È l’incubo ricorrente dall’inizio della guerra in Ucraina. Un repentino ritorno dell’orologio della Storia ai tempi della Guerra Fredda, quando i missili sovietici e quelli statunitensi facevano temere l’avvento di un conflitto nucleare. La deterrenza e la diplomazia hanno evitato che quella sfida tra blocchi sfociasse nella distruzione dell’umanità. Ma con l’inizio della guerra in Ucraina, e con un inquietante declino del dialogo, la narrazione è cambiata. Ciò che prima era anche solo indicibile, una minaccia vista come extrema ratio anche nella comunicazione tra leader di potenze avversarie, oggi è sempre più sdoganato. Lo dimostrano le ultime parole del presidente russo Vladimir Putin, secondo il quale Rosatom, il colosso dell’atomo di Mosca, sta lavorando ad “armi avanzate in grado di mantenere l’equilibrio strategico nel mondo”. Le parole del capo del Cremlino, inviate ai lavoratori dell’industria nucleare, non sono arrivate come una minaccia diretta. Il presidente russo ha citato l’equilibrio strategico insieme alla tecnologia per la medicina nucleare così come per le ultimissime rompighiaccio per solcare i mari artici. Eppure, l’idea che Putin torni a parlare di questa tecnologica anche in senso strategico implica che quella dichiarazione vada messa a sistema anche con altre mosse e dichiarazioni effettuate dal febbraio del 2022.

Solo pochi mesi fa, il leader russo, con una scelta che ha messo in allarme l’Alleanza Atlantica, l’Unione europea e tutti gli Stati limitrofi, ha annunciato di avere concluso con Aleksandr Lukashenko un accordo per spostare le testate nucleari tattiche in Bielorussia. Una scelta che tecnicamente non stravolge le carte in tavola dal punto di vista militare: la Russia, come del resto tutte le potenze dotate di arsenali balistici, sarebbe già in grado di raggiungere il territorio ucraino con altri vettori, se volesse colpire la linea del fronte. Tuttavia, il segnale politico e propagandistico è stato chiaro: una mossa sfruttata sia per rinsaldare il fronte nazionalista interno sia per far preoccupare i vicini più intransigenti, ribadendo che l’uso dell’atomica non è pura e semplice teoria. La scelta si unisce ad altri gesti che hanno allarmato a più riprese l’opinione pubblica occidentale ma anche gli osservatori e l’intelligence: uno su tutti l’ordine di mettere in allerta l’arsenale strategico pochi giorni dopo avere scatenato l’invasione. Adesso, dopo vari di sottomarini e annunci di armi rivoluzionarie, il presidente russo è tornato a parlare di atomica. E pur parlando di un nuovo “equilibrio strategico”, non sfugge il grande tema che è dietro una frase di questo tipo: le armi nucleari esistono e, come hanno spiegato illustri analisti, il concetto di deterrenza strategica che per decenni ha frenato le ambizioni delle superpotenze oggi sembra sempre più labile. La Russia paradossalmente l’ha usato a suo vantaggio, colpendo l’Ucraina e facendo capire – in un secondo momento – che la sua dottrina di difesa prevede la possibilità di usare questi ordigni se il proprio territorio è minacciato. E altre potenze nel mondo potrebbero interpretare a loro volta in maniera peculiare il concetto di pace armata che si è imposto nel secondo Novecento. Del resto, non mancano indizi che fanno temere che la corsa al nucleare e lo sdoganamento della minaccia di un loro utilizzo siano elementi sempre più costanti nella politica internazionale.

Pochi giorni fa, il segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, ammoniva che “l’unico modo per eliminare il rischio nucleare è eliminare le armi nucleari” e chiedeva di “lavorare insieme per bandire questi dispositivi di distruzione, una volta per tutte”. Nelle stesse ore, a entrare nel dibattito è stato anche Papa Francesco, che con un messaggio su X ha avvertito: “Il possesso di armi atomiche è immorale poiché, come osservava Giovanni XXIII nella Pacem in terris, ‘non è escluso che un fatto imprevedibile metta in moto l’apparato bellico’. Sotto la minaccia di armi nucleari siamo tutti sempre perdenti!”. Gli allarmi ci sono. Ma i numeri e le decisioni dei governi in possesso di arsenali atomici non sembrano andare nella direzione auspicata dall’Onu e dal Santo Padre. La scorsa settimana, la Cnn ha pubblicato un’inchiesta secondo cui immagini satellitari ottenute dall’emittente Usa suggeriscono che le tre grandi potenze (Cina, Russia e Stati Uniti) hanno realizzato nuove strutture e tunnel nei principali siti per i testi di armi nucleari. Le immagini non forniscono prove su un prossimo utilizzo di questi impianti per provare nuove armi di distruzione di massa. Ma quanto ricavato dalle foto che ritraggono un sito cinese nello Xinjiang, uno russo nell’Oceano Artico e uno Usa nel deserto del Nevada lasciano supporre che i lavori siano stati prolungati e incisivi. Messaggi in codice tra superpotenze? Possibile. Ma intanto la situazione nel mondo è sempre più simile a quella di una vera e propria corsa al riarmo nucleare.

Tra le potenze nucleari già esistenti, preoccupa soprattutto la Corea del Nord che, dopo l’ultima visita ufficiale del leader Kim Jong-un in Russia, potrebbe avere ottenuto accesso a nuovi dati tecnologici in grado di migliorare un arsenale che da sempre è l’unica leva negoziale di Pyongyang contro il resto del mondo. Da osservare con attenzione anche quanto sta accadendo in Medio Oriente, con l’Arabia Saudita che ha già fatto capire di volere dotarsi di armi nucleari qualora anche l’Iran riuscisse a raggiungere il completamento del suo programma atomico. Tema che preoccupa anche Israele. “Se ne ottengono una, dobbiamo ottenerne una anche noi” ha detto il principe Mohammed bin Salman in un’intervista a Fox News. Mbs ha rassicurato che non vi sarebbe alcun interesse per un utilizzo di questo eventuale ordigno. Ma già che si parli di un aumento delle armi nucleari in un’area come il Medio Oriente fa riflettere sull’importanza di questa corsa al riarmo che coinvolge ormai tutto il mondo, a partire dall’Asia.