Bastano tre righe per cancellare la storia di una rivista che, a sinistra, è stata sin dalla sua nascita nel lontano 1986 un punto di riferimento. Il gruppo Gedi, passato nel novembre del 2019 dalla famiglia De Benedetti agli Agnelli-Elkann, ha messo fine all’esperienza di Micromega, il bimestrale “per una sinistra illuminista” che soprattutto negli anni più forti dell’antiberlusconismo, dai girotondi al ‘popolo viola’, era diventato un riferimento con i suoi interventi sulla politica.

Il passaggio da De Benedetti a John Elkann si vede anche in questo, nella lettera di tre righe firmata da Corrado Corradi, direttore generale della divisione stampa nazionale di Gedi, inviata al direttore di MicroMega Paolo Flores d’Arcais. “Gentili Signori, vi informiamo che dalla data del 1º gennaio 2021, Gedi Gruppo Editoriale S.p.A. cesserà la pubblicazione del periodico MicroMega. Cordiali saluti”, è il messaggio che pone fine ad un’epoca.

Ma lo stesso Flores d’Arcais, che in 34 anni di direzione ha ospitato articoli di firme storiche come Stefano Rodotà, Dario Fo, Franca Rame, Antonio Tabucchi e tanti altri, in sole 24 ore ha risposto alla chiusura non mollando la presa, anzi. Micromega non morirà e il suo direttore ha annunciato sul sito web che “MicroMega continuerà a vivere, e che con i redattori e i collaboratori stiamo già studiando le modalità per non interrompere la continuità della testata, anche se il numero in uscita il prossimo giovedì 17 dicembre, un almanacco di filosofia dedicato alla biopolitica, sarà l’ultimo edito da Gedi”.

La chiusura, o meglio l’uscita, di Micromega dall’universo Gedi segna ancora una volta il distacco ormai evidente della vecchia Repubblica da quella nuova a firma Molinari-Elkann. Un mutamento che ha provocato malessere e rabbia, si guardi alle uscite dal gruppo di firme storiche o importanti come Gad Lerner, Bernardo Valli, Alessandro Gilioli, Enrico Deaglio, Pino Corrias e Luca Bottura.

Ma il segno del cambiamento arriva anche dai nuovi “Valori e missione editoriale di Gedi”, come il direttore Maurizio Molinari ha chiamato la lettera di cinque pagine destinata a tutti i giornalisti del gruppo Gedi. Per Molinari infatti chi lavora nel gruppo Gedi “deve avere equilibrio nel riportare le notizie, distanza critica rispetto ai fatti, evitare ogni forma di militanza”. Nulla a che vedere con il pensiero del fondatore di Repubblica, quell’Eugenio Scalfari che sulla professione del giornalista diceva che “il modo migliore per realizzare l’oggettività della professione è mostrare apertamente il proprio punto di vista. Se sono una voce della sinistra italiana, lo dico prima”.

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Romano di nascita ma trapiantato da sempre a Caserta, classe 1989. Appassionato di politica, sport e tecnologia