È imperativo che i responsabili di governo e dell’esercito di Israele facciano chiarezza sul caso orribile dei due neonati uccisi l’altro giorno, con la madre e la nonna, nel bombardamento di un edificio di Gaza. Hanno fatto letteralmente il giro del mondo – e suscitato unanime esecrazione – le fotografie e i video di quel padre che mostra i certificati di nascita, quattro giorni prima, dei due bambini, i figli di cui non ha neppure un’immagine da ricordare e su cui piangere.

È un orrore nell’orrore che debba disperarsi, quel padre, guardando i vestitini che aveva comprato per loro – chissà quando, e chissà con quale trepidazione di gioia – mentre il tempo crudelmente breve della loro vita, quattro giorni, non è bastato per qualche foto che almeno avrebbe potuto tenerne viva la memoria. Se non fosse per altro, anche solo per il valore sommamente simbolico di questa orrenda tragedia, e per il planetario risuono che essa avuto, i responsabili militari di Israele non possono limitarsi alle dichiarazioni finora rilasciate, e cioè che – in buona sostanza – loro non ne sanno nulla.

Gemellini ucisi, assunzione responsabilità di Israele

La scena terrificante di quel genitore che apprende della morte dei propri figli neonati, nonché della moglie che quattro giorni prima li aveva messi al mondo, esige di non essere consegnata all’esclusiva dei video circolati in rete. Quel poveretto che, da quanto è straziato, non si regge in piedi e, portato a braccia, riesce ad aggrapparsi alla realtà controllando che il cassone su cui lo fanno sedere sia abbastanza stabile e ben posizionato per sostenerlo, è un dettaglio tanto lancinante da moltiplicare i doveri di accertamento, e di assunzione di responsabilità, da parte di chi è accusato di aver prodotto un lutto così tremendo.

Discutiamo di un dovere tanto più urgente perché l’accusa è che si sia trattato di un assassinio persino deliberato. È intollerabile che l’unico riscontro sulla vicenda orribile di quei due bambini risieda in quei freddi numeri sul certificato di anagrafe, un ufficio del cui funzionamento nonostante la distruzione di Gaza sarebbe bello potersi rallegrare in condizioni diverse: non in un caso come questo, con quella data – “10 agosto 2024” – posta a denunciare due piccole vite che non ci sono più.

Il set abitudinario è la fine della verità

La morte di quei due bambini e della loro madre è irrisarcibile, come tutte. Ma sarebbe un oltraggio supplementare se fosse seppellita sotto una coltre di indifferenza e trascuratezza, tanto più grave davanti alla scena insopportabile di quel padre attorniato da amici così avvezzi alla tragedia da apparire come comparse di un set abitudinario. Se una cosa del genere diventa abitudine, è la fine della verità. E non ci si può abituare alla fine della verità. Israele, su questo caso tragicamente esemplare, è chiamato a non abituarci a quella fine.