Dal sistema proporzionale (oggi) al premio di maggioranza (luglio)
Elezioni Grecia, sfida tra l’ordine di Mitsotakis e il ‘cambiamento’ di Tsipras: rischio voto bis a luglio

Dopo il voto in Turchia, a essere chiamati alle urne questa domenica sono i dirimpettai dell’Egeo: i cittadini greci. Circa nove milioni di elettori dovranno scegliere il nuovo parlamento. Ma all’ombra del Partenone, a dominare è soprattutto l’incertezza, al punto che quasi tutti gli osservatori concordano sul fatto che il voto si risolverà in buona sostanza con un nulla di fatto. Il motivo è da ricercare soprattutto nella legge elettorale.
I greci, infatti, voteranno per l’ultima volta con un sistema proporzionale con una soglia di sbarramento del 3 per cento e senza premio di maggioranza. Sembra estremamente difficile che al momento un partito, con questo sistema, riesca ad avere i numeri necessari per proporre un esecutivo duraturo. E poiché in caso di mancata formazione del governo si tornerebbe al voto a luglio con la nuova legge elettorale – questa volta con il premio di maggioranza – è molto probabile che si dovrà attendere un altro mese per capire chi sarà il prossimo capo del governo greco.
I sondaggi sembrano confermare la fiducia di una buona parte dell’elettorato per l’attuale primo ministro, Kyriakos Mitsotakis. Il leader di Nuova Democrazia è riuscito a mantenere un buon consenso verso il suo partito, che dovrebbe raccogliere circa il 35 per cento dei voti. A sfidarlo Syriza dell’ex premier Alexis Tsipras, che alcuni sondaggi danno intorno al 25 per cento, mentre altri al 30. Staccato il Pasok in una forbice tra l’8 e il 10 per cento dei voti.
Con queste percentuali, l’ipotesi più accreditata potrebbe sembrare quella di una coalizione in cui a fare l’ago della bilancia sarebbe il terzo partito. Tuttavia, Mitsotakis, in virtù della possibilità di rivotare con il maggioritario e per la contrarietà a un’alleanza con i socialisti, sembra orientato a proporre un governo monocolore. Del resto, anche il leader del Pasok, Nikos Androulakis, non ha speso parole al miele nei confronti degli altri candidati, sostenendo che il suo partito non avrebbe fatto da “stampella” né a Syriza né a Nuova Democrazia. Mentre per quanto riguarda il movimento di Tsipras, una coalizione progressista appare difficile per l’astio già espresso da alcuni esponenti dei partiti nei confronti dei potenziali partner. E questo vale non solo per l’eventuale alleanza con il Pasok, ma anche con il partito comunista e il MeRA25, il partito dell’ex ministro antieuro Yanis Varoufakis.
Tutto questo confermerebbe quindi le grandi difficoltà nel trovare una via per il governo già a partire da questa domenica, rimandando tutto a una nuova tornata elettorale. Il voto, in ogni caso, rappresenta un passaggio interessante per la Grecia, che rimette a confronto due leader che si erano già scontrati nel 2019 e che appaiono come due personalità del tutto contrapposte. Mitsotakis, liberale, conservatore e con una strategia basata su conti in ordine e piena fedeltà atlantica, rappresenta ancora oggi l’alter ego di un uomo, Tsipras, passato alla storia per avere messo in dubbio la permanenza della Grecia nell’Eurozona e per avere sostenuto una politica sia estera che interna abbastanza peculiare. Con il tempo, il percorso di Syriza è certamente cambiato, moderando in particolare i toni dello scontro con Bruxelles.
Tuttavia, ancora oggi Mitsotakis e Tsipras sintetizzano due visioni molto diverse e quasi antitetiche interne alla politica greca. Non è un caso che siano ben diversi anche i toni e i termini delle rispettive campagne elettorali. L’attuale primo ministro ha puntato ancora una volta sul suo principale cavallo di battaglia: l’ordine. Un ordine che è sia nella gestione delle finanze dello Stato, sia nella stessa idea di un esecutivo, estraneo a coalizioni che possono apparire bellicose. Tsipras, al contrario, è tornato a parlare di cambiamento e di giustizia, arringando i militanti di piazza Syntagma, ad Atene, con l’idea che la vittoria di Mitsotakis “significa insabbiamento e corruzione”.
Il riferimento dell’ex primo ministro è alle due grandi questioni irrisolte del leader di Nuova Democrazia: il disastro ferroviario di Tebi, con decine di morti, e lo scandalo intercettazioni. Tsipras è tornato anche a parlare di un Paese senza i “dettami della Troika, chiedendo di votarlo per poter governare “senza memorandum, senza Troika, senza Schauble e senza tutti quelli che ci hanno imposto le loro regole”. Ma questo discorso, dopo le elezioni perse nel 2019, rischia di apparire lontano da molti elettori, specialmente i più giovani.
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