Una giornata di combattimenti per festeggiare la pace e la fine dei conflitti dell’anno che sta per finire. Può sembrare un po’ contraddittorio ma è il senso dell’occasione, la catarsi sociali e comunitaria, dell’usanza del Takanakuy peruviano. Una giornata che è diventata famosa in tutto il mondo. E uno dei tanti appuntamenti che riempiono il mese di dicembre, mese di festività e ricorrenze e occasioni in tutti gli angoli del mondo, come ricordato dal doodle di Google. Non solo Natale dunque, ma anche tante altre usanze dal Tibet al Giappone all’Islanda.

La festa si tiene ogni 25 dicembre nella provincia di Chumbivilcas, dove ebbe inizio, nel capoluogo Santo Tomás. Takanakuy in lingua Quechua (ceppo boliviano e peruviano) significa “colpire”. È una festa che consiste in balli, canti e soprattutto in combattimenti individuali. Una maniera per risolvere vecchi conflitti, proprio sul finire dell’anno, un’opportunità per cominciare l’anno nuovo senza rancori tra persone o famiglie. E un’occasione per esibire la propria virilità. Una catarsi sociale. Il Takanakuy è diventato anche celebre come “festa degli schiaffi”.

Un vero e proprio evento, che riguarda soprattutto le Ande peruviane. Santo Tomás, dagli ordinari 300 abitanti, arriva a ospitare anche una media di 30mila persone. Inizia tutto molto prima dell’inizio del combattimento: giorni prima ci sono bevute comunitarie. E lo stesso giorno dei combattimenti il villaggio è convocato a fare colazione insieme nella chiesa locale. La cerimonia è accompagnata da cinque personaggi che rappresentano cavalieri o maschere caratteristiche dell’area: il Majeno, il Quarawatanna, il Negro, il Lango, il Q’ara Gallo.

Comincia tutto con una processione, con un canto in falsetto, gestita dalle famiglie locali. Un rito di iniziazione per bambini e ragazzi. I più giovani vengono spesso travestiti come i padri. Nonostante in molti casi viene tradotta come “festa degli schiaffi”, il Takanakuy consiste in combattimenti, anche molto violenti, che riguardano le arti marziali e coinvolgono pugni e calci. Proibito tirare i capelli, i morsi, aggredire l’avversario a terra. La lotta è accompagnata dalla musica tipica waylilla, un genere emerso negli anni ’60 che inneggia alla libertà e alla resistenza alle autorità.

Si vince per ko o per intervento di una sorta di giudici anziani forniti di fruste per tenere sotto controllo il pubblico. All’inizio e alla fine dei combattimenti i due avversari si salutano, abbracciandosi o stringendosi le mani. Il perdente può anche non essere d’accordo con la decisione e chiedere una rivincita. Dopo il match i combattenti ricorrono all’alcool per lenire il dolore subito.

Una seconda celebrazione si tiene il 26 dicembre nella provincia di Cuzco, dove i migliori combattenti si riuniscono per rilasciare le energie negative. Il Takanakuy si è progressivamente diffuso anche a grandi città come la stessa capitale Lima e Cuzco. Anche i cittadini che non hanno un’origine etnica indigena partecipano all’usanza pre-colombiana e anche cittadini di classe medio-alta vi hanno preso parte, nonostante sia usanza spiccatamente popolare. Il governo ha spesso provato a sradicare l’usanza del Takanakuy, senza successo.

Redazione

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