Il dossier della Svimez sulle prospettive economiche del nostro Paese è allarmante. Non tanto perché annuncia una ripresa lenta, dopo il disastro provocato dall’emergenza sanitaria e dal conseguente lockdown, ma soprattutto perché prospetta un aumento delle sperequazioni tra Italia e resto d’Europa oltre che tra le aree del nostro Paese. Questa situazione imporrebbe «uno sforzo di straordinario rinnovamento», come l’imprenditore Marco Zigon ha opportunamente sottolineato sul Mattino di ieri. Qualsiasi tentativo in tal senso, tuttavia, rischia di rivelarsi infruttuoso perché presuppone la creazione di un contesto nel quale le misure messe in campo da governi nazionali e locali possano spiegare i propri effetti. Ed è proprio questo che sembra mancare.

I dati, dicevamo. Nel 2021 il pil dovrebbe crescere del 2.3 per cento a livello nazionale. In un solo anno il Trentino-Alto Adige dovrebbe riuscire a recuperare la ricchezza perduta causa Covid, mentre Veneto, Emilia Romagna e Lombardia dovrebbero crescere rispettivamente del 7.8, del 7.1 e del 6.9 per cento. Meno incoraggianti le performance delle regioni del Sud dove si prevede un +2.5 per la Campania, aiutata dall’export, e un interessante +4.5 per cento per la Basilicata, spinta dallo stabilimento Fca. Aree come Sicilia e Calabria dovrebbero veder aumentare il pil rispettivamente dell’1.3 e dell’1.5 per cento. Questo vuol dire che il gap tra Nord e Sud del Paese è destinato ad ampliarsi al pari del divario tra l’Italia e il resto d’Europa.

Come se ne esce? Zigon auspica riduzione della burocrazia, pubblica amministrazione più efficiente, giustizia civile più rapida. Insomma, per l’imprenditore bisogna intervenire sulle condizioni di contesto. Altrimenti misure come gli sgravi contributivi sul costo del lavoro per le imprese del Sud finiranno per non determinare quella «crescita concreta e stabile» di cui l’Italia, a cominciare proprio dal Mezzogiorno, ha bisogno. Altrettanto interessante l’analisi del lavorista Maurizio Del Conte che, sul Foglio, sottolinea la necessità di anticipare l’ingresso dei giovani nel mercato del lavoro e modificare la loro formazione in funzione del fabbisogno di diverse competenze evidenziato dalle imprese. Al momento, però, la direzione imboccata dalla politica sembra diametralmente opposta rispetto a quella indicata da Zigon e Del Conte, specialmente al Sud. Sburocratizzazione? Macché, per beneficiare del superbonus nell’edilizia servono 43 certificati.

Pubblica amministrazione più efficiente? Macché, per evadere una pratica ci vogliono mesi se non addirittura anni. Giustizia più veloce? Macché, la pausa feriale è finita e in tribunali come quello di Napoli non si sa ancora come riprenderanno le udienze. Senza dimenticare progetti strategici al palo, come la riqualificazione dell’ex Italsider di Bagnoli, e la discutibile gestione di comparti fondamentali come scuola e sanità, nei quali le amministrazioni locali continuano a procedere in ordine sparso. La sensazione è che il Governo sia assorbito dalle questioni politiche e le Regioni troppo impegnate a contendersi il primato nella gestione dell’emergenza Covid, quando invece bisognerebbe salvare il Sud dall’isolamento e ricompattare l’Italia intera intorno all’area settentrionale che resta la più sviluppata. Manca, dunque, una visione del Paese, a tutti i livelli. E gli sgravi fiscali rischiano di non bastare.

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Classe 1987, giornalista professionista, ha cominciato a collaborare con diverse testate giornalistiche quando ancora era iscritto alla facoltà di Giurisprudenza dell'università Federico II di Napoli dove si è successivamente laureato. Per undici anni corrispondente del Mattino dalla penisola sorrentina, ha lavorato anche come addetto stampa e social media manager prima di cominciare, nel 2019, la sua esperienza al Riformista.