Il tanto vituperato sistema elettorale vigente, conosciuto come “rosatellum”, si prende la sua rivincita rispetto alle critiche da parte dei tantissimi detrattori che contestavano l’efficienza e l’efficacia di questa legge, mix sapiente tra maggioritario e proporzionale e quindi rispettosa del “referendum Segni” del 1993, che condusse all’introduzione della parte uninominale maggioritaria nei sistemi elettorali. E così è poi stato con il “Mattarellum”, in vigore del 1993 al 2005, la successiva Riforma Calderoli, altrimenti detta “porcellum” per le pesanti critiche sul metodo utilizzato che fu bocciato finanche dalla Corte costituzionale.

Il regolamento del “rosatellum”, il metodo di calcolo contenuto nelle norme di questa legge elettorale ci consegna quindi, dopo il conteggio dei voti in tutte le sezioni elettorali, un risultato chiaro e definito. Un risultato che vede una coalizione, quella di centrodestra, che potrà contare su un numero di deputati e senatori tale da consentire al prossimo governo di avere a disposizione una maggioranza parlamentare importante per l’approvazione dei provvedimenti utili per la realizzazione del programma elettorale e per fronteggiare le sicure difficoltà che attendono l’Italia e l’Europa già nei prossimi mesi. Se dunque il principale scopo di una qualsiasi legge elettorale è quello di dare stabilità parlamentare ai governi per poter operare in tranquillità, il “rosatellum” va promosso a pieno titolo, ha raggiunto l’obiettivo, principalmente per il fatto che spinge la forza politiche a coalizzarsi prima e non dopo il voto.

Non solo, le stesse opposizioni, le minoranze parlamentari, sono adeguatamente e proporzionalmente rappresentate, anche perché non hanno subito alcuna tagliola del premio di maggioranza che non è previsto da questa legge. La stessa soglia di sbarramento al 3% non è per niente proibitiva. Resta la critica, che pure ha qualche fondamento, sulle cosiddette “liste bloccate” nella parte proporzionale che lascia esclusivamente alle segreterie dei partiti la decisione su chi debba essere eletto e quindi posizionato come capolista o comunque nei primi posti dell’elenco dei candidati. Per ovviare a questa legittima critica basterebbe guardare al sistema elettorale americano che fa delle primarie di partito un obbligo pienamente regolamentato. Ma si sa, la perfezione non esiste.