L'incontro con i registi
I fratelli D’Innocenzo presentano America Latina: “Raccontiamo l’uomo in crisi in un film contro il patriarcato”

«Essendo gemelli anche i nostri due film precedenti raccontavano storie di famiglie, di senso di appartenenza, di sangue, ma non ci eravamo mai addentrati così a fondo nel tema e abbiamo scelto la via a noi più rischiosa: la dolcezza. La dolcezza e tutte le sue estreme conseguenze», scrivono i fratelli D’Innocenzo di America Latina, il loro terzo film presentato alla Mostra del Cinema di Venezia e ora in sala dal 13 gennaio.
Li incontriamo assieme ad Elio Germano, protagonista assoluto dopo il più corale Favolacce per addentrarci dentro la vulnerabilità dell’essere umano, tra i temi portanti di questa storia. Parte proprio da questo il co-regista Fabio D’Innocenzo per mettere un punto allo scontro violento con un “hater” che lo ha visto protagonista sui social nei giorni scorsi. Il regista, offeso da chi screditava America Latina ancor prima di vederlo si scusa per aver reagito impulsivamente: «Mi sento in dovere e lo faccio con grande onestà, di tornare sul luogo del delitto, l’insulto più grande l’ho fatto a me stesso – ammette – perché quelle parole non mi appartengono e chiedo scusa a tutti. La mia vulnerabilità credo sia molto forte ma non deve mai travalicare perché come tutti non devo essere cieco di fronte alle vulnerabilità altrui», conclude. In America Latina Elio Germano è un dentista di Latina che dalla vita, almeno all’apparenza, ha tutto ciò che si potrebbe desiderare: una bella casa in stile “americano”, una moglie che ama e due figlie che lo adorano.
Ma la realtà è altro da quel che pensiamo sia e il film è un viaggio nel sotterraneo, nella cantina dove si celano paure e angosce. Dice la sua sulle paure anche Damiano D’Innocenzo: «È un film che mette tra i suoi temi tante paure con le quali facciamo i conti tutti i giorni, costantemente, da 2 anni, paure che ci son sempre state, che sono archetipiche e dentro di noi a prescindere da quello che è accaduto ma l’accadimento di questi due anni è stato un detonatore. America Latina è un film molto personale e per noi i veri film personali dialogano con tutti e speriamo di avere questa fortuna». Una nuova prova impegnativa per Elio Germano che elogia i fratelli e tutta la squadra: «È stato un viaggio come al solito molto appassionante e quando si lavora con Fabio e Damiano, ogni giorno ci si apre, si cerca, si scopre qualcosa e non si va sul set per fare la performance – dichiara il quattro volte David di Donatello. Questa è la storia di una ferita che si allarga ma la possibilità di venire feriti è secondo me l’umanità, l’invulnerabilità è l’anti-umano».
La famiglia si è persa, diceva Pasolini già 60 anni fa, e i fratelli D’Innocenzo, da famiglia quale sono, continuano ad analizzarla attraverso il cinema e i suoi molteplici generi. «Il film passa dall’essere un thriller a indagine antropologica e umana – commenta Fabio – la famiglia è al centro perché è lì che si formano i problemi che combattiamo generalmente. Credo che il senso della famiglia vada riletto in maniera moderna, il cinema può aiutarci a fare questo». Al centro dell’analisi di America Latina, tema che ricorre anche in Favolacce, c’è la crisi della figura maschile. Accanto a lui, le donne risaltano per aver fatto già un passo in avanti, sono più risolte, consapevoli «in tutti i nostri film e America latina è il sunto perfetto di questo, c’è una radiografia del maschio anche molto impietosa e lo facciamo noi in quanto vittime di questa mascolinità tossica e anche in quanto possibili carnefici» approfondisce Fabio D’Innocenzo.
Lo segue Elio Germano: «Storicamente il patriarcato, l’ossessione dell’uomo di dominare nasce da un senso di inferiorità – afferma – l’uomo è distaccato dalla natura, la donna partorisce, è la natura, l’uomo se ne discosta e si inventa tutte le sofferenze possibili per sentirsi parte del mondo come è la donna». Quasi a fine incontro sul film, l’attore poi aggiunge un tocco di desiderio politico-sociale al discorso sul maschile e il femminile: «Dagli anni 70 le cose per le donne hanno iniziato a cambiare ma quel che mi spiace oggi è vedere un certo femminismo che diventa imitazione dei peggiori modelli maschili, dell’inseguire il successo a scapito di tutto e tutti – suggerisce – vorrei che queste cose non facessero parte dell’umanità e mettessimo il bene collettivo davanti la ricchezza degli uni sugli altri». «Come accade in altre parti del mondo – si augura infine Germano – che mettano la donna al centro, che il prossimo Presidente della Repubblica possa essere una donna, mi fido sempre delle donne al comando!».
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