Le metastasi si stavano rapidamente spandendo per tutto il corpo. Il tumore dai polmoni era arrivato al cervello e per lui non c’era più nulla da fare. Solo un ultimo desiderio: rivedere sua moglie un’ultima volta. Lorenzo Rapicano, napoletano di 62 anni, è morto mentre era agli arresti domiciliari, senza poter rivedere per l’ultima volta sua moglie Rosaria Liguori: mentre spirava, lei era nella sua cella a Santa Maria Capua Vetere. È morto senza poterla riabbracciare per l’ultima volta.

A darne notizia è stato Pietro Ioia, garante dei detenuti di Napoli. “Ieri pomeriggio sono stato a casa di quest’uomo agli arresti domiciliari – ha scritto Ioia su Facebook – mi pregava che voleva vedere la moglie detenuta nel carcere di Santa Maria Capua Vetere. Già aveva avuto un rifiuto, alla fine è morto senza poterla vedere. Mi sento inutile e triste”. Al Riformista il garante ha raccontato che Lorenzo, la sera prima di morire, gli aveva stretto forte la mano. Con le ultime forze che aveva, lo aveva pregato di aiutarlo a rivedere la moglie per l’ultima volta. Si sentiva che presto per lui la morte sarebbe sopraggiunta. Non voleva andarsene senza salutare l’amore della sua vita.

Lorenzo e Rosaria erano stati arrestati contemporaneamente per la stessa vicenda. Poi lui era stato portato al carcere di Rebibbia, lei a Lecce. Lorenzo era ai domiciliari da dicembre perché le sue condizioni di salute non erano compatibili con il carcere. Fu portato nella sua casa a Napoli per continuare a scontare la sua pena. Stava male. I medici non gli avevano dato scampo, prospettando per lui poche settimane ancora di vita. E così era iniziata la sua battaglia per poter rivedere la moglie.

Da una decina di mesi Ioia insieme a Samuele Ciambriello, garante dei detenuti della Regione Campania e Maria Mancarella, sua omologa pugliese, si erano prodigati per far avvicinare Rosaria, dal carcere di Lecce a quello di Santa Maria Capua Vetere per riuscire a fare i colloqui. “Dopo 10 mesi l’avvicinamento lo ha avuto ma lo stesso non la portavano a casa da lui – ha detto Ioia al Riformista – Alla fine è stato comunque tutto inutile. Lorenzo non vedeva la moglie da 3 anni. Da quando erano entrati in carcere non avevano più avuto colloqui. Ma il permesso di necessità consente a un detenuto di fare visita al coniuge che sta scontando i domiciliari a casa, accompagnato dalla scorta e con tute le cautele previste”.

Il garante spiega che il permesso al compiere la visita le era stato rigettato perché “lei era ritenuta un elemento pericoloso, anche se era al suo primo arresto – ha continuato Ioia – Lorenzo non poteva viaggiare perché già da mesi stava attaccato alla bombola per l’ossigeno e quindi non poteva raggiungere la moglie in carcere per i colloqui. Ieri sera sono andato a trovare Lorenzo, mai avrei potuto immaginare che stamattina non c’era più per aiutarlo a esaudire il suo ultimo desiderio. Mi sembra che la Giustizia italiana non conosca la parola ‘pietà’, è stata cancellata”.

Il garante ha appreso la triste notizia dai figli di Lorenzo. Ha ascoltato incredulo quelle parole e nel cuore si porta il grande dolore di non essere riuscito ad aiutarlo: “Questa non è giustizia, è vendetta – ha detto Ioia – I detenuti devono espiare le loro pene dignitosamente. Da quando sono garante le persone mi hanno raccontato di sofferenze tremende. I detenuti dicono che stanno male ma nessuno fa niente, non importa a nessuno. Ieri ho visto Lorenzo, un uomo moribondo nel suo letto che voleva solo vedere sua moglie. Ora posso sono cercare di aiutare la vedova a dare l’ultimo saluto al marito già morto”.

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Giornalista professionista e videomaker, ha iniziato nel 2006 a scrivere su varie testate nazionali e locali occupandosi di cronaca, cultura e tecnologia. Ha frequentato la Scuola di Giornalismo di Napoli del Suor Orsola Benincasa. Orgogliosamente napoletana, si occupa per lo più video e videoreportage. È autrice anche di documentari tra cui “Lo Sfizzicariello – storie di riscatto dal disagio mentale”, menzione speciale al Napoli Film Festival.