Persa l’occasione storica di approvare una legge contro l’omofobia e la transfobia nella scorsa legislatura a causa della scellerata decisione di contarsi su un testo che, come tutti sapevano, non aveva i numeri in aula, celebriamo ancora una volta la Giornata internazionale contro l’omofobia, la bifobia e la transfobia senza una legge che sancisca formalmente che il nostro Paese ripudia la discriminazione, l’odio e la violenza basati sull’orientamento sessuale e l’identità di genere.

Purtroppo non è dato prevedere che le cose possano migliorare nel futuro prossimo. Su questi temi, la maggioranza quando va bene è totalmente afona: la Ministra delle Pari Opportunità non risulta abbia proposte per allineare l’Italia ai Paesi con i quali normalmente ci confrontiamo e, a livello parlamentare, le pur insufficienti aperture che nella scorsa legislatura erano venute dall’allora Presidente della Commissione Giustizia del Senato – e oggi Sottosegretario alla Giustizia, Andrea Ostellari – sembrano essere state rimosse dalla memoria. Questo comporta che ancora oggi, in Italia, le persone gay, lesbiche, bisessuali e trans non hanno – e chissà per quanto tempo non avranno ancora – una legge specifica che le protegga nemmeno dalle percosse, dalle aggressioni fisiche o dalla violenza.

Ma l’omofobia non è solo la violenza da perseguire col codice penale: omofobia è anche la diffusa convinzione che le persone omosessuali siano meno degne o capaci delle persone eterosessuali. Per esempio quella che accredita come fosse un dato di realtà lo stereotipo che le persone LGBT siano “per natura” meno degne di poter fare famiglia accedendo al matrimonio come accade in tutto il mondo occidentale. Oppure che siano meno capaci di crescere dei figli, anche in assenza di un qualsiasi studio scientifico che lo dimostri. Per un’adozione, una coppia eterosessuale viene valutata con attenzione dai servizi sociali; per legge, invece, la coppia gay o lesbica (come del resto il single o la coppia che abbia deciso di non sposarsi, una decisione che alla coppia gay o lesbica è però preclusa) non può essere nemmeno considerata. Salvo che il bambino abbia una grave disabilità, è ovvio: in questo caso il bambino “adottabile e non adottato”, evidentemente considerato di seconda classe, può essere sì consegnato a una famiglia pure lei considerata dalle legge di seconda classe.

La discriminazione è odiosa in generale ma ancor peggio diventa quando si scarica sui bambini. Non solo con la mancata registrazione dei figli delle famiglie arcobaleno, che il governo persegue con tenacia, ma anche con la decisione che la destra ha preso di dare mandato al governo di bloccare il certificato di filiazione europeo, quello che consentirebbe a tutti i bambini – chiunque siano i loro genitori e comunque siano nati – di poter godere di una delle libertà costitutive dell’UE: quella di circolare liberamente, e quindi vivere, in tutti e 27 gli Stati dell’Unione.

La scusa che si accampa in modo del tutto strumentale è la gestazione per altri, la maternità surrogata (che è utilizzata nella stragrande maggioranza dei casi da coppie eterosessuali): puniamo i bambini per scoraggiare gli adulti ad averne. Lo stesso ragionamento per cui vi lasciamo affogare, se siete migranti, perché così non partirete. Non funzionerà né in un caso né nell’altro, questo è chiaro a tutti, perché non c’è legge che può fermare le grandi e irresistibili scelte della vita, né quella di immaginare il proprio futuro da un’altra parte, né quella di avere un figlio. In un Paese civile le cose non dovrebbero funzionare così. E i riformisti, lo vediamo anche dal grande lavoro di Renew Europe al Parlamento Europeo, questo lo sanno bene.