Il nuovo segretario del Pd
Enrico Letta deve abbandonare Grillo, il qualunquismo non aiuta la sinistra
Voi sapete chi era Nino Andreatta? È stato un professore, un economista, un leader politico e un ministro. Grande personaggio. Era molto vicino ad Aldo Moro ma anche ad ambienti socialisti, per esempio a Giorgio Ruffolo e ad Antonio Giolitti. Interprete forte dell’idea riformista per almeno 30 anni, dai Sessanta a fine secolo, quando fu stroncato da un infarto nell’aula di Montecitorio (sopravvisse, per la verità, all’infarto per sette anni, ma in stato di morte cerebrale).
Fumava la pipa e aveva l’aria del lord inglese, però qualche volta nelle polemiche andava per le spicce, come quel giorno che diede del nazista a Rino Formica (altro monumento del riformismo italiano), poi corresse in “commercialista barese” e ricevette in cambio la qualifica di “comare”, che bastò a far cadere il governo Spadolini, cioè il primo governo a guida non democristiana della storia della Repubblica. Bene, di una cosa sono assolutamente sicuro. Se Nino Andreatta fosse vivo e oggi incontrasse Beppe Grillo, o Gigi Di Maio, o l’avvocato Conte, o anche il composto Roberto Fico, e se qualcuno gli spiegasse che quelli sono i leader di un partito che pretende di fare l’alleanza – anzi di guidarla – con gli eredi dello schieramento dell’Ulivo (di cui Andreatta è stato un fondatore), lancerebbe delle grida di orrore e scapperebbe via a gambe levate. Andreatta era un riformista e un democratico, anche un po’ snob, e non sopportava i qualunquisti e i reazionari. Li riconosceva da lontano e li evitava.
Aveva diversi allievi. Sia d’accademia sia di politica. Il più brillante era un ragazzino tra i venti e i trent’anni, pisano, istruito, alto, colto, molto intelligente, che si chiamava Enrico Letta. Ora il giovane Enrico, che ormai viaggia sui 54 anni, viene chiamato a prendere la leadership e a ricostruire il Pd. Ecco, io vorrei che ripensasse al suo maestro, che credo sia ancora un faro nel suo modo di immaginare la politica. Con Grillo, no. Mai! Penso che, al momento, il problema essenziale stia tutto qui. Enrico Letta ha le carte in regola per assumere la guida del Pd. Ha una forte cultura politica, ha equilibrio, capacità di mediazione, credo che possa esprimere in poco tempo anche un carisma sufficiente al ruolo che deve ricoprire. Ha in più il vantaggio di avere dimostrato, agli altri e a se stesso, che il suo problema essenziale non è la carriera, il potere, la celebrità. Era arrivato ai vertici del partito e alla Presidenza del Consiglio, era ancora molto giovane, e ha avuto la capacità di chiamarsi fuori, di navigare al largo, di rinunciare. Ha studiato, in questi anni, ha acquisito esperienza internazionale, è rimasto lontano dalle lotte di potere, dai tranelli, gli agguati, gli odii che hanno segnato la vita del suo partito.
Letta è un democristiano, nell’esperienza e nell’anima. Ed è chiamato a guidare una macchina e un popolo che sono diversi dalla macchina e dal popolo della Dc. Dentro il Partito democratico c’è una componente riformista, importante, e una componente ex comunista di notevoli dimensioni. Ci sono giovani “modernisti” ma c’è anche il peso di tradizioni e di pensieri che non possono essere liquidati né da Bettini né da Renzi. Letta, se vorrà prendere in mano la situazione, dovrà tenere conto di questo. Il Pd oggi è l’erede della Prima repubblica, di quel mondo politico antico, e delle idee, delle intuizioni, delle speranze di giganti politici, diversissimi tra loro, come, per esempio, Gramsci, De Gasperi, Turati, Moro, Nenni, Amendola e Ingrao. Se vuole fare quello che serve, deve restituire al partito quei nomi e quei pensieri, e anche forse quello stile e quella carica morale. E intorno alle vecchie tradizioni tentare la creazione di un nuovo riformismo di sinistra.
Per fare queste cose la prima scelta da compiere subito è il taglio netto con la linea sciagurata, governista e qualunquista, che ha guidato il partito in questi ultimi mesi o anni. Non si tratta di maledire Zingaretti, che ha fatto onestamente il suo lavoro rispondendo al mandato che aveva ricevuto: “Tienici al governo. Fregatene delle idee. Rottama la vecchia politica bigotta e ideologista”. Gli avevano chiesto questo e questo ha fatto. Si tratta di rottamare proprio il mandato che Zingaretti aveva ricevuto. Per questo scrivevo di Andreatta e di Grillo. Letta può essere il leader che liquida definitivamente il grillismo, la politica volgare del qualunquismo, del vaffanculo, del galerismo, dell’anti-democrazia politica, e riporta il suo partito sul terreno della lotta e delle idee. Difficilmente potrà costruire un partito di sinistra, perché l’area alla quale si rivolge è molto più vasta. Dovrà costruire una specie di federazione di correnti. Però è necessario che segni dei confini. Che metta dei paletti.
La alleanza rosso-bruna che ha governato l’Italia dal 2019 a oggi è stata una mostruosità che ha infettato tutta la politica italiana. Col trasformismo, con la cancellazione del conflitto tra spinte reazionarie e riformiste. Sarà difficile ricostruire un partito di centrosinistra. Almeno bisognerebbe ricostruire un luogo, dove le forze di sinistra e di centro possano ritrovarsi, discutere e agire. Respingendo il ricatto dello schieramento obbligatorio. La politica è una cosa molto più complessa della conta dei seggi e dei voti e dell’ascolto dei sondaggi. Per contare i voti e valutare i sondaggi basta un computer, per fare politica serve Moro. Bisognerà prendere atto del fatto che oggi in Italia esiste una maggioranza molto ampia – ma divisa – di partiti di estrema destra e/o qualunquisti. Il gruppo di Giorgia Meloni, la componente reazionaria della Lega e i 5 Stelle.
Dispongono – se sommati – di un elettorato largamente superiore al 50 per cento. Si parte da qui per ricostruire la sinistra. Da questa consapevolezza di essere minoranza. Ma anche dalla convinzione che una minoranza può fare politica e dire la sua non meno della maggioranza. Se ha idee, se ha una linea. Se non insegue Virginia Raggi. Il Pci governò l’Italia, in gran parte degli anni 70, col 30 per cento dei voti.
P.S. Dopodiché Letta dovrebbe tentare una operazione complessa ma indispensabile. Riunire la famiglia. Non ha nessun senso che i partiti riformisti del centrosinistra navighino isolati e per di più irosi uno con l’altro. Il Pd può essere un partito contenitore e tenere assieme tutti: Renzi, Calenda, Leu, Bonino. Letta può essere l’uomo giusto per questa operazione. Sono sicuro che ha una stazza morale e psicologica sufficiente a dimenticare il giorno dello scambio del campanellino.
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