Francesco Talò, ex consigliere diplomatico di Palazzo Chigi, riflette con noi – da cittadino romano e da ambasciatore, sul funerale di Papa Francesco che diventa uno straordinario appuntamento dove Roma incontra il mondo e il mondo incontra Roma.

«Avendo alle spalle una certa esperienza in fatto di relazioni internazionali, guardo alla dimensione Urbi et Orbi che recupera, ancora una volta nella storia, Roma. Nella dipartita del Vescovo di Roma c’è un suo ultimo dono: permette a personalità diverse, distanti e in qualche caso anche ostili tra loro di stringersi in un abbraccio unitario, in una cerimonia commossa e suggestiva come solo in piazza San Pietro potrebbero essercene».

Un incontro solenne, di rilevanza davvero storica dato il momento di turbolenza che viviamo…
«Roma è una grande capitale abituata a veder scorrere anche con disincanto la storia. Ma se a ogni morte di Papa succede qualcosa di tanto rilevante, è chiaro per tutti che sabato saremo davanti alla grande Storia. Con la S maiuscola. Vediamo già la calca dei giornalisti in piazza San Pietro: se facciamo la fotografia ai fotografi, capiamo l’intensità dell’attenzione. In questi momenti, saltando da un canale televisivo all’altro in tutto il mondo si ritrova inquadrata Roma».

Un’occasione anche per il paese, dunque, di riaffermare la nostra centralità nel mondo.
«Il mondo ci guarda, Roma è Caput mundi. Da un punto di vista spirituale, il trapasso del Pontefice è arrivato a poche ore dalla Pasqua, ma anche nel giorno del Natale di Roma. Il credente può pensare a un segno della Provvidenza. Laicamente si può pensare a una singolare coincidenza che sottolinea ancora una volta l’incrocio tra cristianità e Roma. Ben più di un romanzo di Robert Harris, siamo il set sul quale arrivano tutti i grandi attori – politici – del pianeta».

Roma sarà degna di essere Caput mundi? Saremo pronti?
«Io penso di sì. Nonostante il degrado e la sciatteria di cui spesso ci lamentiamo, a ogni grande occasione con la storia Roma supera brillantemente la prova. Lo abbiamo visto con il Grande Giubileo del 2000 e, stando agli eventi presso la Santa Sede, con i funerali degli ultimi due Papi. Ho davanti agli occhi le immagini di quelli di Giovanni Paolo II, nell’aprile 2005. Esattamente venti anni fa».

Qui però il grande evento è tra tre giorni.
«Sì, pochissimi giorni. E la quantità di Capi di Stato e di governo e di delegazioni internazionali si annuncia impressionante. Per non parlare delle folle dei fedeli che si riverseranno da tutto il mondo. Abbiamo tre fattori: i tempi ristretti, gli ospiti d’eccellenza e le folle, superiori a quelle dei grandi eventi sportivi, delle stesse Olimpiadi. Quello di sabato è insieme un grande summit internazionale e un grande evento di popolo. Contemporaneamente. E va organizzato in pochissimi giorni».

FRANCESCO MARIA TALO DIPLOMATICO

Tutto questo cosa comporta, per la sua esperienza?
«Una grande capacità di protezione riguardo la sicurezza, del cerimoniale, sotto l’attenta regìa della Farnesina e del Ministro Antonio Tajani, e dell’accoglienza: Roma e l’Italia – in congiunzione con le autorità vaticane – in questi casi sanno dimostrarsi straordinarie».

A questi aspetti finiamo per guardare poco.
«Dobbiamo fare una riflessione su quanto sia importante Roma come capitale dello Stato italiano e al tempo stesso della Chiesa cattolica. Questo ci rende doppiamente responsabili e centrali di fronte al mondo. Perché i grandi della Terra vengono a Roma non solo per i funerali, ma ogni volta che c’è un evento legato al Vaticano: è un soft power unico, per l’Italia. Vale per la cultura e per la lingua: il fatto che il Papa parli in tutto il mondo italiano ha un valore unico. Fa più questo che decine di istituti di cultura italiana nel mondo, che comunque vanno sostenuti per l’impegno che mettono ogni giorno».

A Roma arriva Trump. E Zelensky. Oltre a decine di capi di Stato e di governo da tutto il mondo. Questo funerale non sembra la fine di un viaggio, ma l’inizio di qualcosa.
«Sarebbe un ultimo, grande dono del Papa. La capacità di mettere insieme, di unire, di abbracciare il mondo anche dopo la sua dipartita. Dopo il successo innegabile della visita di Meloni a Washington, questo grande evento mondiale può segnare le premesse per un dialogo tra Europa e Usa su basi diverse, uniti dal senso della necessità, dalla comunanza di valori e di interessi dentro a quello che è l’Occidente».

E l’Italia per una volta ne è alla guida.
«Roma è l’Occidente. Altri paesi, altri popoli possono aderire all’Occidente, noi lo siamo. Per storia, civiltà e cultura siamo noi l’Occidente. E in questo contesto l’Occidente confluisce a Roma. Sembrerà un paradosso, ma proprio il Papa che guardava oltre all’Occidente gli restituisce una centralità imprescindibile ed eterna. Una dialettica costruttiva come quella che col Papa Francesco si è proposta tra la Chiesa che è universale in quanto cattolica e l’Occidente può trovare solo nella città di Roma un suo e nostro punto di riferimento identitario».

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Ph.D. in Dottrine politiche, ha iniziato a scrivere per il Riformista nel 2003. Scrive di attualità e politica con interviste e inchieste.