Svolta dopo 25 anni?
Giustizia tributaria, ticket Lussana-Ferri per completare la riforma e superare lo scoglio Cassazione
Il contenzioso gestito dalla giustizia tributaria è pari a circa due punti di pil. Molto rapido nei primi due gradi di giudizio, il processo tributario si ‘incaglia’ presso la Cassazione dove metà dell’intero contenzioso civile è presso la sezione tributaria
“Dobbiamo assolutamente rinnovare il rapporto fra fisco e contribuente”, afferma Carolina Lussana, neo presidente del Consiglio di presidenza della giustizia tributaria (Cpgt). Avvocata civilista, originaria di Bergamo ma da tempo romana d’azione, Lussana è stata eletta questa settimana dal Plenum del Cpgt con 13 voti su 15, numeri che non hanno precedenti nelle votazioni per il presidente dell’organo di autogoverno dei giudici tributari.
“E’ un momento molto importante per la giustizia tributaria e dovremo lavorare tutti insieme per far crescere questa giurisdizione”, ha aggiunto Lussana ringraziando i consiglieri per la fiducia.
Ad affiancarla in questa sfida da far tremare i polsi ci saranno due vice presidenti di alto profilo: Cosimo Ferri, magistrato ordinario ed ex parlamentare di Italia viva, e Raffaele Tuccillo, giudice del Tar del Lazio.
Dallo scorso anno, con la legge 130, la giustizia tributaria è infatti divenuta la quinta giurisdizione del Paese. Da sempre caratterizzata dall’impegno onorario dei suoi componenti, adesso ne vedrà la ‘professionalizzazione’ con l’assunzione tramite concorso. Differentemente dalle altre giurisdizioni, potrà fare domanda anche chi è in possesso di una laurea in Economia.
Il contenzioso gestito dalla giustizia tributaria è pari a circa due punti di Pil. Molto rapido nei primi due gradi di giudizio, il processo tributario si ‘incaglia’ presso la Cassazione dove metà dell’intero contenzioso civile è presso la sezione tributaria.
Giustizia tributaria, il travaglio della riforma
La riforma della giustizia tributaria, strettamente legata a quella del fisco, ha avuto una genesi quanto mai complessa. Il primo ad affrontare il tema fu nel 1997 Romano Prodi.
A seguire fu il turno di Silvio Berlusconi nel 2001: “La riforma partirà dal prossimo anno”. E poi nel 2004: “La riforma sarà nella finanziaria”. Nel 2010: “La riforma è urgente”. Nel 2011: “La riforma del fisco? Prima della pausa estiva. La palla passò poi a Mario Monti: “Il governo conferma nell’ambito dell’attuazione della riforma fiscale provvedimenti diretti al riequilibrio del sistema impositivo” e ad Enrico Letta: “L’Italia ha una pressione fiscale insostenibile”. Quindi a Paolo Gentiloni: “Insistiamo nella diminuzione della pressione fiscale per favorire la crescita”.
Appena insediatosi, anche il governo Conte Uno affermò la necessità di riformare la giustizia tributaria, ritenuta una priorità: “Ci stiamo già lavorando”, disse l’avvocato del popolo. Non successe però nulla e quando terminò la sua esperienza l’anno successivo, Conte chiuse con una citazione proprio sulla mancata riforma della giustizia tributaria.
Con l’insediamento del Conte Due venne nuovamente inserita nel programma la riforma della giustizia tributaria. “Dobbiamo arrivare – affermò Conte – ad una disciplina organizzata che crei una alleanza fra cittadino onesto e fisco”. Concetto ribadito nel discorso di fine anno del 2019 dove venne indicata la necessità di “eliminare un grado di giudizio” per diminuire i tempi del processo tributario: “Ci affideremo ad una legge delega per rivedere il sistema della riscossione, ridefinire il contenzioso tributario, riformare il processo tributario”.
Nel frattempo in Parlamento si accumulavano le proposte di legge di riforma: alcune prevedevano il passaggio dal Mef alla Presidenza del Consiglio dei ministri, altre sotto la Corte dei Conti, altre ancora sotto la giustizia ordinaria.
Nel 2021, con il governo Draghi, arrivò finalmente la svolta e la riforma della giustizia tributaria venne inserita negli obiettivi del Pnrr.
Il presidente del Consiglio provvide a nominare una Commissione interministeriale Mef e Giustizia, composta da professori, tecnici del Ministero, magistrati, direttori delle agenzie fiscali con l’obiettivo di compiere interventi per migliorare il processo nella fase di merito, intervenendo con misure deflattiva sull’arretrato in Cassazione dove pendevano all’epoca 50mila ricorsi con un tempo di giacenza medio di circa quattro anni.
“Se ci troviamo in questa situazione è a causa di ritardi strutturali. Se lo Stato ha lasciato accumulare milioni di cartelle deve ammettere le sue inefficienze”, erano le critiche da parte degli addetti ai lavori. Dalla diminuzione dell’arretrato si passò allora ad una riforma “strutturale”, con la professionalizzazione dei giudici.
Archiviata la Commissione ministeriale, entrarono in campo i tecnici del Mef che elaborarono un testo che venne dunque approvato lo scorso anno la settimana prima di Ferragosto, per rispettare le tempistiche del Pnrr.
Toccherà adesso a Lussana e alla sua squadra far camminare la riforma della giustizia tributaria che era attesa da un quarto di secolo.
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