“Quello che è accaduto e sta accadendo, lo trovo lunare: mi hanno anche minacciato di farmi un procedimento disciplinare”. A dirlo il pm milanese Paolo Storari ai giudici bresciani. Il magistrato è stato interrogato ieri come testimone assistito connesso nel processo contro Piercamillo Davigo, accusato di rivelazione del segreto di ufficio. Storari, che per il medesimo reato era stato assolto nelle scorse settimane in abbreviato, ha ricostruito quanto accaduto alla Procura di Milano dopo gli interrogatori di Piero Amara che avevano svelato l’esistenza della loggia Ungheria.

Rispondendo alle domande del presidente del collegio Roberto Spanò, il magistrato ha confermato quanto dichiarato al procuratore di Brescia Francesco Prete a maggio dello scorso anno, quando, per la prima volta, aveva messo in luce l’ostruzionismo dei propri capi nel cercare riscontri alle testimonianza di Amara. L’interrogatorio di Storari era stato pubblicato in esclusiva dal Riformista. Noto alle cronache per essere anche fra i principali accusatori di Luca Palamara nel processo di Perugia e per aver patteggiato, record assoluto, ben cinquanta reati senza subire alcun sequestro, Amara aveva descritto il funzionamento della loggia Ungheria, composta da magistrati, imprenditori, professionisti, alti ufficiali delle Forze di polizia. Lo scopo del sodalizio paramassonico sarebbe stato quello di pilotare le nomine dei capi degli uffici giudiziari al Consiglio superiore della magistratura e aggiustare i processi.

Ad interrogare Amara erano stati Laura Pedio, vice del procuratore Francesco Greco, e Storari. I verbali delle dichiarazioni di Amara erano poi rimasti sulla scrivania dei pm per mesi, senza che ci fosse alcun sviluppo investigativo. Storari, stufo di questa inerzia, aveva allora deciso di informare Davigo, all’epoca consigliere del Csm. Storari ha precisato che a fare da tramite era stata la compagna di Davigo, la pm antimafia Alessandra Dolci. “Io metto i verbali word sulla chiavetta e li porto a casa sua”, ha dichiarato Storari. “Fammi leggere e ci rivediamo”, gli aveva risposto Davigo. “I fatti che riferisce questo qui sono gravissimi, ci penso io ad avvertire il Csm”, aveva poi detto Davigo dopo aver letto gli atti.

Ricevuti da Storari i verbali di Amara, Davigo aveva così informato il vice presidente del Csm David Ermini, il procuratore generale della Cassazione Giovanni Salvi, alcuni consiglieri del Csm, il presidente della Commissione parlamentare antimafia Nicola Morra (M5s).
Storari, sempre rispondendo alle domande dei colleghi bresciani, ha voluto puntualizzare che, terminata la verbalizzazione di Amara, era intenzionato ad effettuare le prime iscrizioni nel registro degli indagati dei soggetti che avrebbero fatto parte dalla loggia e all’acquisizione dei loro tabulati telefonici. Ma nulla di ciò avvenne. Il motivo era perché i suoi capi volevano “salvaguardare” Amara da possibili indagini in quanto utile come teste nel processo Eni-Nigeria in corso all’epoca a Milano. Un processo che la Procura di Milano non poteva perdere e sul quale aveva investito ingenti risorse. L’esito, invece, era stato di assoluzione per tutti gli imputati.

A tal proposito Storari ha raccontato di un colloquio con l’aggiunto Fabio De Pasquale, titolare del fascicolo Eni-Nigeria il quale gli aveva detto: “Secondo me queste dichiarazioni devono rimanere nel cassetto due anni”. “Da queste sue affermazioni – ricorda il pm milanese – ho capito che non si scherzava”. “Ho una interlocuzione con il dottor Greco e gli dico se credesse alle dichiarazioni dell’avvocato siciliano”, continua Storari, ricevendo dal procuratore di Milano questa risposta: “Io credo ad Amara, ma in questo momento non voglio fare niente perchè non voglio inimicarmi il generale Zafarana (Giuseppe, comandante generale della guardia di finanza e, secondo Amara, appartenente alla loggia Ungheria, ndr) in quanto devo sistemare il colonnello Giordano (Vito, ndr) al nucleo valutario”. “Sono rimasto basito”, la replica ieri del pm milanese che si è più volte interrotto per la tensione accumulata.