L'editoriale
Forza Italia e Taja-nì, come con i ‘nì’ un partito liberale è finito corporativo
In principio fu la Flat Tax. Antonio Martino, forzista siciliano geniale e americano di mentalità, la mise nel programma di Forza Italia versione ‘94 (quella del ‘liberiamo gli italiani dalla morsa parassitaria e spendacciona di uno Stato incapace’). Poi se ne persero le tracce finche’ nel 2018 non la ritrovammo in mano a Matteo Salvini, che ci portò la Lega a primo partito di centrodestra, mentre Forza Italia diceva ‘Ni’ (“Forse è meglio un’aliquota al 23%” anziché al 15).
Quindi fu la riforma della Giustizia (con tanto di separazione di carriere e Csm scritta da Marcello Pera) più volte frenata dalla stessa maggioranza dei governi Berlusconi, finché fu Giorgia Meloni a proporre Carlo Nordio come Guardasigilli per farla, quella riforma (che però resta nei cassetti). E anche su Nordio ministro, Forza Italia disse ‘Ni’.
In mezzo, ci fu il Reddito di Cittadinanza. In Forza Italia giustamente qualcuno disse: “Scateniamo un referendum abrogativo”. ‘Ni’ anche lì; Fratelli d’Italia scippò quella bandiera a Forza Italia, e ci fece una carrettata di voti nel 2022. Oggi è il Mes, un fondo con minori condizionalità del Pnrr della cui esecuzione anche questo Governo si fa vanto, e dopo aver per anni detto: “L’Europa serve di più e migliore”, Forza Italia dice ‘Ni’ sulla ratifica, accodandosi per l’ennesima volta ai suoi alleati che fanno e disfano. Una natura, quella di partito del ‘Ni’, già esibita nella seconda stagione dei lockdown di Conte (in cui tutti chiedevano riaperture ma chi in Forza Italia brandiva spirito prudente e libertario, modello Madrid della popolare Ayuso, per capirci, veniva tacciato di volersi fare l’aperitivo). Anche lì, brandito il ‘Ni’ Giorgia Meloni lo raccolse e fece man bassa. Poi i taxi, problema talmente evidente da rimbalzare sul Wall Street Journal: e il ‘Ni’ azzurro sulle liberalizzazioni conferma che un partito nato liberale di massa è finito corporativo, nell’illusione di lucrare due votarelli, che per giunta non arrivano mai.
Uno si attenderebbe che un movimento in totale crisi di idee e comunicazione, ma che sta al governo, recuperasse quelle idee (attualissime, visto la bora individualistica e libertaria che spira anche in Italia) e cercasse un recupero, disperato. Invece, ‘ni’. Appiattiti. Ricordo bene (ero in Parlamento) quando Tajani rimproverava a Gelmini, Carfagna e Brunetta di essere troppo appiattiti su Mario Draghi, da suoi ministri. La rivalità finì sin dentro il catafalco del voto sul Quirinale, con Elisabetta Casellati candidata e bruciata dal suo stesso partito sulla via della successione a Mattarella. Ma ai tempi, quello di Draghi era un governo di emergenza nazionale necessario causa dramma in cui l’Italia era stata gettata dalla gestione dirigistica e ‘primulistica’ del covid by Conte e Speranza, e l’agibilità politica era relativa. Oggi che al Governo c’è il centrodestra, quell’agibilità potrebbe esser piena? Pare di ‘Ni’.
© Riproduzione riservata