Dichiarazioni che sono destinate a fare un polverone mediatico quelle di Nasser Al-Khater, presidente del comitato organizzatore dei Mondiali in Qatar. I calciatori Lgbtiq+ “potranno giocare, ma dovranno rispettare la nostra cultura e quella dei Paesi limitrofi” perché nell’emirato il mostrare “l’omosessualità non è consentito”.

Nell’intervista rilasciata alla Cnn ha sottolineato la regola per cui “le manifestazioni pubbliche di affetto tra gay sono disapprovate e questo vale per tutti. Il Qatar e i Paesi limitrofi sono molto conservatori e chiediamo ai tifosi rispetto. Siamo sicuri che lo faranno, così come noi rispettiamo le diverse culture, speriamo che lo sia anche la nostra”.

Tutti i partecipanti alla Coppa del Mondo, ha detto Al-Khater, saranno al sicuro indipendentemente dal loro orientamento sessuale. “Verranno in Qatar e potranno fare ciò che farebbe qualsiasi altro essere umano”. Un modo per rispondere anche a Josh Cavallo, il calciatore australiano che un mese fa aveva detto di “aver paura al pensiero di andare a giocare il primo Mondiale in un Paese arabo, dove l’omosessualità è potenzialmente punibile con la morte”.

Nei giorni scorsi, l’associazione britannica Kick It Out aveva accusato BeIn Sport, la tv qatariota, di alimentare l’omofobia per aver invitato i calciatori musulmani della Premier League a boicottare l’iniziativa dei lacci arcobaleno, in quanto l’omosessualità è “incompatibile” con l’Islam.

Secondo la sharia, l’omosessualità è punibile anche con la morte, ma le associazioni che si occupano di diritti umani sottolineano che non ci sono prove di condanne capitali eseguite per questo motivo. I matrimoni gay, le unioni civili e la propaganda sono in ogni caso vietate. “Sappiamo che il Mondiale è un possibile palcoscenico per proteste su questi temi, ma non siamo preoccupati”, ha concluso Al Khater.

Riccardo Annibali

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