Il compleanno del regista italoamericano
Gli 80 anni di Martin Scorsese, gigante del cinema: “A Little Italy si diventa preti o gangster”

Martin Scorsese ha dichiarato una volta: “A Little Italy o si diventa preti o gangster”. E lui invece ha scelto il grande schermo: la macchina da presa e la pellicola per raccontare scene della sua infanzia, la sua New York, traiettorie di anti-eroi irraggiungibili e straordinari, gente normale alle prese con vicende epocali e con i propri sensi di colpa, protagonisti di una scena o un momento storico. E diventato così uno dei registi più celebri, di successo, osannati, premiati di sempre. E il “più italiano dei registi americani” come vuole un vecchio adagio. Compie oggi 80 anni il direttore di film indimenticabili, protagonista di una carriera unica, straordinaria coronata da un unico e solo Premio Oscar a fronte di quattordici nomination in quarant’anni di carriera per dieci diversi titoli.
Scorsese era nato Scozzese il 17 novembre del 1942 a New York da genitori immigrati dalla Sicilia, da Polizza Generosa e Ciminna in provincia di Palermo. Il padre lavorava in lavanderia, la madre arrotondava cucendo vestiti. I primi anni nel quartiere del Queens, il trasferimento dopo lo sfratto a Little Italy dopo qualche anno. Resterà sempre legato alla cultura italoamericana e alle tradizioni della sua famiglia: in Italianamericans ha raccolto stralci e aneddoti sulle sue origini, l’infanzia, perfino piatti tipici, su tutte le famose polpette col sugo. Da bambino era cagionevole, soffriva di asma, passava più tempo in casa e in chiesa che in strada.
Da giovane gli anni di studio al corso di cinematografia della New York University, i primi lavori tra corsi e documentari. Scene di strada raccontava animato da un afflato politico le prime manifestazioni contro la guerra in Vietnam. Il primo lungometraggio nel 1967, Chi sta bussando alla mia porta. Scorzese si era innamorato da giovanissimo della Nouvelle Vague francese, del cinema indipendente di John Cassavetes, del neorealismo italiano, dei western. È stato un innovatore, capace di immergersi in ogni genere filmico e di rileggerlo a modo suo, ha fatto sua la lezione dei maestri ed è diventato a sua volta un maestro, ha fatto scuola con i suoi montaggi vorticosi, ai ritmi serrate, alla classe di certe scene.
Dalla fine degli anni Sessanta in poi non si è più fermato: ha realizzato centinaia di film, anche da produttore, sceneggiatore e attore. Ha consacrato alla storia del cinema attori protagonisti e sodalizi artistici come quello con Leonardo Di Caprio, Daniel Day-Lewis, Harvey Keitel, Joe Pesci, Robert de Niro, Dante Ferretti e Francesca Lo Schiavo. Caposaldo della sua filmografia è considerato da molti critici Mean Streets – Domenica in Chiesa, lunedì all’inferno, che ha aperto ai grandi capolavori che lo hanno consacrato a mostro sacro: Casinò, Taxi Driver, New York, New York, Toro Scatenato. Quest’ultimo, tratto dall’autobiografia del pugile italo americano Jake LaMotta, interamente girato in bianco e nero, e interpretato da un magistrale De Niro, lo aiutò ad affrontare e a venire fuori dalla depressione causata anche dagli insuccessi di New York New York e de L’ultimo valzer con Bob Dylan e The Band – la sua altra grande passione è sempre stata la musica. Per l’American Film Institute è il quarto film più bello di tutti i tempi. Taxi Driver, forse il suo film più iconico, sempre con De Niro protagonista, nel 1976 vinse la Palma d’Oro a Cannes.
E ancora: Re per una notte, Il colore dei soldi, L’ultima tentazione di Cristo, Quei bravi ragazzi, L’età dell’innocenza, Kundun. All’inizio degli anni duemila un nuovo stato di grazia con Gangs of New York, The Aviator, The Departed – Il bene e il male, Shutter Island, Hugo Cabret, The Wolf of Wall Street, The Irishman. E non finisce certo qui: al momento Scorzese sta completando Killers of the Flower Moon, in cantiere The Wager, entrambe con DiCaprio nel ruolo protagonista, una serie su Mike Tyson, una tratta da Gangs of New York e un’altra da Il Diavolo e la città bianca. Altri progetti su Frank Sinatra, Leonard Bernstein, un documentario su Powell e Pressburger e infine una serie sul presidente americano Theodore Roosevelt.
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