Ormai è evidente: la Procura di Perugia è un ‘colabrodo’. Negli uffici giudiziari del capoluogo umbro, gli atti di indagine coperti dal segreto rimangono tali per non più di ventiquattro ore. L’ultimo caso ha riguardato la richiesta di archiviazione, depositata l’altra settimana, del procedimento sulla Loggia Ungheria ed il contestuale stralcio, con conseguente iscrizione nel registro degli indagati, di alcuni soggetti tirati in ballo da Piero Amara. Fra i malcapitati vi sarebbe anche l’ex presidente dell’Anm Luca Palamara, già da tempo sotto il tiro della Procura del capoluogo umbro. Palamara, secondo le nuove accuse, avrebbe avvicinato un giudice della Cassazione a cui era stato assegnato un procedimento nei confronti di un amico di Amara, l’allora pm di Siracusa Maurizio Musco.

Per tenere sotto controllo lo stato di tale procedimento, Palamara avrebbe interessato, oltre al giudice, anche il presidente della Cassazione. Amara, da parte sua, avrebbe organizzato per Palamara una vacanza in uno chalet di un suo conoscente al Sestriere, mentre l’ex zar delle nomine gli avrebbe chiesto un orologio d’oro del valore di 30mila euro per la moglie. Il nuovo capo di imputazione, basato su dichiarazioni testimoniali non ancora contestate a Palamara, invece di rimanere segreto è finito quasi integralmente sul Corriere e su Repubblica con due articoli fotocopia pubblicati domenica scorsa. Il procuratore Raffaele Cantone, dopo aver letto i due quotidiani, ha fatto sapere di essere molto indignato, essendo la “vicenda di una gravità inaudita”. In pochi, infatti, avevano la disponibilità del fascicolo: Cantone, i suoi due sostituti coassegnatari, i pm Gemma Miliani e Mario Formisano, e il gip del tribunale di Perugia.

La polizia giudiziaria, ad iniziare dal Gico della guardia di finanza che ha curato le indagini, pur avendo chiesto gli atti, ufficialmente non aveva ricevuto mezzo foglio.
Subito è partita allora la solita girandola di procedimenti per capire di chi sia la ‘manina’ che ha passato gli atti al Corriere e a Repubblica. Visto che coloro che hanno maneggiato questo fascicolo, i magistrati con i rispettivi collaboratori, si contano sulle dita delle mani, il ‘talpone’ dovrebbe avere vita breve e non rimanere sconosciuto come nel caso della prima, clamorosa, fuga sul Palamaragate, avvenuta a maggio del 2019. Anche all’epoca Corriere e Repubblica, in compagnia del Messaggero, pubblicarono ad indagini in corso stralci dei colloqui registrati con il trojan inserito nel cellulare di Palamara. I responsabili non furono mai individuati.

Ma come dimenticare, poi, l’inchiesta sull’esame farsa del calciatore Luis Suàrez per ottenere la cittadinanza italiana? A causa della fuga di notizie, Cantone aveva deciso per lo stop a tempo indeterminato dell’ indagine coordinata dai pubblici ministeri Paolo Abritti e Giampaolo Mocetti, sempre con l’ausilio dell’immancabile guardia di finanza. Si trattò di una decisione più unica che rara per il panorama giudiziario italiano che, secondo il capo della Procura di Perugia, era necessaria proprio a causa delle ripetute violazioni del segreto istruttorio. Cantone anche all’epoca si disse “indignato per quanto successo finora”. Un dato è certo: se l’ex capo dell’Anac non riesce ad arginare queste imbarazzanti fughe di notizie che compromettono in maniera irreparabile le indagini del suo ufficio, sarebbe necessaria allora una riflessione da parte del Csm e del Ministero della giustizia, che ha anche gli strumenti, l’Ispettorato, per verificare la gestione dei vari procedimenti penali nel capoluogo umbro.

La Procura di Perugia, è bene ricordarlo, è un ufficio di piccole dimensioni. Oltre a Cantone ed al suo vice, vi lavorano poco più di dieci sostituti. Alla Procura di Napoli, ufficio da dove proviene Cantone, i magistrati sono 140 ed fatte le dovute proporzioni non si assiste a questo stillicidio di notizie segrete pubblicate sui giornali.
Palamara, comunque, ha presentato una nuova denuncia per quanto accaduto l’altro giorno alla Procura di Firenze, competente sui colleghi perugini. Considerando i precedenti, tutto lascia presagire però che anche questa denuncia per la fuga di notizie finirà in un nulla di fatto. Per scongiurare il bis, l’ex capo dell’Anm ha fatto sapere tramite i propri legali di essere pronto ad incatenarsi sotto il palazzo di giustizia.