito”. Sulla Brexit la parola d’ordine è una: “Sarà realizzata nei tempi, il 31 gennaio. In questa elezione – ha aggiunto – abbiamo avuto persone che non hanno mai votato per i conservatori finora, che invece ci hanno votato. Con questo mandato realizzeremo la Brexit, ponendo fine alle assurdità di questi tre anni”.

UN VOTO SUL BREXIT – Il voto nel Regno Unito è determinante per il destino della Brexit: i cittadini sono chiamati a scegliere se far pendere la bilancia dal lato della Brexit immediata voluta dal premier conservatore Boris Johnson o se andare verso un secondo referendum promesso dal laburista Jeremy Corbyn. Il tutto mentre a Bruxelles i leader Ue sono riuniti in un summit: si aspettano un esito deciso in modo che, ha detto il primo ministro dell’Irlanda Leo Varadkar, “sappiamo verso dove ci dirigeremo nei prossimi mesi”.

LA DISFATTA LABOUR – Per il Labour si tratta invece di una batosta, le elezioni hanno permesso ai Conservatori di ottenere un risultato che non si vedeva dai tempi di Margaret Thatcher quando conquistò il terzo mandato nel 1987, e che segna la disfatta peggiore dal 1935 del partito laburista. Si tratta ovviamente di una notte molto deludente per il Partito laburista”, ha detto il leader del Labour, anticipando “un processo di riflessione”. “Non guiderò il partito in nessun’altra campagna per le elezioni generali”, ha precisato Corbyn, mentre su twitter è entrato tra i trend l’hashtag #CorbynOut.

LE PROCEDURE DI VOTO – I seggi sono stati aperti dalle 7 alle 22 ora locale in 650 collegi tra Inghilterra, Galles, Scozia e Irlanda del Nord. In queste elezioni, le terze in tre anni, niente di deciso. Il Labour ha ridotto sul finale lo scarto con i Tory, che durante tutta la campagna elettorale sono rimasti sistematicamente in testa nei sondaggi. E questo scatto ha reso credibile l’ipotesi di una nuova svolta in questa saga che divide il Regno Unito e impegna l’Ue, che mai finora aveva affrontato nella sua storia il divorzio di uno Stato membro. I primi exit poll diffusi dopo la chiusura delle urne alle 22 locali, le 23 in Italia: si tratta di una rilevazione generalmente affidabile sulla ripartizione dei 650 seggi della Camera dei Comuni. I primi risultati, invece, si sapranno un’ora più tardi, a mezzanotte ora italiana, e continueranno a uscire nella notte.

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È per far uscire il Regno Unito dallo stallo della Brexit che BoJo ha voluto queste legislative anticipate, tre anni e mezzo dopo la vittoria del ‘Leave’ nel referendum del 2016, con il 52% dei voti. Il paladino dei Brexiteers spera di ottenere la maggioranza assoluta, cioè circa 320 seggi, che gli consentirebbero di far adottare dal Parlamento l’accordo di divorzio negoziato con Bruxelles. Se vincerà la sua scommessa, promette un ritiro dall’Ue il 31 gennaio, ponendo così fine, dopo tre rinvii, a un matrimonio durato 47 anni. Una vittoria del Labour, al contrario, potrebbe segnare la fine della Brexit: i laburisti vogliono rinegoziare un nuovo accordo di divorzio, più sociale, che sottoporrebbero a un referendum con l’alternativa della permanenza nell’Ue.

“Realizziamo la Brexit”, è lo slogan ripetuto incessantemente da Boris Johnson, che in mattinata è stato il primo a votare a Westminster, nel centro di Londra, posando con il suo cane Dilyn in braccio. Un’iniziativa che è stata poi seguita da numerosi altri elettori, che si sono recati ai seggi con cani e gatti, non mancando di posare con loro in foto pubblicate sui social network. Quanto a Corbyn, che ha votato invece poco dopo nel seggio di Islington a nord di Londra prestandosi ai selfie con gli elettori, lui ha promesso un “vero cambiamento” dopo circa un decennio di conservatori al potere, inserendo in programma nazionalizzazioni e investimenti massicci, soprattutto nel settore della sanità pubblica (Nhs), indebolito dall’austerità. Ha dovuto però affrontare anche lui delle critiche, in particolare per le accuse di inazione davanti all’antisemitismo nel suo partito, e sulla Brexit, visto che ha affermato che in caso di referendum si manterrà “neutro”.

Partiti più piccoli, come i LibDem o i nazionalisti scozzesi di Snp, potrebbero aggiudicarsi qualche seggio che potrebbe rivelarsi essenziale in caso di Parlamento senza una maggioranza. Snp si è detto pronto ad appoggiare i laburisti in cambio di un nuovo referendum sull’indipendenza della Scozia.

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